Medio Oriente

Crescere in Israele (e anche a Milano)

Torna nelle sale il film Innocence del 2022, ritratto del volto oscuro della società militarizzata di Israele e dei suoi effetti sulla sua infanzia

28 Settembre 2025

In questi giorni Bloom distribuzione ha ripreso a proporre nelle sale un film del 2022, presentato anche al Festival di Venezia di quell’anno: Innocence del regista Guy Davidi.

Venerdi 26 settembre c’è stata la proiezione presso la Cineteca Milano con la preziosa presenza del regista intervistato dalla brava Anna Maria Selini (in questi giorni sta uscendo a puntate sul sito di Altreconomia il suo podcast Bambini senza pace dedicato al racconto dell’infanzia palestinese e israeliana)

Guy Davidi è israeliano, vive da anni in Danimarca, ma da profondo conoscitore di Israele, è un narratore critico del mondo delle sue origini.

E il ritorno del suo film nelle sale rappresenta uno spiazzante e clamoroso controcanto di grande importanza alle immagini terribili che ci giungono da Gaza ogni giorno.

Nel film non compare mai un palestinese, ma il suo racconto alza il velo sulle altre vittime di questa guerra che dura da quasi 80 anni ormai: i ragazzi israeliani.

Attraverso frammenti di video casalinghi ed estratti dai diari privati, l’infanzia israeliana che cresce nel culto di una società militarizzata viene messa a contrasto con l’esperienza dell’esercito, alienante e psicologicamente devastante. Le storie di tanti ragazzi si incrociano nella loro fase iniziale, destinate a rimanere tragicamente corte perché appartenenti a giovani soldati che hanno scelto di togliersi la vita dopo aver servito nell’esercito, che nel paese è uno sbocco obbligatorio e fa intensamente parte della costruzione dell’identità di ciascun individuo.

Secondo i dati diffusi dall’esercito e rilanciati dalla stampa locale, dall’inizio del 2025, sono già 20 i militari israeliani che si sono tolti la vita. E anche prima del 7 ottobre, nel 2022, su 40 militari deceduti, 14 si erano suicidati.

In una delle storie raccontate, il protagonista con grande semplicità riesce a rappresentare la contraddizione della situazione: “Sapete, mamma e papà, qui nell’esercito ti accorgi di avere due possibilità: essere un bravo soldato, o una brava persona”. 

Innocence mostra anche quanto questo livello di costrizione dei cittadini, per essere accettato senza un numero eccessivo di anomalie e ribellioni, necessiti di una propaganda subdola, insistente, ininterrotta: ecco dunque che i bambini israeliani fin dalle elementari sono avvicinati all’esercito, arma che deve essere amata, perché rappresenta l’unica ancora di salvezza e di sopravvivenza per lo Stato. Questa propaganda incessante, che secondo Davidi scava un solco nelle menti dei cittadini israeliani, viene contrastata nel corso del documentario da un’immersione diaristica nell’intimità di chi ha opposto un fiero rifiuto politico all’ideologia dominante, o semplicemente non è riuscito a reggere l’urto con una macchina di morte così invasiva.

Una propaganda perseguita con tale determinazione da arrivare persino fino a Milano in questi giorni. Sul sito della Scuola ebraica è stata pubblicata la cronaca della visita di un soldato dell’esercito israeliano in licenza per dar conto del suo impegno per la sopravvivenza del suo paese, pronto a tornare a Gaza per “terminare il lavoro” (secondo le stesse parole di Netanyahu all’ONU). La notizia appena ha fatto il giro del web, suscitando sdegno e indignazione, è stata poi rimossa.

In occasione della presentazione al festival di Venezia Guy Davidi aveva spiegato: «Non c’è niente che mi tocchi di più della sensibilità di un bambino quando scopre il mondo, e non c’è niente che mi ferisca di più che vederla annientata. Israele non è un luogo in cui si valorizza l’innocenza. La sua identità militarizzata richiede l’abbattimento e la distorsione delle dolci linee di confine dell’infanzia. Questa dedizione alla violenza miete numerose vittime, ma c’è anche una tragedia nascosta: il crollo della genitorialità. Ogni guerra si basa sul tradimento dei genitori nei confronti dei figli. Ma in una società militarizzata, anche i genitori più liberi sono destinati a non riuscire a proteggere lo spirito dei propri figli. Continuo a credere che se mettiamo al primo posto l’amore per i nostri figli, esso potrà sopraffare i più forti poteri politici ed economici».

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