Geopolitica

L’anima del Regno: Starmer, Farage e la memoria tradita

29 Settembre 2025

La conferenza annuale del Labour a Liverpool si è trasformata in un campo di battaglia politico e morale. Keir Starmer, con toni insoliti per la sua consueta misura, ha lanciato un attacco frontale contro Nigel Farage e il Reform UK, accusandoli di voler demolire le fondamenta della società britannica con proposte “razziste e immorali”. Al centro dello scontro vi è la proposta shock del leader brexiter: deportare centinaia di migliaia di immigrati, inclusi coloro che hanno il pieno diritto legale di vivere e lavorare nel Regno Unito. Un piano che, se mai realizzato, segnerebbe una frattura irreversibile con la storia e l’identità di una nazione che si è sempre nutrita di pluralismo.

Starmer non ha usato mezze misure: “Distruggerebbero le basi della nostra società diversa e tollerante. Verrebbero espulsi i nostri vicini, i cittadini della nostra comunità, che lavorano nei nostri ospedali, nelle nostre scuole. Questo non è patriottismo. Questi non sono patrioti”. Parole pesanti, accompagnate da un invito a considerare l’impatto geopolitico di un ipotetico governo Farage, pronto a “ingraziarsi Putin” e a mettere in discussione la coalizione di sostegno all’Ucraina. “Questa è la battaglia della nostra vita”, ha concluso, indicando nello scontro con Reform UK qualcosa di ben più profondo di un normale confronto elettorale: una lotta per l’anima della democrazia britannica.

Il leader laburista sa che non può limitarsi a denunciare il populismo di destra. Ha bisogno di mostrare fermezza morale, ma anche pragmatismo politico. Non a caso ha evitato di bollare come “razzisti” tutti coloro che pensano di votare Farage: “Comprendo le preoccupazioni della gente”. Una frase che rivela la consapevolezza della posta in gioco: intercettare l’elettorato esitante, senza respingerlo, costruendo un ponte tra ansie sociali e visione progressista.

Per il Labour, il rischio è concreto. Le comunità operaie e le aree periferiche, da sempre terreno fertile per Farage, vivono ancora il senso di abbandono post-Brexit e la crisi dei servizi pubblici. In queste zone, il linguaggio duro di Reform UK trova ascolto. Starmer deve quindi bilanciare due obiettivi: rafforzare il proprio partito e offrire una risposta credibile a chi si sente tradito dalle élite.

La proposta di deportare immigrati regolari non è soltanto inattuabile sul piano legale: è anche una ferita simbolica. Equivarrebbe a dire a medici, infermieri, insegnanti e lavoratori essenziali che, nonostante anni di servizio al Paese, non appartengono davvero alla comunità nazionale. È una narrazione che svilisce la realtà britannica: una società resa più forte proprio dalla diversità dei suoi cittadini.

È qui che la riflessione storica diventa inevitabile. A chi, come Farage, vorrebbe espellere anche immigrati perfettamente integrati, si potrebbe consigliare di visitare i cimiteri militari disseminati in tutta Europa e oltre. Su quelle lapidi si leggono nomi provenienti da ogni angolo dell’ex Impero Britannico: canadesi, indiani, australiani, caraibici, africani. Migliaia di giovani che hanno combattuto e sono morti nelle due guerre mondiali per la libertà e contro regimi fondati su ideologie di esclusione e discriminazione. Pensare oggi di ripagare i loro discendenti con il disprezzo e la deportazione è non solo una colpa politica, ma una profonda offesa alla memoria storica.

Starmer ha colto un punto fondamentale: la retorica di Farage non ha nulla di patriottico. È piuttosto un esercizio di “cattivismo”, un termine che ben descrive la politica della crudeltà fine a se stessa. Il patriottismo autentico non si misura nell’espellere chi contribuisce alla comunità, ma nel costruire una società giusta, capace di accogliere e valorizzare chi ne fa parte. Il cattivismo, al contrario, punta a punire, stigmatizzare, creare divisioni per ottenere consenso a breve termine.

Questa non è una novità isolata: si inserisce in un contesto globale di populismi che predicano durezza contro i più vulnerabili, erodendo principi democratici e diritti fondamentali. Le parole di Starmer, quindi, parlano non solo al Regno Unito, ma a un’Europa intera che si confronta con derive simili.

L’appello del leader laburista non riguarda solo la società interna. L’eventualità che un governo Farage allenti il sostegno all’Ucraina non è un’ipotesi remota, ma un rischio concreto. Un Regno Unito che si isola e si avvicina alle posizioni di Mosca comprometterebbe non solo la sicurezza europea, ma la credibilità internazionale di Londra. È un monito che parla direttamente agli elettori: il voto per Reform UK non è una scelta neutrale, ma un atto con conseguenze globali.

Il messaggio di Starmer, per quanto forte, non può restare confinato sul piano dei valori. Per contrastare davvero Farage, il Labour deve offrire risposte tangibili alle difficoltà quotidiane dei cittadini: crisi del NHS, salari stagnanti, carenze abitative. Solo mostrando che esiste un’alternativa concreta al populismo si può sottrarre terreno alle politiche dell’odio.

Il richiamo alla memoria storica, ai valori democratici e all’identità nazionale inclusiva è indispensabile. Ma senza un progetto economico e sociale robusto rischia di restare astratto. È questa la doppia sfida che attende Starmer: difendere l’anima del Paese e, al contempo, restituire fiducia nel futuro materiale delle famiglie britanniche.

Il dibattito che si apre con Liverpool non riguarda solo un programma politico: è una scelta di civiltà. Starmer, evocando “la battaglia della nostra vita”, ci ricorda che la democrazia è fragile e che l’inclusione non è mai garantita una volta per tutte. La risposta a Farage non può essere soltanto politica, ma anche morale e storica.

Per questo, la riflessione sui cimiteri militari e sui caduti dell’ex Impero non è retorica, ma un monito. Quegli uomini hanno sacrificato la vita per combattere ideologie che assomigliano, in modo inquietante, a quelle che oggi riaffiorano. Ignorare il loro lascito sarebbe un tradimento.

Il vero patriottismo non è cacciare chi rispetta le leggi e contribuisce alla comunità. È onorare il passato, difendere il presente e costruire un futuro che non ripeta gli errori più bui della storia. In questo senso, la battaglia evocata da Starmer non appartiene solo alla politica britannica: è un capitolo universale nella difesa della democrazia e della dignità umana.

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