Terremoto, l’Emilia continua a “tenere botta” con la ricerca

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13 Ottobre 2015

Dopo il terremoto in Emilia del maggio 2012, Marco, titolare del bar Planet di Crevalcore, serviva i suoi clienti indossando una t-shirt con la scritta “Teniamo botta”. Quella maglietta, gettonatissima anche al concerto “Italia loves Emilia”, riassumeva meglio di mille editoriali lo spirito con il quale gli emiliani affrontavano le conseguenze del sisma. Tenere botta: resistere per poi ripartire.
Il bar di Marco era fuori dal centro del paese, dove i palazzi storici, compreso quello che ospitava il Comune, erano stati i più danneggiati e di conseguenza dichiarati inagibili. Molte attività economiche erano state costrette a spostarsi in sedi provvisorie.

Abituati alle cronache immediate e al “ritorno” sul pezzo che i giornali fanno in occasione degli anniversari delle calamità che colpiscono una zona del Paese (a che punto è la ricostruzione, chi vive ancora nei prefabbricati che avrebbero dovuto essere una sistemazione provvisoria), ci sono altre conseguenze che i disastri naturali portano con sé. Quando la terra trema, infatti, a subire fratture non è solo il suolo, le crepe non incrinano soltanto le facciate dei palazzi, le macerie da sgombrare non sono solo quelle prodotte dai crolli.

Per questo, un anno fa è stato avviato dall’Università di Modena e Reggio Emilia il progetto “Energie Sisma Emilia” che, partito il 1 settembre 2014 (la durata prevista è di 24 mesi), presenterà i primi risultati della ricerca in corso in un workshop il 22 e 23 ottobre prossimi.

L’idea di fondo del progetto è che il terremoto abbia prodotto una serie di fratture: non solo nelle strutture fisiche, ma anche nel sistema economico e sociale, di cui non è facile prevedere la ricomposizione.
“Organizzazioni economiche, amministrazioni pubbliche, famiglie vanno in cerca di soluzioni e di risposte a obiettivi che non necessariamente sono gli stessi di prima del terremoto”, spiegano i promotori della ricerca. “Quegli obiettivi”, aggiungono, “sono enormemente differenziati a seconda della natura dei soggetti (che si collocano a diversi livelli decisionali e di potere e hanno differenti tipi di interazioni interne ed esterne al sistema locale) e della prospettiva temporale con cui si possono affrontare”.

Il progetto “Energie Sisma Emilia” ha una duplice finalità: oltre a contribuire all’analisi degli effetti che il terremoto ha prodotto sull’assetto economico e sociale della regione (per favorire la maturazione di decisioni strategiche informate e fornire alle amministrazioni n modello di monitoraggio della ricostruzione), vuole condividere quelle conoscenze con gli stakeholder, oltre che con la comunità scientifica.

Lo scorso 1° settembre, intanto, ha preso il via lo step della ricerca che prevede un’indagine su un campione di 400 famiglie residenti nei Comuni di Cavezzo, Mirandola, Novi di Modena, San Felice.
Il campione di famiglie, statisticamente significativo, è stato estratto casualmente dalle anagrafi, grazie alla collaborazione delle amministrazioni comunali.
Durante le interviste saranno raccolti dati non desumibili da fonti statistiche ufficiali.
L’Emilia, insomma, non smette di “tenere botta”.

(Fotogallery a cura di Sandro Capatti)

TAG: Energie Sisma Emilia, terremoto, Università di Modena e Reggio Emilia
CAT: tutela del territorio

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