Clima
Caro Gates, sviluppo umano e protezione del clima possono procedere insieme
Serve un nuovo paradigma per ridirezionare i 7 trillion all’anno di sussidi pubblici al fossile.
In vista della Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP), in programma dal 7 novembre a Belém, nel cuore dell’Amazzonia, Bill Gates ha pubblicato sul suo blog un articolo dal titolo significativo: “Three tough truths about climate“. Il pezzo ha suscitato un ampio dibattito internazionale, con interpretazioni contrastanti: c’è chi ha espresso pieno consenso verso il messaggio e chi ha scorto in questa presa di posizione un cambio radicale di rotta rispetto all’impegno che il fondatore di Microsoft ha profuso negli ultimi anni nella lotta al cambiamento climatico.
L’articolo di Gates presenta indubbiamente argomentazioni condivisibili: riconosce la gravità del cambiamento climatico e la necessità di affrontarlo; sottolinea l’importanza di sostenere le innovazioni che ci condurranno verso un’economia decarbonizzata; sostiene, infine, che occorra porre il benessere umano al centro delle strategie climatiche.
Ciò che merita un approfondimento critico è la soluzione ultima proposta da Gates e l’approccio metodologico che la sostiene. Secondo il magnate americano, per ridurre e limitare i danni della crisi climatica, specialmente nei Paesi più vulnerabili — che sono anche i più poveri — la risposta ha un nome soltanto: la crescita economica.
La ‘nuova’ visione di Gates suscita riflessioni su tre fronti. Il primo riguarda la natura stessa della soluzione, che presenta una visione marcatamente di matrice statunitense. Come ricorda spesso l’analista geopolitico Dario Fabbri, è un errore pensare che tutti i popoli del mondo vogliano abbracciarla. Gli USA rappresentano il 4,2% della popolazione mondiale, proprio quella che ormai da decenni mostra evidenti segni di peggioramento della condizione umana complessiva, ad esempio in termini di aumento delle diseguaglianze, peggioramento della salute fisica e mentale, aumento della violenza. Non può essere solida un’idea di futuro, di sviluppo e di risoluzione della crisi di sostenibilità che non integri una pluralità di voci e di punti di vista, soprattutto quelle di chi nei prossimi anni dovrà capire come affrontare la crisi climatica. Se c’è un luogo deputato a individuare questa visione è da anni proprio la COP.
Il secondo punto è ancora più sostanziale: difficilmente un problema può essere risolto con lo stesso modello che l’ha generato. L’attuale crisi di sostenibilità è figlia di un modello economico estrattivo. È vero che la crescita economica si è dimostrata il principale driver di miglioramento della condizione umana, ma esiste un punto oltre al quale, rimanendo nel modello attuale, la correlazione si inverte e, a tendere la sola crescita economica rischia di erodere il wellbeing. Il concetto di crescita è legittimo, ma lo si può proporre come panacea senza prima aver trasformato radicalmente il modo di pensare e di agire attuale. Se vogliamo che l’economia risolva i problemi di oggi e di domani — e ha il potenziale per farlo — è indispensabile orientarla un paradigma rigenerativo: un approccio in cui le organizzazioni generino più valore (economico, sociale e ambientale) di quanto ne estraggano per funzionare. Un modello che non oppone competitività e sostenibilità, ma le integra, e per generare valore condiviso tra comunità, lavoratori, pianeta e azionisti.
Terza riflessione: attualmente, come riporta il Fondo Monetario Internazionale, la produzione e l’uso di carbone, petrolio e gas beneficiano di oltre $ 7 Trillion all’anno (circa il 6% del PIL globale) come sussidi per il fossile. Questa cifra esorbitante rende l’industria competitiva rispetto ad alternative pulite e rinnovabili. Di fatto i governi prolungano la vita di un modello energetico inquinante e rischioso dal punto di vista geopolitico. Un’azione ad altissimo ritorno sociale e ambientale, oltre che economico visto che la decarbonizzazione è profittevole, sarebbe quella di ridirezionare questi immensi sussidi in favore della transizione, oltre che verso programmi educativi, sanitari di sviluppo secondo un paradigma rigenerativo. A quel punto anche la ‘preoccupazione’ di Gates — ovvero che le risorse in favore della mitigazione delle emissioni siano scarse e in competizione quelle per combattere povertà e malattie — sarebbe risolta.
Buona COP!
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