Il Piano Marshall, fonte d’ispirazione e riferimento storico illuminante

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18 Giugno 2021

“Però la storia non si ferma davvero davanti a un portone
La storia entra dentro le stanze, le brucia
La storia dà torto e dà ragione”

Il tour diplomatico di una settimana che ha visto Biden per la prima volta in Europa dall’inizio della sua presidenza, ha mirato a riallacciare i rapporti dell’America con i leader delG7, resi logori dai quattro anni di presidenza Trump, la Brexit, il Covid. Il concetto di alleanza tra democrazie è ricorrente in tutti i discorsi del presidente statunitense, è il pilastro su cui la Casa Bianca vuole fondare la nuova geografia delle alleanze globali, dagli accordi commerciali alle partnership nei settori strategici dell’economia.
A Ginevra, luogo in cui si svolse nel 1985 il vertice tra Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov, Biden ha incontrato Putin, entrambi consapevoli che le relazioni tra i due Paesi sono così tesi da rievocare i tempi della Guerra Fredda. Tra le questioni imputate alla Russia ci sono i cyber-attacchi contro istituzioni e aziende Usa, le interferenze nelle ultime due elezioni presidenziali americane, violazioni dei diritti umani e l’aggressione contro l’Ucraina.
Biden è apparso determinato nel rilanciare l’alleanza transatlantica per mostrare un fronte unito a Cina e Russia. Il Building Back Better, ovvero ricostruire un mondo migliore dopo la pandemia, ci riporta a rievocare quella ricostruzione di un mondo migliore in cui l’America si impegnò dopo la fine della seconda guerra mondiale con la realizzazione e l’esportazione del Piano Marshall.
Nel 2020, quando gli Stati membri dell’Eurozona hanno trovato un accordo per rilanciare il Recovery Fund e ricostruire le economie devastate da pandemia e lockdown, i paragoni col programma di aiuti messi in atto col piano Marshall sono stati frequenti. Marshall è diventato quasi uno slogan; in effetti i dettagli di quella storia sono importanti poiché l’Europa, senza di esso, non sarebbe come la conosciamo.
Basta rivedere “Ladri di biciclette”, “Sciuscià”, e in generale i grandi film del neorealismo per avere un’idea della povertà nel dopoguerra. Alla fine del conflitto il tenore di vita degli italiani precipita al livello più basso dal 1870.
A Berlino i medici chiedono alle autorità di occupazione di autorizzare gli aborti in quanto le donne non sono in grado di allattare i neonati. Persino la Gran Bretagna, potenza europea vincitrice, è priva di elettricità, i blackout sono all’ordine del giorno per carenza di carbone, bisogna paracadutare pacchi di cibo sui villaggi isolati i cui abitanti rischiano di morire di fame. I bambini americani fanno collette nelle scuole per mandare ai loro coetanei europei i pacchi CARE contenenti zucchero, farina, sapone.
Su quest’Europa arriverà da lì a poco la salvezza rappresentata dal piano Marshall che avrebbe cambiato il volto dell’Europa anche se la sua popolarità sarà tardiva: in Europa viene circondato da sospetti, soprattutto da parte di quelle forze di sinistra che riconoscono superiorità morale e politica all’Unione Sovietica e persino in America una parte dell’opinione pubblica lo osteggia. Nel clima di guerra fredda che inizia proprio allora, si accusano gli americani – linea con cui Stalin convince non solo i comunisti, ma tanti europei – di usare l’Erp (Il piano per la ripresa Europea) per condizionare e manipolare l’Europa, costringendola a importare il modello capitalista.
Il leader sovietico è in realtà ostile al piano Marshall perchè quel programma di aiuti prevede la ricostruzione della Germania, mentre lui, al contrario, intende succhiare dall’economia tedesca il massimo risarcimento. Mosca vuole un Continente evacuato dalle truppe americane e una ricostruzione sovietica finanziata dai tedeschi. In America, Stalin riscuote simpatie nella sinistra roosveltiana. Durante la guerra Roosvelt è affascinato da un progetto ben diverso dal piano Marshall: il Piano Morgenthau, che mira a rendere la Germania inoffensiva per sempre. Prevedeva, infatti, non solo un disarmo totale, ma la retrocessione dell’economia tedesca a un passato rurale, pastorale, che le proibisse qualsiasi sviluppo industriale e tecnologico.
La vedova del presidente, Eleonore Rooselt, guida l’ala radicale e antitedesca, organizza una conferenza con luminari del pacifismo mondiale come Einstein per attaccare Marshall. Il segretario di stato Truman viene accusato di essere troppo filotedesco, Truman e Marshall vengono sospettati di tradire la causa dell’antifascismo che ha unito gli sforzi bellici di americani e russi.
L’ala sinistra del New Deal teme che i due stiano riabilitando una vecchia dottrina in auge tra i conservatori negli anni trenta: l’idea che la vera minaccia sia il comunismo, non il fascismo, e che quindi la Germania vada appoggiata come baluardo contro il pericolo rosso. Protagonista della disfatta militare di Hitler, quando a Washington comincia la caccia alle streghe contro i rossi e i presunti simpatizzanti o spie per l’URSS, Marshall viene accusato anche da destra, dal senatore Joseph MC Carthy, di non aver difeso l’America contro l’avanzata del comunismo.
In realtà proprio l’avanzata del comunismo in Italia e in Francia preoccupa Marshall. Francia e Italia nel 1947 condividono la stessa miseria, simile umiliazione – il governo transalpino del maresciallo Pétain è stato il servo dei nazisti – stesso antiamericanismo. Sono i due paesi d’Europa occidentali con i più forti partiti comunisti che fanno proprie le critiche di Stalin al Piano Marshall come strumento di imperialismo americano. La vecchia destra fascista che odia l’America non è mai scomparsa, le sinistre socialiste, pur non essendo legate a Mosca, diffidano degli Stati Uniti, senza dimenticare, poi, l’antiamericanismo cattolico, particolarmente forte in Italia dove governa la Democrazia Cristiana di Alcide De Gaspari. La Santa Sede non è affatto atlantista: vorrebbe un’Italia neutrale nella guerra fredda, e quando nasce la Nato, papa Pio XII preme perché Roma resti fuori. Quella del Piano Marshall come progetto di dominio e sfruttamento resta la narrazione dominante nella pubblicistica italiana per quasi un ventennio.
Al di là delle ideologie, però, la realtà era che dall’Inghilterra all’Italia sono in atto ondate di scioperi che paralizzano l’industria e minacciano la ripresa economica. Lo stesso De Gaspari, durante una missione negli Stati Uniti, dipinge una situazione disperata, lamentando l’urgenza di carbone, acciaio e grano. La miseria alimenta la nostalgia dei regimi autoritari. Sui muri di Parigi appaiono persino dei graffiti che inneggiano all’occupazione nazista:“ Donnez- nous du beurre ou rendez-nous les Boches”. Se non c’è il burro, si reclamano i Tedeschi: si stava meglio quando si stava peggio.
Lungi dal vampirizzare l’economia tedesca come voleva Stalin, gli americani fanno il contrario: se non avevano impedito, nella pace di Versailles nel 1919, le clausole vessatorie contro la Germania che facilitarono il diffondersi del revanscismo e l’ascesa del nazismo, col London Agreement condoneranno il debito tedesco consentendo il miracolo economico della Germania Ovest che diverrà una potenza industriale, tecnologica, finanziaria.
Ovviamente dalla sua ascesa Gli Stati Uniti hanno tratto grandi benefici in quanto, con la Germania al suo centro, l’Europa occidentale ha costituito uno sbocco commerciale per i prodotti made in Usa, ma che l’America ci trovi il suo tornaconto è il tipico gioco a somma positiva in cui l’arricchimento di un soggetto non impoverisce l’altro, anzi. Ē segno di lungimiranza, una visione illuminata dei propri interessi: l’egemonia degli Stati Uniti raggiunge l’apogeo nell’era roosveltiana perché è capace di progettare un insieme di regole in cui altri paesi possono trovare appagati i propri interessi. Un concetto di soft power, questo, che poggia sulla forza, ma anche sul consenso. L’investimento fatto col piano Marshall ha consentito un miracolo che alla lunga si è esteso anche alla sfera morale: è la lenta metamorfosi della Germania in una potenza che ha fatto i conti con il suo passato, ha abbracciato i valori della democrazia, il pluralismo, i diritti umani.
Se la Germania che impone un austerity rigida e dogmatica ai paesi dell’Europa del Sud dopo la crisi del 2008 fa i propri interessi perché obbedisce alla priorità dei cittadini, contribuenti, che non vogliono pagare il conto per il fallimento della Grecia provocando risentimento verso i tedeschi (la Merkel viene paragonata a Hitler), la Germania post lockdown approva il Recovery Fund. Ben più costoso del salvataggio greco, questa volta la classe dirigente capisce che non può salvarsi da sola dalla crisi, che una depressione in Italia ha conseguenze pesanti anche per la ripresa tedesca.
Questa volta la Germania ha fatto sua la lezione di Marshall che individua nell’apertura delle nazioni alla cooperazione, uno dei capisaldi per la costruzione della pace.
Unico militare a ricevere il Nobel per la pace, nel suo discorso di accettazione, il generale, fa un riferimento storico illuminante: spiega che mentre combatteva nella prima guerra mondiale al quartier generale delle forze americane a Chaumont, in Francia, si era imbattuto in un libro di storia della Gallia. Leggendolo, si era accorto che le legioni romane erano di stanza nella stesse località delle truppe alleate diciotto secoli prima. Riflette, perciò, sul pericolo di dimenticare le lezioni della storia.

TAG: politica
CAT: Storia

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