Non so più che cosa cerco. Perché abbiamo smesso di desiderare

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14 Ottobre 2016

C’è un gemito segreto del cuore che non è avvertito da alcuno.
Agostino, Commento al salmo 37

Un giovane desiderava conoscere Dio. Un giorno si recò da un uomo saggio che viveva in un villaggio vicino. Il giovane entrò nella casa del saggio e gli spiegò il motivo della sua visita. Il saggio gli sorrise e poi lo invitò ad andare al fiume a fare un bagno, perché faceva molto caldo. Il giovane entrò per primo nel fiume, poi il saggio lo raggiunse, gli prese la testa e lo spinse sott’acqua. Il giovane cominciò a dimenarsi e allora il saggio lasciò la presa. Poi chiese al giovane: «cosa hai desiderato di più mentre eri sott’acqua?». «L’aria» rispose il giovane. E il saggio gli disse: «solo quando desidererai conoscere Dio come hai desiderato l’aria mentre eri sott’acqua, allora potrai trovarlo».

La nostra vita è un lungo istante nel quale sentiamo la mancanza di qualcosa d’importante. Costantemente sentiamo che ci manca qualcosa, lo desideriamo. A volte non abbiamo le idee chiare, non sappiamo esattamente cosa stiamo cercando, eppure quel desiderio ci spinge.

A volte quell’istante è terribile perché ci sembra di morire, ci sembra che ci manchi proprio ciò che è essenziale per vivere. Alcuni si stancano di lottare e muoiono, muoiono dentro anche se sono ancora vivi. Altri si dimenano, lottano, sprecano energie. Altri ancora invece continuano a desiderare l’aria, vogliono ancora respirare, sperano ancora di poter trovare ciò che li fa vivere.

Come la vedova del Vangelo, sperimentiamo anche noi questa mancanza fondamentale. La vedova ha perso il suo sostegno, il suo punto d’appoggio. Ha perso concretamente colui che le dava vita, che la sosteneva. Certamente, in questa immagine di donna rimasta vedova, Luca rilegge l’esperienza della comunità rimasta vedova dello sposo, è la comunità che non trova più Cristo. È il tempo dell’oscurità e dello smarrimento. Ma è anche il tempo della lotta.

In questo conflitto tra la vedova e il giudice, Luca ridisegna la lotta tra l’uomo e Dio: nel buio e nella confusione, Dio diventa spesso il giudice inquietante che non ci ascolta. È la lotta di Giacobbe con l’angelo dove non si capisce mai esattamente chi vince e chi perde. L’unico modo per resistere in questa lotta è continuare a desiderare.

Nel commento al salmo 37, Agostino diceva: «se continuo è il tuo desiderio, continua è la tua preghiera». Pregare senza stancarsi vuol dire perciò non smettere di desiderare, anche quando la vita ci fa sentire abbandonati e inascoltati.

Senza stancarsi…: più esattamente senza incattivirsi. Incattivirsi, infatti, è il rischio non solo della vedova del Vangelo, ma di ognuno di noi: quando non ci sentiamo ascoltati, dagli altri o da Dio, ci sentiamo frustrati. E la frustrazione si trasforma spesso in rabbia e violenza.

Come il desiderio infatti, anche la preghiera è tempo sprecato, tempo gratuito, tempo offerto affinché qualcuno liberamente lo riempia. La preghiera è lo spazio in cui il desiderio domina il tempo. Pregare vuol dire fermarsi senza lasciarsi dominare dal tempo. È questo il senso della preghiera monastica scandita dalle ore del giorno: non è il tempo che mi travolge, ma è la preghiera che mette ordine nel tempo. Nella preghiera, Cristo restituisce ordine al tempo. Nella preghiera riaffermo il primato di Dio sul tempo.

Al contrario, un’attesa senza preghiera, svuotata dal desiderio, non può che incattivirci! Perché smettiamo di desiderare? Forse proprio perché crediamo che non ci sia più tempo per desiderare o perché siamo convinti che non sia più il tempo di desiderare. Quando il tempo domina la nostra vita, come Kronos che mangia in nostri desideri come mangiava i suoi figli, allora la nostra vita diventa vuota e insostenibile.

Smettiamo di desiderare perché la paura ci sorprende. Il desiderio è aporetico, è aperto all’irrazionale, non è controllabile nel suo esito. Il desiderio ci spinge, ma non ci rassicura sul punto d’approdo. Ma la relazione con Dio è fatta di desiderio: chi pretende di tenere tutto sotto controllo, non lascerà mai che Dio entri nella sua vita, non lo desidererà mai fino in fondo, non si tufferà mai sott’acqua!

Non sappiamo quando, ma prima o poi il giudice farà giustizia, Dio tornerà: Per un po’ di tempo egli non volle… l’espressione greca (epi chronon) dice proprio questa incertezza del desiderio, non smettere di desiderare, perché Dio farà giustizia nella tua vita! Anche quando siamo convinti che Dio sia un giudice ingiusto, l’unica cosa che possiamo fare è non smettere di desiderare.

Il timore di quella comunità che si è sentita abbandonata come una vedova, diventa alla fine lo stesso timore di Cristo: anche lui teme di non trovare più la sua sposa. Come lo sposo del Cantico dei Cantici, Cristo tornerà a bussare alla nostra porta, attraverserà la notte e la tempesta, vorrebbe trasformare la notta del dolore e del dubbio nella notte dell’incontro e della consolazione, ma quando busserà alla nostra porta, avremo ancora la prontezza di aprire o, come la sposa del Cantico, gli chiederemo di passare la prossima volta? Avremo mantenuto ancora vivo il desiderio di questo incontro o vi avremo già rinunciato?

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Testo

Lc 18,1-8

Leggersi dentro

  • Se qualcuno oggi mi chiedesse cosa desidero profondamente, saprei cosa rispondere?
  • Come vivo i tempi di attesa e di delusione quando mi sento abbandonato?

TAG:
CAT: Religione, Teologia

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