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Trump sfida la legalità in politica interna e estera: i casi di Comey, James e Hegseth

L’uso della giustizia di Donald Trump con frequenza rasenta e sfida la legalità non solo in politica interna con la strumentalizzazione del ministero di Giustizia ma anche in politica estera con la sua dichiarata guerra ai narcotrafficanti. (Foto: James Comey)

4 Dicembre 2025

Sono incoraggiato dalla vittoria di oggi e anche grato dalle preghiere e supporto che ho ricevuto da molte parti del Paese”. Con queste parole James Comey, ex direttore dell’Fbi, ha commentato la decisione del giudice federale Cameron McGowan Currie di archiviare il processo in cui era accusato di falsa testimonianza e intralcio ai lavori del Congresso. Il giudice ha anche archiviato il caso di Laetitia James, procuratrice dello Stato di New York, accusata di frode bancaria e falsa testimonianza. Il giudice non ha considerato il merito delle accuse ma ha raggiunto la sua decisione perché la procuratrice del distretto orientale della Virginia Lindsey Halligan era stata nominata da Donald Trump illegalmente. Erik Siebert, il procuratore che aveva preceduto la Halligan, si era rifiutato di incriminare Comey e James perché non riteneva ragionevole l’incriminazione e fu costretto a dimettersi. La scelta di Halligan, un’avvocata di Trump senza nessuna esperienza in casi criminali, si è dunque rivelata una mossa sbagliata ed illegale.

Lindsey Halligan, avvocata personale di Trump, nominata illegalmente procuratrice del distretto orientale della Virginia, ha causato l’archivio del processo di James Comey e Laetitia James.

Il ministro di Giustizia di Trump Pam Bondi ha annunciato che ricorrerà all’appello e quindi i casi non sono completamente risolti. Le mosse potenzialmente illegali di Trump non finiscono però con il caso di Comey e James, due nemici del presidente. Il primo aveva scatenato le indagini su Trump durante il suo primo mandato che condussero al Russiagate. La James da procuratrice di New York aveva condotto il processo su Trump accusato di frode bancaria e falsa testimonianza. A conclusione del processo nel mese di febbraio del 2024 Trump fu condannato a risarcire lo Stato di 450 milioni di dollari ma la Corte D’Appello ha invalidato la multa anche se ha convalidato la veridicità della frode.

Nonostante la sconfitta subita nei casi di Comey e James la politica di Trump continua a scuotere la legalità in politica estera e anche interna. In effetti il 47esimo presidente si inventa emergenze per usare la forza dichiarando guerra, usando i suoi poteri presidenziali. Lo ha fatto con le sue aggressioni alle città americane governate da democratici inveendo contro la criminalità e la difesa degli agenti dell’Ice, Immigration and Customs Enforcement, che secondo lui vengono attaccati da manifestanti. La magistratura ha in grande misura imposto freni agli evidenti abusi di Trump ma il clima di paura si è manifestato nelle comunità di migranti e anche nella mente di cittadini che si sentono preoccupati di dovere dimostrare con documenti di essere nel Paese legalmente.

Questo clima di tensione si è anche manifestato nella guerra di Trump ai narcotrafficanti come ci dimostrano gli attacchi a imbarcazioni nel Mar dei Caraibi. La soluzione di Trump è stata di distruggere queste imbarcazioni sospettate di trasportare droga anche se nessuna prova obiettiva è stata fornita. Fino ad oggi 22 imbarcazioni sono state distrutte con un totale di 83 vittime. Nel mondo di Trump se lui accusa ciò vuol dire essere condannati. Adesso però cominciano a venire a galla informazioni che la cosiddetta guerra ai narcotrafficanti presenta fratture. Il Washington Post ha recentemente pubblicato un articolo citando due fonti interne secondo cui l’attacco alla prima imbarcazione il 2 settembre non fu distrutta con il primo missile. Due sopravvissuti aggrappati ai relitti dell’imbarcazione sono poi stati uccisi con un secondo attacco, e proprio al momento di scrivere siamo informati che si trattava infatti di quattro attacchi in totale. Secondo il Washington Post Peter Hegseth, il ministro di Difesa o Guerra, come preferisce autodefinirsi, avrebbe dato l’ordine di “ucciderli tutti” ordinando il lancio di altri tre missili.

Peter Hegseth, ministro della Difesa o Guerra, come preferisce lui, ha scaricato la colpa di possibili crimini di guerra in un attacco a un’imbarcazione nel Mar dei Caraibi all’ammiraglio Frank Bradley. Secondo un articolo del Washington Post il responsabile sarebbe invece proprio Hegseth. La commissione del Senato e la Camera sulle forze armate ha iniziato un’indagine per determinare la verità.

Gli analisti militari e legali hanno rilevato che se si tratta di una guerra bisogna seguire le leggi stabilite dalla Convenzione di Ginevra, firmata anche dagli americani. Secondo il manuale di guerra americano “gli ordini di sparare su naufraghi sarebbe ovviamente illegale”. Hegseth ha dichiarato però che l’ammiraglio Frank Bradley, il comandante dell’operazione, ha agito legalmente e che ha fatto il suo lavoro molto bene. Il supporto di Hegseth a Bradley, però, è agrodolce poiché lo addita come responsabile della decisione finale. In effetti, Hegseth ci dice che lui non ha fatto nulla di male.

La questione di ordini illegali nelle forze armate era già nell’aria ed era stata il soggetto di un video pubblicato da sei legislatori veterani di forze armate o di servizi segreti, capitanati dal senatore democratico dell’Arizona Mark Kelly. Nel filmato i sei legislatori reiterano che la fedeltà dei soldati numero uno è alla costituzione e che non devono obbedire ordini che considerano illegali. Trump ha attaccato il video minacciando i partecipanti di sedizione e alto tradimento. Infatti, il senatore Kelly potrebbe essere richiamato in servizio per affrontare la corte marziale. Il monito di Kelly e degli altri cinque legislatori sugli ordini potenzialmente illegali è adesso in primo piano. Ecco perché la commissione bipartisan al Senato e alla Camera sulle forze armate ha aperto un’inchiesta per fare chiarezza se qualcuno ha commesso un crimine di guerra.

La questione dei narcotrafficanti e la distruzione di imbarcazioni nei Caraibi e la guerra di Trump alla droga trasportata negli Usa si scontra però con la grazia concessa dal presidente Usa a Juan Orlando Hernández. L’ex presidente dell’Honduras era stato condannato in America a 45 anni di carcere per avere facilitato l’importazione di centinaia di tonnellate di cocaina. Trump ha spiegato la grazia asserendo che Hernández “era stato trattato molto male”. E tutti quegli americani che avranno sofferto per i reati di Hernández?

La condotta di Trump con la legalità conferma ciò che molti cittadini vedono come un sistema di giustizia per la gente comune e un altro per i potenti. Importerà agli americani la condotta legalmente dubbia di Trump? Forse molto meno della loro situazione economica che continua a peggiorare come ci rivelano gli ultimi sondaggi sull’operato di Trump. L’indice di gradimento di Trump è sceso al 36 percento secondo il più recente sondaggio di Gallup, una cifra poco più alta del 34 percento dopo gli assalti al Campidoglio il 6 gennaio 2021.

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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.

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