“Fermi ma non inerti”: viaggio nella Scuola della Resistenza di Ustica

8 Aprile 2024

Agosto 2023. L’aliscafo che parte da Palermo raggiunge Ustica in novanta minuti spaccati. “Ma in inverno è un’altra cosa, le navi a volte non riescono ad arrivare e possiamo rimanere isolati per giorni” racconta un usticese rendendo appena un po’ più immaginabile il viaggio di Antonio Gramsci. Alla cognata Tatiana Schucht, dalle Lettere dal carcere: “Il pezzo più difficile è stata la traversata da Palermo a Ustica. Abbiamo tentato quattro volte e tre volte siamo dovuti rientrare perché il vaporetto non resisteva alla tempesta”. Arrestato l’8 novembre 1926 a Roma, il deputato del Regno d’Italia e leader del Partito comunista venne prima tradotto nel carcere di Regina Coeli e in seguito spedito sull’isola. Il 7 dicembre 1926 sarà il quinto confinato politico ad arrivare, lo seguiranno in centinaia. Nell’isola in cui furono confinati i principali oppositori del regime fascista, il 15 marzo 2024 la maggioranza di destra del Comune ha respinto la proposta dell’opposizione di revocare la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, concessagli durante il regime.

Le foto dell’epoca mostrano Cala Santa Marta come un minuscolo porto, la spiaggia di terra e sassi da cui partiva un originale pontile costituito da un piano inclinato di legno che veniva spinto in mare attraverso due grosse ruote di carretto. Da lì transitavano i passeggeri. Poco sopra la spiaggia, una scala di pietre conduceva i nuovi arrivati fino al centro storico. Oggi due lunghe lingue di cemento accolgono da una parte i traghetti della Siremar e dall’altra gli aliscafi della Liberty Lines. Nessuno yacht (“il fondale qua è troppo basso” spiega il proprietario di un residence situato sopra la Cala), poche le barche a vela, qua e là qualche imbarcazione di pescatori e quattro file ordinate di motoscafi e gommoni a completare la scena (molti sono destinati alle attività di immersione che ormai da tempo attraggono sull’isola appassionati da tutto il mondo).

Salendo dal porto s’imbocca Via della Marina, una strada a senso unico che dopo tre tornanti porta dritti in centro. Da lì si apre una finestra sulla storia della Resistenza e dell’antifascismo. Su via Borgo San Francesco, che introduce alla centralissima Piazza Umberto, la facciata di una piccola casa dipinta di rosa riporta una targa su pietra e la scritta: “Confinati dalla tirannide fascista vissero in questa casa Antonio Gramsci e Amadeo Bordiga operando per il bene e il progresso dell’umana convivenza. Nel cinquantesimo anniversario della morte di Antonio Gramsci, l’amministrazione comunale, Ustica 1987”.
Sull’isola incontriamo un anziano signore dagli occhi vivaci e dallo sguardo veloce, a cui non mancano né la curiosità, né l’ostinazione e nemmeno il metodo degli storici migliori. Si chiama Vito Ailara, socio fondatore e presidente onorario del Centro studi nato nel 1997 per preservare e valorizzare la storia dell’isola e il suo patrimonio culturale e naturalistico. In questi anni, il Centro ha raccolto una documentazione eccezionale sul periodo del confino politico e in particolare sullo straordinario biennio 1926-27. L’intervista con Ailara è un concentrato di ricordi, storie, aneddoti e sorprendenti rivelazioni.

Perché sono così importanti gli anni del confino politico a Ustica?    
Perché senza rendersene conto, il Fascismo al potere ha organizzato e finanziato qui sull’isola la più grande convention dell’opposizione politica al regime. Il tentativo di espulsione nei confronti di intellettuali e militanti ostili finì col diventare un’incredibile occasione di incontro, discussione e confronto fra politici, dissidenti, pensatori di ogni ideologia ed estrazione sociale. Fu un momento unico. Qui sono stati lanciati i primi semi della Resistenza.

Piero Calamandrei paragonò l’inizio della Resistenza nel settembre del 43 allo sbocciare della Primavera (“Fu un miracolo da paragonarsi ai miracoli della natura che fanno spuntare i fiori e le gemme in un giorno dato”), si riconosce in questa immagine?
È una bella immagine poetica che coglie certamente un pezzo di verità, ma la primavera italiana destinata a durare venti mesi (settembre 43-aprile 45) non fu un miracolo, è stata preparata in un lungo inverno che è durato vent’anni. La lotta di Liberazione è maturata nell’esilio, nelle carceri e nei luoghi di confino. In questo senso i mesi dal dicembre 1926 all’ottobre 1927 a Ustica hanno avuto un’importanza decisiva, hanno preparato i quadri dirigenti della futura Repubblica, quelli che scrissero la Costituzione.

Sull’isola è immediato e fortissimo l’impatto con l’esperienza del confino politico. La casa di Gramsci e Bordiga per esempio, ci sbatti contro appena entri in paese…
Attenzione! Quella fu casa loro solo per pochi giorni. Lo abbiamo scoperto di recente perché troppe cose non tornavano. Allora abbiamo fatto nuove ricerche, incrociato documenti, lettere e anche testimonianze dirette. Ciò che abbiamo scoperto è che la casa in cui Gramsci passò gran parte dei suoi 44 giorni di confino, e Bordiga quasi tutta la sua permanenza sull’isola, si chiama Casa Manfrè ed è poco distante dal Commissariato in cui i prigionieri venivano condotti subito dopo l’arrivo per le pratiche di registrazione e per la consegna di alcuni oggetti di uso quotidiano, coperta, lenzuolo, cuscino, posate, piatto e bicchiere di alluminio, una candela, il vestiario, oggetti che siamo riusciti in parte a ritrovare e che sono esposti qui al Centro studi insieme alle foto dell’epoca che vede intorno.

Perché l’arrivo di Gramsci fu decisivo? 
Gramsci aveva le idee chiarissime. A pochi giorni dal suo arrivo decise di fondare una scuola che andrà avanti per anni. Dopo la sua partenza sarà portata avanti da Bordiga e dagli altri prigionieri politici. Fu un’intuizione incredibile. Era una scuola aperta a tutti, dove ognuno era insegnante ma anche allievo. Gramsci insegnava Storia e geografia e frequentava il corso di tedesco. Sappiamo con certezza che a Ustica tenne tre lezioni, una sugli Ittiti, una sui Babilonesi e l’ultima sugli Egizi, sempre con una trattazione politico-sociale. Era una scuola di tutti per tutti. Tutti insegnanti e tutti studenti. Dei circa 600 confinati politici presenti sull’isola nell’estate del 27, sappiamo che in quasi 250 partecipavano regolarmente alle attività di formazione. E ciò che più colpisce è il fatto che tutto era stato autorizzato dalla Direzione fascista della colonia. I confinati infatti avevano presentato una regolare domanda ufficiale sottoposta anche al Questore fascista di Palermo che autorizzò tutto. Ci fu persino la visita da Roma del funzionario del ministero degli Interni, ispettore Graziosi, che arrivò sull’isola per un controllo e al rientro nella capitale preparò una circolare, datata 27 febbraio 1927, da fare arrivare alle varie Direzioni delle colonie di confino, nella quale si raccomandava di promuovere l’esperienza della scuola di Ustica. Evidentemente per i fascisti la scuola era un inutile passatempo del tutto sopportabile e rappresentava anche il miglior modo per tenere tranquilli i confinati e controllarli. Invece… fu un errore madornale e fu una scuola rivoluzionaria. Tutto alla luce del sole, davanti agli occhi della milizia fascista, della polizia e dei carabinieri presenti sull’isola, circa 200 uomini.

M’interessa capire chi fossero i confinati di Ustica oltre a Gramsci e Bordiga. Ailara riprende uno di quei dettagli solitamente irrilevanti che accompagnano il momento delle presentazioni e rilancia.
Lei è di Perugia, vero? Mario Angeloni, avvocato di Perugia, è uno dei personaggi più straordinari che arrivarono a Ustica, lo è per come ha vissuto il suo antifascismo, in maniera proprio viscerale. Angeloni ha combattuto durante la Prima guerra mondiale. Fu ferito e prese una medaglia. Tornato dalla guerra sposò Giaele Franchini, cesenate e di famiglia repubblicana come il marito. Con l’inizio del fascismo diventa subito un convinto oppositore del regime. Sarà preso barbaramente a bastonate davanti agli occhi della moglie incinta che perderà il bambino. Spediscono entrambi al confino, prima a Lipari e poi a Ustica, dove trovarono la scuola che aveva ideato Gramsci e che Bordiga portava avanti. Angeloni si dà subito da fare, costruisce un campo da bocce e organizza gare che erano non solo svago ma occasioni di incontro tra prigionieri politici, sempre regolarmente autorizzate. Farà domanda per l’uso di un terreno abbandonato e con gli altri confinati lo spianeranno per trasformarlo in un campo di calcio. Il 10 ottobre 1927 fu arrestato con altri confinati politici e deferito al Tribunale speciale per la Difesa dello Stato per costituzione di un partito unico antifascista e tentata insurrezione armata. Tutta una montatura. Finirà in carcere all’Ucciardone di Palermo, senza una prova, come accadeva allora. Nel novembre 1928 sarà prosciolto e inviato al confino di Ponza. Torna in libertà grazie a un’amnistia a favore degli ex combattenti e si stabilisce con la moglie a Cesena. Ma la lotta politica continua e quando capiscono che rischiano un nuovo arresto scappano a Parigi. Nell’agosto del 1936 Mario Angeloni partirà per la Spagna dove è appena scoppiata la guerra civile. Salendo sul treno dirà alla moglie: “Giaele, questo è il giorno più bello della mia vita”. Arrivato a Barcellona, per la sua esperienza durante la Prima guerra mondiale gli affidano il compito di addestrare il Battaglione Garibaldi. Sul campo di battaglia sarà colpito e ferito, morirà poco dopo in ospedale fischiettando l’Internazionale. C’era gente così a Ustica.

E qual era il rapporto con la popolazione locale?
Ottimo. I confinati pagavano, non che fossero ricchi, anzi, ma erano tanti e avevano trasformato l’economia dell’isola. E poi erano persone perbene, intellettuali, professionisti, medici, gente istruita. Molti facevano anche lezioni private a giovani usticesi. Alcune famiglie ospitavano i prigionieri politici nelle loro case subendone l’influenza e riconoscendo, come ancora oggi alcuni anziani raccontano, che il loro arrivo portò educazione e cultura. I più giovani inoltre rimasero affascinati dall’intelligenza dei nuovi arrivati e molte ragazze incontrarono amori non contestati dai familiari.

Sul grande tavolo di legno all’interno del Centro studi ci sono impilate una serie di dispense con la scritta in copertina “I Quaderni del confino, presi e trascritti dal confinato politico Giuseppe De Vito”. Chiedo ad Ailara di che si tratta.
Sono la nostra scoperta più recente, i quaderni trascritti da uno dei confinati, Giuseppe De Vito, falegname, comunista, arrestato come pericoloso sovversivo, fu uno dei prigionieri politici della prima ora che diventerà vicesindaco del suo comune di provenienza dopo la guerra, anche grazie all’esperienza della scuola politica di Ustica. Ho la ragionevole certezza che i tre volumi di lezioni di Economia politica siano stati tratti da testi inviati a Gramsci da Piero Sraffa.
Una delle prime lettere di Gramsci da Ustica fu all’amico Sraffa: “Siamo finora 14 amici, tra i quali Bordiga. Desidererei avere un buon trattato di economia e finanza” (11 dicembre 1926). Se l’intuizione di Ailara fosse confermata, il Centro studi Ustica regalerebbe un giusto tributo, dopo quarant’anni dalla morte, avvenuta il 3 settembre 1983, al più grande economista italiano del Novecento.

 

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CAT: Storia

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