Salute mentale

Ma quale Gen Z? Il disagio “da social” nello studio di Morace e Gobbi

11 Settembre 2025

Il libro Ma quale Gen Z scritto dai sociologi Francesco Morace e Linda Gobbi rileva il ruolo chiave dei social nella preoccupante crescita del disagio tra gli adolescenti. I figli della generazione social sono infatti i più colpiti dall’ansia di massa che caratterizza l’attuale contesto sociale.

I due sociologi di lungo corso, fondatori dell’osservatorio Future Concept Lab, approfondiscono la questione nel loro libro, pubblicato da Egea editore. Lo studio propone una interessante ricerca statistica che partendo da un campione di oltre quattromila adolescenti mette sotto lente la Generazione Z.

Del ruolo dell’iper-connessione e del rapporto con internet aveva parlato in una intervista a Gli Stati Generali anche lo psicoterapeuta e presidente della Fondazione Minotauro, Matteo Lancini, il quale si era espresso senza mezzi termini con un richiamo alla “pornografizzazione della società che vede figli, genitori, educatori e politici vivere sul cellulare”.

Da qui la sua proposta, altrettanto estrema, di chiedere agli adulti di chiudere tutti i gruppi di whatsapp, non consentire l’uso dei cellulari fino a dodici anni e vietare i social da zero a ottanta anni.

La ricerca di Morace e Gobbi esplora numerose aree sensibili che aprono un varco importante nella conoscenza dei sistemi valoriali, le attitudini e i modelli di comunicazione che caratterizzano le quattro differenti fasce di età che vanno dal cluster dei 13-15 anni a quello dei 25-29 anni.

Il binomio disturbi d’ansia-utilizzo dei social è soltanto uno dei risultati del lavoro di studio dei due sociologi che, pur affermando di non poter parlare di “ansia digitale”, riconoscono una correlazione chiara tra i due fattori, capace di aprire scenari controversi.

Secondo le rilevazioni dell’indagine la popolazione maggiormente esposta è quella più giovane degli ExpoTeens (13-15 anni) che si nutrono dello sguardo giudicante degli altri.

I fondatori di Future Concept Lab parlano di un parossismo che se da una parte etichetta i giovani come individui poco avvezzi al sacrificio, dall’altra vede una realtà composta da adolescenti che si trovano avvinghiati nell’obbligo sociale di espletare troppe attività con elevate aspettative provenienti dall’esterno.

Ad aggravare la condizione ci sono gli stimoli e il sensazionalismo prodotti dai social e dall’industria che muove le nuove forme di comunicazione, ciò a scapito di un sano e pacato assetto percettivo degli adolescenti.

Il risultato di questa condizione di base è un pendolo emotivo che porta la vita dei più giovani a oscillare tra l’iperattività e l’ansia generalizzata.

Il crollo degli adolescenti non è legato esclusivamente alle aspettative scolastiche, presenti nel 51,2% dei casi. Soprattutto dopo il Covid la paura dei giovani è diventata quella di ammalarsi (50,7%).

La fascia ExperTeens (16-19 anni) vede tra le cause principali del disagio anche situazioni familiari difficili (63,1%), la paura della solitudine o di rimanere senza amici (54,5%) e quella legata alle attese per il proprio aspetto (52,3%). Più in generale alla base della crescita dei disturbi di ansia domina un crollo dell’autostima che conduce spesso all’autoreclusione e a casi estremi di suicidio.

Parecchie cause da esplorare rispetto a un fenomeno che riguarda più del 50% della popolazione adolescenziale e giovanile. Livelli di disagio così marcati non hanno precedenti in nessuna altra epoca e impongono un intervento sociale deciso.

Le strategie di riposta secondo i sociologi Morace e Gobbi passano da interventi mirati a decongestionare il presente e definire stili di vita più equilibrati nei quali attesa e pazienza possano trovare spazio per contrastare la frenesia urbana. L’azione di contrasto a una solitudine imperante di cui parla anche lo psicologo Matteo Lancini affermando che “oggi più di prima per i giovani è terribile sentirsi soli in mezzo agli altri”.

 

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