Non sempre la storia rende giustizia

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5 Gennaio 2019

Il 17 aprile del 1848, nella notte in cui nelle case degli ebrei si celebra il “passaggio salvifico”, una squadra di operai iniziò l’abbattimento delle mura del Ghetto di Roma che separava il quartiere dei giudei dal resto della città.

Quel simbolo di segregazione, che certificava la condizione di minorità della comunità ebraica, veniva spazzato via per decisione di uno dei pontefici più disprezzati della storia della Chiesa.

La decisione era stata, infatti, assunta da Giovanni Maria Mastai Ferretti, assurto alla cattedra di Pietro due anni prima, cl nome di Pio IX.

Nella memoria storica proprio questo Papa era stata cucita addosso la nomea di antisemita, operazione a cui si erano prestati anticlericali e massoni che non gli avevano mai perdonato il voltafaccia di colui che nei primi passi del suo magistero era apparso incarnare l’ideale neoguelfo, cioè un’unità della penisola come federazione dei diversi stati ivi esistenti sotto la presidenza, appunto, del pontefice romano.

Non che il neoguelfismo piacesse a quelli che definiamo democratici e radicali, i quali coltivavano l’ideale repubblicano e sostenevano l’emarginazione della Chiesa, ma perché proprio nel “voltafaccia” potevano trovare alimento a sostegno della polemica antireligiosa.

A papa Mastai, ultimo papa re, che pure qualche colpa l’ha avuta, questi antagonisti rimproveravano danche di avere adottato o confermato provvedimenti discriminatori nei confronti della comunità ebraica.

Un’accusa di cui però, leggendo la storia di questo pontefice vissuto in anni difficili, non si trovano tracce evidenti mentre, al contrario, di tracce significative se ne trovano, in abbondanza, per dimostrare proprio il contrario visto che nei confronti degli ebrei, Pio IX manifestò un atteggiamento benevolo che non trova nelle storie dei suoi predecessori.

L’abbattimento delle mura del Ghetto, che consentiva la libera circolazione dei figli di Israele nella città di Roma, costituiva un fatto rivoluzionario che palesava la sua attenzione verso i sudditi ebrei, ma a ben guardare la storia di questo pontefice, si po’ ben dire che non costituì un atto isolato.

Basta, infatti, ricordare il provvedimento di amnistia che, il nuovo Papa, appena eletto, concesse “anche agli innocenti del Ghetto, agli ebrei che vivevano là come in una prigione e dispose, inoltre, che quelli tra loro che erano in ristrettezze avessero parte agli aiuti coi quali aveva dato un po’ di gioia ai poveri di Roma”.

A questo si deve aggiungere un provvedimento apparentemente di poco conto ma in realtà molto significativo sul piano del riconoscimento della dignità degli ebrei, quale fu la soppressione della vergognosa cerimonia con la quale si inaugurava il carnevale capitolino, una cerimonia che imponeva l’obbligo per i rappresentanti della comunità ebraica di recarsi a rendere omaggio agli amministratori della giunta capitolina.

La cerimonia era, infatti, occasione per una tradizionale e plateale umiliazione dei giudei, in quanto si autorizzava il popolino romano ad accompagnare quell’atto, di per sé ingiusto, con scherzi, schignazzi e derisioni di ogni genere che marcavano ancor di più la condizione degradante in cui gli ebrei erano costretti a vivere.

La particolare attenzione di Pio IX fu ulteriormente segnata dalla preoccupazione per le condizioni economiche delle famiglie povere della comunità ebraiche romane. Alle famiglie povere il Papa dispose, infatti, che venisse erogata ogni anno la somma di 300 scudi che coprivano, in parte, i fabbisogni dei singoli nuclei familiari.

E per finire, l’estensione alle famiglie ebraiche, che fino ad allora ne erano escluse, di un beneficio singolare, si trattava dell’elargizione della somma di 60 scudi destinati alle famiglie numerose, ove per numerose si intendeva che avessero almeno dodici figli.

L’abbattimento delle mura del Ghetto fu dunque il coronamento di un impegno per superare l’odiosa discriminazione nei confronti dei figli di Israele, un impegno che la memoria storica ha dimenticato regalando a questo sfortunato Papa un’accusa ignominiosa di antisemitismo che, ad un sereno giudizio, appare assolutamente infondata.

TAG: antisemitismo, Pio IX, questione romana
CAT: Religione, Storia

11 Commenti

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  1. enrico.palumbo 5 anni fa

    Giudizio estremamente ingenuo e scarsamente informato, che riduce l’esperienza di Pio IX ai primi due anni del suo pontificato (si parla del 1848 come di «coronamento»!) trascurando i successivi trent’anni, che furono costellati tra le altre cose anche di diverse scelte antiebraiche.
    Si possono conoscere le fonti a cui si abbevera?

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  2. pasquale-hamel 5 anni fa

    la ringrazio per gli apprezzamenti che, non se la pigli, evidenziano un atteggiamento supponenente e poco aperto al dialogo, tocca a lei suggerire ai nostri lettori quali episodi di antisemitismo si debbano addebitare a questo pontefice.

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  3. enrico.palumbo 5 anni fa

    Il dialogo deve avere almeno un terreno comune, che nella storia è l’attendibilità delle fonti e la scientificità, elementi che questo articolo non ha. La sua domanda, condita da sorpreso candore, del resto basterebbe per definire scarse le sue conoscenze in materia. Gli esempi sono numerosi e ne cito solo alcuni qua e là: nel ’49 quasi tutte le interdizioni, compreso l’obbligo di restare nel ghetto (quantunque senza mura), furono ripristinate. Non va dimenticato poi il rapimento Mortara. La pubblicazione sulla Civiltà Cattolica (che non usciva senza autorizzazione papale) di articoli fortemente antiebraici (tra cui il celebre “L’ebreo di Verona” di Bresciani), e alcuni discorsi pubblici del pontefice con contenuti antiebraici (in un’udienza in tarda età definì cani gli ebrei). Insomma, il materiale è vasto e qualsiasi testo storico scientificamente valido ne parla. Fonti: storici del calibro Giovanni Miccoli, Valerio De Cesaris, Piero Stefani, Taradel-Raggi. E storie più generali come quelle di Poliakov o di Ghiretti. Però più solerti nel citare le fonti dovrebbero essere i pubblicisti non specializzati che trattano di temi storici per passatempo. Quindi aspetto la sua lista di testi scientifici (monografie o articoli in riviste peer reviewed), in cui si dice che dal 1848 al 1878 Pio IX non avrebbe mai espresso posizioni antiebraiche. Sono proprio curioso.

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  4. pasquale-hamel 5 anni fa

    I provvedimenti del ’49, furono opera dei francesi che praticamente tenevano in ostaggio Pio IX. Sul caso Mortara, basta leggere la sentenza di assoluzione pronunciata dal tribunale a carico dell’autore del fatto, per rendersi conto dell’estraneità del papa. Le aggiungo che nel 1868, in occasione dell’epidemia di colera il papa dispose particolari aiuti per gli ebrei colpiti e che volle assegnare 11 medaglie d’argento al valor civile per i medici ebrei impegnati nelle operazioni di soccorso. Chiudo ricordandole che la contestualizzazione storica è un vincolo a cui ogni buon storico deve attenersi e proprio tenendo fermo questo principio, l’atteggiamento di Pio IX verso gli ebrei è da considerare eccezionale. Le consiglio, poi, la lettura della Storia degli ebrei di Roma di Abraham Berliner. Detto questo, rispetto le sue convinzioni e i suoi pregiudizi augurandole buone letture.

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  5. enrico.palumbo 5 anni fa

    Come immaginavo, non mi ha scritto le sue presunte letture (a parte un testo coevo, ma nel frattempo ci sono stati centovent’anni di studi, ricerche e aperture di archivi!). Ripeto: lasci la storia agli storici e si occupi di ciò che ha studiato!

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  6. micheledinhos 5 anni fa

    Più che di “ideale guelfo” credo sia maggiormente preciso “ideale neoguelfo”.

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  7. micheledinhos 5 anni fa

    Più che di “ideale guelfo” credo sia maggiormente preciso “ideale neoguelfo”.

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  8. pasquale-hamel 5 anni fa

    Grazie per il rilievo, ha ragione

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  9. alfio 5 anni fa

    Concordo con la valutazione di Enrico Palumbo. Questo post è palesemente frutto di crassa ignoranza storica: o è opera di un mentecatto ubriaco oppure del peggiore fanatismo ideologico e apologetico. Non solo non vi è alcuna menzione del contesto storico che vede in tutta Europa legislazioni più liberali e propense all’emancipazione degli ebrei, ma neppure delle condizioni finanziarie della Santa Sede, e in particolare delle vicende relative ai Rothschild, che condizionarono – per non dire obbligarono – la politica del pontefice: afferma lo storico Kertzer che, nel febbraio 1847, il barone Salomon Rothschild inviò da Vienna al nuovo papa una lunga lettera in cui appoggiava le istanze degli ebrei romani. Dato che per evitare la bancarotta il Vaticano dipendeva in larga misura dai prestiti dei Rothschild, Pio IX non poteva permettersi di ignorare la richiesta. Pochi giorni dopo, al nunzio papale a Vienna fu detto di informare il barone che il pontefice stava esaminando la questione e che, come prima iniziativa, aveva acconsentito a porre fine ai degradanti riti carnevaleschi. Poi Pio IX istituì una Commissione, guidata dal cardinale vicario di Roma, incaricata di valutare le condizioni del ghetto e raccomandare misure adeguate per migliorare la sorte dei suoi abitanti. Prima della fine dell’anno, appreso che il ghetto era affollato e insalubre, Pio IX ordinò che a un piccolo numero di famiglie fosse concesso di trasferirsi fuori di esso. In realtà, Pio IX aveva promosso solo modesti cambiamenti. Verso la fine di quell’anno, oltre ad aver fatto sospendere le prediche obbligatorie e i riti del carnevale, aveva permesso che di notte i cancelli del ghetto restassero aperti. Ma la gran parte degli ebrei rimaneva ancora confinata tra le sue mura. Egli non aveva certamente alcuna intenzione di garantire loro uguali diritti. Quindi l’azione del pontefice è stata tutt’altro che umanitaria e disinteressata. (D. Kertzer, I papi contro gli ebrei, Rizzoli, 2002)

    Non solo, ma nel post non è neppure menzionato il fatto che, dopo la caduta della Repubblica Romana, quando nel 1850 rientrò a Roma dall’esilio di Gaeta, Pio IX non era più quello di due anni prima. Scrive sempre Kertzer che, a dispetto dell’immagine che i suoi sudditi si erano fatti di lui, il pontefice non era un vero riformatore né un liberale. Era anzi sempre stato profondamente tradizionalista, fautore delle verità immutabili della Chiesa. Bisognava rimettere gli ebrei al loro posto. I diritti civili concessi dalla Repubblica di Roma furono revocati e vennero reintrodotte le vecchie restrizioni. Tutto questo era avvenuto a dispetto della minaccia dei Rothschild di rifiutare i prestiti di cui il papa aveva un disperato bisogno, se avesse rimandato nel ghetto gli ebrei di Roma.

    Ma non basta: il pontefice iniziò ad osteggiare tutti quegli Stati che avevano adottato – o avevano intenzione di adottare – una legislazione più liberale nei confronti degli ebrei. In seguito al suo ritorno a Roma, nel 1850, Pio IX si adirò nel sapere che il granduca Leopoldo II stava prendendo in considerazione la possibilità di emancipare gli ebrei. Il papa lo definì un «autentico crimine» e il suo legato a Firenze lo tacciò di «mostruosità». Il 21 febbraio 1852, Pio IX scrisse direttamente al granduca per mostrargli quanto la questione gli stesse a cuore. «Non ignora V.A. [che] lo spirito della Chiesa, manifestato con le varie disposizioni e decreti […] è stato sempre quello di tenere lontani il più possibile i Cattolici dal contatto degl’infedeli.» Perché, continuava il pontefice, il granduca non si limitava ad abrogare per intero la costituzione, invece di salvarne alcune parti? In caso contrario, ammoniva, «questo aprirebbe l’adito alla richiesta di altri diritti civili a favore degli Ebrei e degli Acattolici». Il papa si rivelò persuasivo. Il 6 maggio, la costituzione fu abrogata e l’emancipazione degli ebrei revocata.

    Conclude Kertzer che: «All’epoca del caso Mortara, nel 1858, se gli ebrei degli Stati pontifici vivevano ancora nei ghetti, senza organi di stampa e tuttora soggetti all’autorità dell’Inquisizione, i loro correligionari del Piemonte sarebbero stati in grado di garantir loro un sostegno internazionale. Rientrato a Roma, Pio IX ripristinò l’Inquisizione e ai suoi membri ordinò di far valere di nuovo le restrizioni di un tempo. Il risultato fu una eco delle gesta del suo odiato predecessore, Gregorio XVI».

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  10. pasquale-hamel 5 anni fa

    Gentile Alfio, già il suo fraseggiare dimostra il livello di equilibrio e l’educazione che la distingue.

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