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MAGA comincia a sfuggire di mano a Trump: il dissenso dei parlamentari Massie e Greene
Il voto quasi unanime (427-1) alla Camera del rilascio dei file sul caso Epstein ha rivelato che il potere di Donald Trump sul Partito Repubblicano è iniziato a scricchiolare. (Foto: Thomas Massie, repubblicano del Kentucky, promotore del rilascio dei file)
“Donald Trump vi può proteggere nei distretti conservatori adesso…. ma nel 2030 non sarà presidente e voi avrete votato per la protezione dei pedofili”. Queste le parole del parlamentare repubblicano con tendenze libertarie Thomas Massie del Kentucky mentre esortava i suoi colleghi a votare per il rilascio dei file di Epstein. Il voto quasi unanime (427-1) è eventualmente avvenuto, esito rarissimo in questi tempi. È un indizio che i repubblicani hanno già iniziato a capire che possono esercitare una certa indipendenza poiché Trump dà chiari segnali di essere già anatra zoppa.
Il voto sui file di Epstein è emerso dalla “discharge petition”, una mossa alla Camera che richiede una semplice maggioranza di firme dei parlamentari per costringere lo speaker alla sottomissione di un voto. Tutti i parlamentari democratici l’avevano firmata ma sono stati quattro repubblicani a forzare la mano dello speaker Mike Johnson che alla fine ha anche lui votato sì nonostante aver bloccato il voto per 36 giorni.
Massie ha criticato Johnson asserendo che “lo speaker è stato trascinato mentre dava calci e strillava….. si tratta di un riequilibrio del popolo contro il ramo esecutivo”. Massie ha ragione poiché anche nel movimento MAGA, (Make America Great Again) lo slogan di Trump, emergono crepe alla coalizione politica repubblicana.

Oltre a Massie anche Nancy Mace (Carolina del Sud), Lauren Boebert (Colorado) e Marjorie Taylor Greene (Georgia) hanno firmato la “discharge petition”. La Greene è stata la più battagliera perché al di là dell’affaire Epstein ha preso le distanze dal presidente sottolineando che i valori di MAGA sono stati traditi. Questi includono il principio fondamentale di America First, prima gli Americani. La Greene ha asserito che il presidente passa molto tempo occupandosi della politica estera che al movimento MAGA importa poco. La bellicosità di Trump in Venezuela, il supporto dell’economia in Argentina, la situazione in Ucraina e i rapporti amichevoli con i Paesi arabi non rientrano negli interessi dell’americano medio per la Greene.
La politica interna è stata messa in secondo piano, sostiene la Greene, specialmente per quanto riguarda ciò che preoccupa l’americano medio. Include il costo dell’assicurazione medica che né Trump né i repubblicani alla Camera hanno affrontato. È paradossale che queste preoccupazioni fanno anche parte dell’agenda politica dei democratici che hanno causato lo shutdown, la chiusura dei servizi non essenziali del governo per 43 giorni.
Per il suo cambiamento da super battagliera difensora di Trump a una critica diretta, il presidente l’ha “scomunicata” come fa con tutti quelli che lo abbandonano. L’attuale presidente ha apostrofato la Greene di “lunatica” e “traditrice” aggiungendo che i suoi sondaggi sono in caduta libera. La Greene ha capito che forse le primarie nel suo distretto in Georgia sarebbero difficili senza l’appoggio del presidente e ha deciso di dimettersi dalla Camera ma solo alcuni giorni dopo di divenire eleggibile per la pensione parlamentare. La Greene ha concluso però che non solo lei è stata messa da parte ma anche i sostenitori del movimento MAGA. E come spesso succede con politici attaccati da Trump anche lei è stata minacciata da alcuni sostenitori del presidente attuale.

La Greene ha anche criticato il sostegno di Trump sull’intelligenza artificiale (IA) che con ogni probabilità metterebbe in pericolo posti di lavoro per i sostenitori del movimento MAGA. In questo aspetto anche altre voci si sono fatte sentire sul pericolo di effetti negativi dell’IA. Alcuni stati sia liberal che conservatori hanno già approvato leggi che imporrebbero alcuni controlli all’IA. Il governatore della Florida Ron De Santis, la governatrice Sara Huckabee dell’Arkansas e il senatore Josh Hawley del Missouri hanno espresso la loro preoccupazione per la crescita sfrenata dell’IA che causerebbe la perdita di posti di lavoro soprattutto con l’automazione. De Santis ha anche annunciato un pacchetto di leggi per il suo stato che mitigherebbe la crescita dell’IA vedendola come potenziale causa di un calo economico. Trump invece si è dichiarato grande sostenitore dell’IA e si oppone a leggi statali che imporrebbero dei freni. Questi repubblicani che la vedono diversamente si avvicinano anche a una presa di posizione tipica dell’agenda politica dei democratici.
Le crepe nel movimento MAGA e i dissensi di individui che fino adesso sono stati grandi sostenitori di Trump vanno capiti anche in un’ottica realista della situazione politica e elettorale. Le recenti elezioni di quest’anno hanno rivelato che i repubblicani sono stati bastonati dagli elettori con presagi poco ottimisti alle elezioni di midterm dell’anno prossimo. Inoltre i sondaggi presentano un quadro tutt’altro che rassicurante per Trump. Solo il 38 percento degli americani approva il suo operato e per quanto riguarda la sua condotta dell’affaire Epstein la cifra scende al 20 percento. Persino tra gli elettori repubblicani l’approvazione di Trump su Epstein raggiunge solo il 44%. Essere legati alla politica di Trump comincia ad apparire poco sicuro anche se il presidente continua ad usare il suo potere per intimorire i ribelli. Lo abbiamo visto proprio in questi giorni dove i legislatori repubblicani dell’Indiana si erano rifiutati di ridisegnare i distretti elettorali per favorire il loro partito. Dopo le pressioni di Trump e le sue minacce hanno cambiato idea. Trump sarà ferito ma il suo bastone continua ad intimorire.
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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.
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