È meglio se cresci in fretta! Letterina aperta a Gesù ancora bambino

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23 Dicembre 2016

Meditazione per Natale

Non vivono fino alla morte se non quei molti che restano fanciulli tutta la vita.
G. Leopardi

Caro Gesù,

non so se ti ricordi di me. Ci siamo incontrati in quella notte che sembrava non finire mai. Era inverno, ma forse il freddo era più nel mio cuore che sui rami degli alberi. Mentre mi inoltravo nel bosco, ho visto un tronco tagliato, come una vita recisa, come le relazioni spezzate, come un tentativo fallito.

Avrei desiderato tanto che nel buio di quella strada solitaria qualcuno mi chiamasse. Come ho desiderato non sentirmi solo! Come ho sperato che qualcuno fosse già passato da quella strada, che l’avesse attraversata, che avesse tracciato un solco da seguire!

Mi sono sentito fragile, senza un Dio potente da invocare.

Per uscire dai miei incubi, ti ho cercato nel palazzo dell’imperatore, sperando di trovarti alle prese con il censimento delle tue forze. Anch’io volevo essere certo di poter contare sulla tua potenza.

Ho passato la vita a fare censimenti, a contare l’affetto, a sistemare le fortezze, a studiare la forza dei nemici.

Mi sono perso nel bosco come quando non ci si decide mai a seguire una strada. È l’incubo di chi continua a vagare.

Orami le prime luci dell’alba cominciavano a lottare con le tenebre. Ho rivisto quel tronco spezzato. Il riflesso flebile del primo raggio di sole accarezzava un tenero germoglio. Anche il tronco che sembrava spezzato ha in sé la forza di ricominciare a generare la vita.

La notte non è mai senza fine per quanto lunga possa sembrare.

Caro Gesù, dobbiamo confessarti che noi in realtà speriamo che tu cresca in fretta: un bambino ci dà tanta gioia, ma richiede tanto impegno. Un bambino ti costringe ad amarlo e a non pensare più a te. Un bambino è fragile, e a noi un Dio così non piace.

In fondo tutti speriamo che Betlemme sia solo una parentesi.

Ci hai costretto a mettere i piedi nel fango e a sentire la puzza dei pastori per venire a cercarti, come se non fosse possibile amare senza sporcarsi.

Per tanto tempo ho cercato un Dio adulto, capace di dominarsi, un Dio impassibile e giusto. Ma la cosa più drammatica è che ho cercato di somigliare a questo Dio che mi ero inventato.

Perché ti sei fatto trovare inerme, di notte, in una mangiatoia dall’odore discutibile?

È questo Dio?

È questa la buona notizia che, ancora prima di iniziare a parlare, mi stai annunciando?

Non è che forse la vita sta proprio lì, nell’essere fragili, nel lasciarsi prendere in braccio, senza nascondere di aver bisogno che qualcuno mi ami?

La sai, caro Gesù, che questa fragilità è rischiosa? Allora non meravigliarti se anche i tuoi amici continuano a cercare di somigliare all’imperatore Cesare Augusto. Devi avere pazienza, perché hanno paura.

Facciamo così, caro Gesù, da adesso in poi metterò davanti a me la foto di quand’eri bambino, così non smetterò di credere che non c’è nulla di male nell’essere fragili, anzi è l’unico modo per sperimentare l’amore.

Ci vediamo a mezzanotte e aspetteremo insieme il nuovo giorno.

TAG: fragilità, Natale
CAT: Religione, Teologia

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