il femminismo degli uomini

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15 Aprile 2022

Che ci azzecca Putin con la storia della Rowling bannata dalla comunità LGBTQ? E perché una star come Will Smith la notte degli oscar tira medievalmente uno schiaffone al conduttore per una battuta innocua sulla moglie? E il patriarca russo che benedice la guerra contro la lobby gay che posto prende nel mosaico sgangherato delle motivazioni guerresche?

In questa immensa crisi d’identità di uomini ampiamente over cinquanta, serpeggia il malessere di un boccone amarissimo da mandare giù per un’identità maschile che per giustificare la violenza passa da un io traballante a un dio accomodante.

Quel boccone è l’assimilazione culturale che le rivoluzioni del femminismo prima, e quelle del movimento lgbtq dopo, hanno imposto a un’identità soprattutto maschile che se ingrassava tra patriarcato e capitalismo oggi pena, e tanto, tra fluidità e condivisione.

Il comunismo digitale che parte dal basso, l’idea dello sharing che parte dal singolo è più potente della pretesa che le dittature hanno di distribuire la libertà dall’alto e il controllo, che è l’ossessione tipica della dittatura viene puntualmente “bucato” da virus covid come da radiazioni alla Chernobyl, tutta roba fatta quasi di niente ma che come le idee sa superare tutti i confini.

Se, come insegna il femminismo, “il personale è politico” ecco che diventano palesi crisi identitarie personali e insieme globali, eccoli i dinosauri di maschio ancora intenti a misurarsi le dimensioni davanti al meteorite che loro stessi si sono lanciati addosso.

Esattamente come il femminismo ha sabotato anche l’identità di quelle donne ne avrebbero fatto volentieri a meno,  anche il movimento lgbtq ha sconquassato la vita di quegli uomini che anche non amandosi tra loro si son visti boicottare un’identità che comunque splendeva, anche se quasi sempre di luce impropria.

Il capitalismo è intriso di competizione esattamente come il maschilismo di sessismo e questa non è solo una partita ma una lunghissima impalpabile finale che il racconto balbettante dei media non riesce a cogliere.

Bolliti dal giochino di estetizzare l’etico i media sembrano spaventapasseri del reale, più che accoglierlo succede che quasi involontariamente lo scimmiottano poiché atti a intrattenere più che tenere.

Ha più chances di incidere sul corso degli eventi il caleidoscopico palinsesto dei social, poiché nonostante la carovana di cretineria su cui viaggia riesce a portare in se quei frammenti che come i virus per le dittature riescono a diventare, come si diceva prima del covid, virali, trasformando modi di pensare in modi di essere.

In uno specchio efficace dell’abiezione potrebbe capovolgersi per sempre quell’immagine ormai ridicola di uomini integrali, patriarcali tutti d’un pezzo che stenta a soccombere davanti al tristissimo spirito di competizione che il capitalismo ci lascia addosso.

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