Grillo vs Conte, l’onnipotenza maniacale in conflitto

30 Giugno 2021

Fare della psicopolitica è sempre avventato: sia per la fragilità scientifica della psicologia (e delle altre scienze sociali), sia per la superficialità che può scaturirne, per cui, per esempio, la sindrome paranoide di un certo Hitler, viene presa a prestito come fattore rilevante se non determinante della tragedia dell’ultimo secolo, sfociata nella 2° Guerra mondiale.

La storia umana passata e presente e probabilmente futura è una tale mescolanza di variabili eterogenee che ancora oggi i cosiddetti politologi dicono cose ovvie e semplificate che mal li distingue da qualsiasi giornalista preparato. Ma, per noi “psico”, la tentazione di utilizzare le nostre categorie specialistiche su qualsiasi fenomeno umano è compulsiva (e il buon Freud spesso e volentieri cadeva, con effetti anche favolistici in questa tentazione).

Ma il rapido duello tra Conte e Grillo, scatenatosi nel breve tempo di 24 ore, è troppo seduttivo per chi si occupa di psicologia, per cercare di stare fuori dalla tentazione interpretativa specialistica… Qualche esperto della materia tenderà a utilizzare al proposito le consuete categorie psicoanalitiche. Per esempio l’Edipo. Il figlio Conte vuole ammazzare il padre (proprio il “padre padrone) Grillo che pretende di essere l’unico proprietario della madre, cioè il Movimento 5 Stelle. Proprio come la tragedia greca!

Oppure gli analisti che seguono i modelli cosiddetti kleiniani, vedranno una lotta tra due bambini per contendersi il possesso della solita mamma (sempre i 5 Stelle). Oppure possiamo metterci di mezzo, come afferma Grillo, il tema della generatività che legittima possesso. Tutte cose divertenti ma che lasciano il tempo che trovano e non perché possano essere non valide ma si collocano in un mito dell’infanzia che è duro a morire e che continua, con validità scarsamente verificabile, a gratificare i nostri desideri di belle storie fantasiose che si intrecciano con tutta la storia umana (le religioni ne sono il più classico esempio).

Il problema dell’adesione ai miti non sta tanto nella loro maggiore o minore validità, quanto come qualsiasi ideologia che si rispetti, lega e chiude staticamente qualsiasi possibilità trasformativa e, soprattutto, coerente con la realtà.

Ora gli atteggiamenti di Grillo e Conte, se utilizziamo delle categorie diagnostiche, potrebbero essere considerate come un classico esempio di uno scontro narcisistico. Ma preferirei utilizzare un altro criterio, poiché il narcisismo, almeno come lo considero, è una forma di autosufficienza con una tale ipertrofia della stima di sé, che rende indifferenti alla realtà esterna, eccetto quando questa realtà esterna “disturba” l’autostima.

Preferirei utilizzare, per ambedue i personaggi, il criterio dell’Onnipotenza maniacale che è più legata, come le forme isteriche dalla quale deriva, al possesso di qualcosa che si teme venga sottratto. Cioè è una lotta per la sopravvivenza: senza il possesso di qualcosa al quale si dà una valore fondamentale ed esclusivo, si apre il baratro delle propria distruzione (non a caso, nella cosiddetta Bipolare, la fase maniacale è contrapposta a quella depressiva). Cioè Grillo e Conte stanno combattendo, senza risparmiarsi i colpi per appropriarsi del Movimento per farlo diventare una parte di sè, anzi la parte fondamentale, senza la quale si apre il varco depressivo. Qui, se uno vince, l’altro perde.

C’è da chiedersi, se ad onta delle giustificazioni pseudorealistiche con le quali ognuno dei due cerca di argomentare la propria posizione, non si riveli, e non è più discorso psicologico, ma sociologico, la carenza strutturale di fondo del Movimento: non c’è organizzazione, ruoli definiti, procedure codificate come hanno tutte le entità sociali, dai partiti, alle imprese, alle istituzioni, agli eserciti. Questa sembra la posizione ragionevole di Conte che si contrappone a quella chiaramente anarcoide che appare giustificata da un’impulsività emozionale di Grillo.

Solo che Conte, per motivi caratteriali, e non per mancanza di esperienza, non accetta le mediazioni, che sappiamo essere la parte costitutiva della politica. E in questo è simile a Grillo: il proprio appetito è senza limiti. La possiamo considerare una bulimia politica.

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