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I cretini di campagna della comunicazione

di Oscar Nicodemo
26 Novembre 2020

Sono notoriamente due raffinati della comunicazione, elegantissimi, tanto nell’aspetto che nel lessico che sciorinano, senza inflessioni dialettali o difetti di pronuncia. Due galantuomini, due persone a modo, due intelligenze finissime. Proferiscono parole solitamente ricercatissime, che alzano notevolmente il livello medio della comunicazione del paese. Sono l’espressione più genuina di una finezza di spirito che esprime un talento giornalistico di rara bellezza estetica. Si aggiunga che sono eticamente irreprensibili. Mai una parola fuori posto, sopra le righe, dentro la volgarità. Semplicemente, perfetti nella loro giustezza stilistica. Ogni comunicatore, ogni giornalista, ogni critico vorrebbe avere la loro magniloquenza, la solennità d’espressione e la sublime capacità di arguire che caratterizzano i loro giudizi del tutto inconfutabili, in quanto espressi dall’alto di un sapere immenso e una condotta moralmente lineare. Sono Giuseppe Cruciani e David Parenzo, il “dadaumpa” dell’infotainment italiano, le gemelle Kessler dell’avanspettacolo giornalistico.

Uno dei due campioni, Giuseppe Cruciani, nel dialogo con l’altro, riferendosi alla morte di Diego Armando Maradona, un atleta che nella sua disciplina è stato il migliore del mondo e di tutti i tempi, ha detto: “Non si può piangere un cocainomane”. Fare della facile psicologia su una frase del genere non è nella mia intenzione, anche perché anch’io, come qualsiasi analista, arriverei alla conclusione, senza dubbio condivisibile, che la nostra coppia di virtuosi della comunicazione ha dato, anche in questa occasione, una ulteriore testimonianza della loro grandeur di ruspanti diseur, di ambiziosi cretini di campagna. Nel contesto di una reazione generale, resta tuttavia innegabile che i napoletani vedano in Cruciani un cosiddetto ” ‘nzevuso”, uno, insomma che si lava i capelli con la sugna. Un’allegoria che allude inesorabilmente al lordume esteriore e interiore del soggetto in argomento. Mentre, il suo compare di mestiere appare, sempre secondo un parametro di giudizio morale, intriso di napoletanitudine, come la faccia ‘ngialluta a spalla dello ‘nzevuso. Anche qui, la definizione è inequivocabile e vedrebbe Parenzo come una sorta di pallido (faccia ‘ngialluta) complice delle “genialate” del viscido (traduzione di ‘nzevuso) Cruciani.

Va da sé, che secondo la cultura popolare napoletana, questi due sono delle mezze tacche della comunicazione, uomini di poco valore, insomma due mezze pippe elevate al rango di critici di un genio del pallone, paragonabile alle eccellenze di altre discipline e di ordine meramente umanistico. In altri termini, Il duo Cruciani-Parenzo sarebbe, per i napoletani, e, naturalmente anche per il sottoscritto, inabile a giudicare il prodigio rappresentato da Maradona, allo stesso modo in cui sarebbe del tutto incapace di dare un giudizio sul talento di Raffaello, o Puccini. Le provocazioni sono per loro natura di una bassezza esemplare, ma quella di Cruciani e Parenzo appare di straordinaria indecenza. Non bisogna per forza risalire ai canoni dei fermenti illuministici della Napoli del ‘700 per sospettare che i due sono dei fuoriclasse della volgarità e del disgusto. Hanno davvero la stoffa per esserlo.

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