Le mele le vende anche la strega di Biancaneve! Fare la spesa senza avvelenarsi

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3 Marzo 2017

I fratelli si servano a vicenda e nessuno sia dispensato dal servizio della cucina, se non per malattia o per un impegno di maggiore importanza, perché così si acquista un merito più grande e si accresce la carità.
Regola di san Benedetto

Non è sempre facile decidere cosa mangiare.

Nei brevi periodi della mia vita in cui ho dovuto fare da mangiare per la mia comunità, ho scoperto quanto sia impegnativo decidere cosa cucinare, fare attenzione alle esigenze delle persone, cercare di accontentare e non deludere, fare la spesa in modo oculato, rischiare di non bruciare tutto… Quando penso che tante persone fanno questo quotidianamente, non posso che restarne ammirato.

Qualche giorno fa un’amica mi mostrava la dieta che il nutrizionista le aveva preparato e ho pensato: almeno così non si fa la fatica di dover decidere ogni volta cosa mangiare!

Non tutto ci fa bene, infatti. E soprattutto, quando abbiamo fame, difficilmente abbiamo la lucidità di scegliere in maniera oculata.

A dire il vero, credo che questa fatica antica di dare una risposta alla nostra fame sia un simbolo molto profondo di quello che avviene anche nella nostra vita affettiva.

Abbiamo fame di affetto, di relazione, di riconoscimento e non sempre è così facile decidere che cosa ci fa veramente bene.

La vita è a nostra disposizione, è un giardino nel quale siamo stati invitati a entrare, ma ci può essere sempre qualcosa che non ci aiuta a vivere. L’albero, di cui Adamo ed Eva non devono mangiare, è un richiamo all’importanza del discernimento. Ci sono evidentemente frutti che non ci aiutano a vivere. Stranamente, ciò che può avvelenare la nostra vita, spesso ha un’apparenza gradevole, può avere persino un buon sapore. Occorre allora decidere di cosa vogliamo nutrirci.

Per poter decidere cosa mangiare è necessario ascoltare il nostro corpo. Può essere utile attendere, prendere le distanze, ascoltare il nostro bisogno. Occorre digiunare.

Forse non a caso Gesù è spinto nel deserto proprio alla vigilia di una decisione importante della sua vita. Dopo aver ricevuto il battesimo, Gesù è pronto per iniziare il suo ministero. Deve però ancora decidere che tipo di Messia vuole essere. Le attese erano tante. Anche noi ci sentiamo spesso addosso gli sguardi e le aspettative degli altri, ma siamo sempre noi ad avere la responsabilità di decidere cosa farne della nostra vita.

Sappiamo bene che ci sono dei tempi della nostra vita che ci rimettono davanti alla necessità di voltare pagina o di cominciare a scrivere un capitolo nuovo della nostra storia. Il numero quaranta indica una vita piena, come i quarant’anni che Israele ha trascorso nel deserto a contatto con le sue paure, scoprendo le sue risorse.

Così anche Gesù trascorre quaranta giorni nel deserto per ascoltare il suo desiderio e decidere della sua vita. Il digiuno ci mette in contatto con il nostro vuoto. Dice che non bastiamo a noi stessi. Se non ci fosse il mondo, non potremmo fare altro che consumarci e perire. Solo digiunando ci accorgiamo che non possiamo vivere senza prenderci cura della relazione con gli altri. Sono le relazioni, dunque, che possono nutrirci o avvelenarci. Eppure non c’è alternativa, se non ci apriamo al mondo, non possiamo che morire.

La decisione ci mette sempre davanti alla possibilità di sbagliare. Rischiamo certamente di scegliere un cibo che ci avvelena o che non ci soddisfa. La tradizione spirituale ha chiamato queste illusioni tentazioni. Per questo, ogni tempo di decisione è, come anche per Gesù, inevitabilmente anche un tempo di tentazione.

Siccome non si può salvare qualcuno senza correre il rischio di morire con lui, Gesù sperimenta la realtà umana della tentazione. Per questo il racconto delle tentazioni di Gesù ripercorre lo schema delle tentazioni di Israele nel suo cammino attraverso il deserto. Le risposte di Gesù alla tentazione rimandano alle parole del Deuteronomio e richiamano gli eventi del cammino di Israele.

Quali sono dunque le dinamiche che possono insinuarsi nella nostra vita nel tempo della decisione?

Prima di tutto la tentazione di pensare solo a noi stessi. Che male c’è? Avevo fame e ho mangiato. Prova a pensare quando sei arrivato tardi a casa o nella mensa della comunità e noi hai trovato più niente. Avere la possibilità di mangiare quando abbiamo fame non ci libera dalla responsabilità di aspettare gli altri.

Gesù potrebbe benissimo trasformare le pietre in pane. Ne avrebbe il diritto. Non ci sarebbe nulla di male. Potrebbe pensare alla sua fame, eppure rinuncia al privilegio di sfamarsi. Spesso la tentazione si presenta sotto questa forma: pensa prima di tutto a te stesso!

Nelle nostre decisioni, poi, tiriamo dentro anche Dio, chiedendogli di piegarsi ai nostri giochi. Se Gesù sta decidendo di servire Dio, la tentazione vorrebbe suggerirgli invece di servirsi di Dio. Capita infatti che davanti alla decisione ci appelliamo a una visione magica di Dio. Tiriamo fuori l’idea di un Dio che deve necessariamente raccoglierci ogni volta che maldestramente decidiamo di buttarci in un precipizio.

Avere una visione magica di Dio vuol dire anche pensare che sarà Dio a decidere al posto nostro. Il Dio mago è quello che ci suggerisce la soluzione giusta attraverso segni inequivocabili. Ma questo, dice Gesù, vuol dire strumentalizzare Dio, vuol dire servirsene piuttosto che servirlo. Decidere è sempre una nostra responsabilità. È un compito che è nella nostre mani e che fa appello alla nostra personale libertà. Dio ci cammina accanto e ci sostiene, ma non ci sostituisce.

Davanti a una decisione possiamo anche essere tentati di scegliere delle scorciatoie. Le decisioni serie richiedono tempo. Israele cammina nel deserto quarant’anni per arrivare nella terra promessa.

Le scorciatoie hanno spesso il sapore del compromesso con il male. Nella nostra cultura italiana, la mentalità della raccomandazione esprime proprio la convinzione peccaminosa che l’importante sia fare del bene e portare a casa il risultato.

Talvolta la Chiesa stessa è caduta davanti a questa tentazione e ha preferito la scorciatoia del compromesso con il potere, lasciandosi stringere in un abbraccio mortale. Gesù decide di salvare il mondo passando attraverso il cammino lungo e doloroso della croce, senza accettare il compromesso con il potere.

Decidere è dunque sempre un cammino complesso, ancor più quando si tratta di decidere della propria vita. Si tratta di non accontentarsi di ogni cibo, per quanto attraente o a buon mercato. Si tratta di digiunare per riconoscere la propria fame. E solo noi possiamo scegliere che cosa nutre il vuoto che ci abita.

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Testo 

Mt 4,1-11

Leggersi dentro

  • Qual è il tuo modo di mangiare? Dice qualcosa del tuo modo di vivere?
  • Quali tentazioni emergono nella tua vita, di solito, quando ti trovi davanti a una decisione da prendere?

 

TAG: DECIDERE, DIGIUNO, DISCERNIMENTO, I DOMENICA DI QUARESIMA, MANGIARE, TENTAZIONI
CAT: Religione

Un commento

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  1. marco-baudino 7 anni fa

    La metafora del cibarsi mi aiuta a fare una riflessione sul nostro modo di produrre e preparare il cibo per soddisfare le nostre esigenze nutrizionali. E faccio l’esempio proprio della mela. Le mele della val di Non ad esempio, non per parlare male di quelle, ma per evidenziare che ormai quelli della val di Non sono schiavi del sistema che hanno messo in piedi. Frutteti ad alta produttività con abuso di chimica. Non entro nel merito, penso si debba fare un passo indietro per rivedere il modo di preparare il nostro cibo. Autismo, celiachia, aumento di malattie neuronali e degenerative… Mele velenose, latte da allevamenti intensivi di Frisone dotate che sembra essere neurotossico, pasta e cereali al glifosato, polli e pesci allevati con concentrazioni di antibiotico inaudite… Non ci resta che digiunare, per credo o per necessità… Che Dio ci perdoni. Che l’Uomo si ravveda…

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