Partiti e politici
La politica non conta quasi più: Milano ne è il classico esempio
La mano politica conta sempre meno, nonostante qualche timida speranza, alimentata dal cambiamento di governo o di giunta locale. Perché dunque sprecare tempo a informarsi di politica e ad andare a votare? La spirale della disillusione politica e della sfiducia avanza inesorabile
Milano è l’avanguardia del cambiamento, è la metropoli più vicina all’Europa, è l’anticipazione più affilata del mondo che verrà. Quante volte abbiano sentito pronunciare queste frasi negli ultimi quindici anni, con malcelata ironia o credendoci davvero…!
In questi giorni, ovviamente, è prevalsa la prima forma retorica: Milano è talmente avanti che lascia indietro tutti quelli che arrancano, che non possiedono case, che hanno stipendi e salari da fame, che si arrangiano con lavoretti malpagati e saranno costretti a breve ad andarsene dalla città. Però restano.
E molti, quasi tutti, invocano un cambio di marcia della politica milanese, con una maggior attenzione alle fasce deboli della popolazione, con interventi mirati alla edilizia popolare e all’incremento delle remunerazioni pubbliche e, se possibile, anche private. Ma quale Comune dispone delle risorse necessarie per l’edilizia popolare, o per aumentare gli stipendi?
Come suggeriscono numerosi economisti ed esperti di sociologia urbana, le armi in mano alla politica per cambiare il corso della storia metropolitana paiono sempre più ristrette, davanti allo strapotere economico-finanziario. A Milano, come nelle altre metropoli internazionali e, soprattutto, nella maggior parte delle democrazie dei paesi occidentali.
La percezione sempre più diffusa anche nella popolazione e nell’elettorato è che il mondo stia funzionando autonomamente senza la mano politica o, meglio, che le redini del mondo siano tenute da forze economiche ed istituzioni “superiori” allo stesso mondo politico, che ne è diventato solamente un orpello inutile, di mera rappresentanza, con scarsi e limitati poteri. L’idea dominante è che gli schieramenti attualmente contrapposti non siano più le diverse Weltanschauung ideologiche dei diversi governanti.
A Milano, il tipo di sviluppo edilizio e urbanistico degli ultimi 30 anni è quello che aveva avviato la giunta Albertini, con poche differenze rilevanti. A livello nazionale, le politiche intraprese da governi di centro-destra o di centro-sinistra appaiono sempre più simili: cosa c’è stato di radicalmente differente negli esecutivi berlusconiani rispetto a quelli prodiani? La gestione dei problemi legati al mondo del lavoro passando da Monti a Renzi, da Draghi a Meloni è stato davvero diverso, al di là di questioni marginali? Il tema della casa, come quello dei salari o delle tasse o della sanità pubblica, sono stati affrontati – non dico risolti – con iniziative davvero diverse?
La contrapposizione più rilevante in questi ultimi 30 anni è apparsa quella tra magistratura da una parte e mondo economico ed imprenditoriale dall’altra (veicolate se si vuole dalla gestione politica), con battaglie etiche che riguardano il senso del capitalismo, che nel suo incessante cammino fa incrementare le disuguaglianze nella popolazione.
La mano politica sembra contare sempre meno, nonostante qualche timida speranza iniziale, alimentata dal cambiamento di governo o di giunta locale. Sicché il coinvolgimento elettorale, perfino la partecipazione civica di base dei cittadini, è da tempo in costante contrazione, sia a livello delle consultazioni politiche nazionali (siamo intorno al 40% di diserzione dalle urne) sia ancor di più in quelle amministrative, dove ormai la metà della popolazione resta a casa, assistendo da lontano a campagne elettorali sempre più vuote di contenuti.
Perché dunque sprecare il proprio tempo a informarsi di politica e ad andare a votare? E nel prossimo futuro possiamo aspettarci un radicamento se non addirittura un rafforzamento della tendenza a disertare le urne, una sorta di spirale della disillusione politica, accompagnata da una spirale di sfiducia verso le istituzioni politiche e di rappresentanza.
A meno che, come ultima ancora di salvataggio, nascano proposte che riescano a rendere appassionanti e degne di essere vissute nuove scelte alternative. Per contrastare la crescita del disimpegno personale e dell’astensionismo, è importante che le forze politiche siano capaci di cogliere, assecondare e gestire iniziative in grado di recuperare e valorizzare le disponibilità alla partecipazione civica che qua e là si manifesta in diverse forme, nel nostro come nel resto dei paesi occidentali.
Una flebile speranza.
Università degli Studi di Milano
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