È colpa dello stato italiano se i cittadini “si fanno giustizia da sé”

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25 Ottobre 2015

Dopo il caso, pochi giorni fa, del gioielliere di Ercolano che per difendersi da una rapina sparò a uno dei suoi aggressori, stavolta è toccato a un pensionato milanese sorprendere e uccidere un ladro penetrato nel suo appartamento.

La dinamica degli eventi non è ancora stata acclarata e il pensionato, la cui versione dei fatti sembra vacillare di fronte alle indagini dei carabinieri, è ora indagato per omicidio volontario – anche se la procura derubrica il tutto ad atto dovuto per poter esperire gli accertamenti necessari.

L’orientamento della magistratura in questi casi – riferisce La Stampa – è sempre a favore dell’imputato, “riconoscendo la legittima difesa”, “anche in casi più gravi di omicidio ai danni di ladri o di rapinatori”. Che il ladro sia morto in casa o sulle scale dell’appartamento è infine irrilevante ai fini dell’imputazione.

C’è da augurarsi allora che il buon senso e la giustizia prevalgano ancora una volta.

Comunque, ciò che più sconcerta di questa vicenda non è la reazione con ogni probabilità legittima (e comprensibile) del pensionato, ma il fatto che chi si è introdotto nell’appartamento – un ragazzo albanese di 22 anni – girasse ancora a piede libero pur essendo stato formalmente espulso nel 2013 per aver commesso altri reati.

Come quasi sempre accade in questi casi (il discorso vale a maggior ragione per gli immigrati clandestini), gli sarà stato consegnato il foglio di via, senza poi accertare l’effettivo allontanamento dal territorio italiano.

Le reazioni politiche sono state le consuete. La sinistra tutto sommato indifferente al problema della sicurezza, quella estrema addirittura deplora il gesto del pensionato e paventa l’affermarsi di un clima da “far west”, dove ognuno decide sommariamente di farsi giustizia da sé.

La destra, invece, tutta schierata a difesa del pensionato, nel tentativo di vellicare il malessere crescente di una parte della popolazione per racimolare facili consensi.

Salvini è un buon interprete del senso comune e del politicamente scorretto; è difficile dargli torto quando dichiara che più di tanto la morte del ladro non gli dispiace e che lui al posto del pensionato che lo ha ucciso si sarebbe comportato alla stessa stregua; ma sbaglia quando auspica l’abolizione del reato di eccesso di legittima difesa.

Come ha argutamente osservato Giulia Bongiorno: “chi entra nelle case altrui per rubare o violentare si accolla le conseguenze; aggiungendo poi che è necessario “allargare la legittima difesa” (la legge era stata sbrigativamente modificata nel 2006 dal governi Berlusconi), in modo da limitare l’eccessiva discrezionalità dei magistrati.

Si ripropone l’annosa questione non tanto, quindi, dell’eccesso di legittima difesa (dando per scontato che il comportamento del pensionato non sia rubricabile come reato), ma della necessità da parte dello Stato di tutelare la sicurezza dei cittadini.

L’entità statuale nasce con il precipuo compito di garantire la sicurezza dei suoi cittadini: secondo la celebre definizione weberiana ciò che contraddistingue uno stato è infatti il monopolio dell’uso della “coercizione fisica legittima” in un dato territorio.

Quello italiano, che non è in grado di ottemperare alla sua funzione preminente, è uno Stato inefficiente perché inadempiente ai propri doveri.

Gli italiani si trovano del tutto inermi di fronte ad una microcriminalità che spadroneggia, soprattutto nei territori del nord est, e sono costretti quindi a provvedere essi stessi alla difesa della propria sicurezza e incolumità.

Secondo le statistiche, nel 2014 sono stati denunciati oltre 250.000 furti in appartamento, con una crescita del 157% rispetto a dieci anni fa; di questi, il 90% si conclude senza che ne vengano accertati i responsabili.

Chi viene derubato è sovente talmente esasperato e sfiduciato dal mal funzionamento del sistema giudiziario da non denunciare nemmeno i furti subiti.

E talvolta, e la frequenza con cui accade è sempre maggiore, furti e rapine tralignano in aggressioni brutali o nei casi peggiori persino omicidi ad opera di criminali abietti e senza scrupoli.

L’Italia, non da oggi, è un paese dove la legalità è sospesa, la certezza del diritto inesistente, lo stato manchevole rispetto a bisogni, richieste ed esigenze dei cittadini.

Affiora una drammatica e impellente domanda di legalità, di osservanza della legge e dell’ordine pubblico, di ripristino della sicurezza collettiva.

La questione è quindi allo stesso tempo eminentemente culturale e politica, afferisce sia al rapporto fra Stato e cittadini sia alla capacità di rispondenza del sistema politico-istituzionale-giudiziario rispetto ai bisogni degli stessi.

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