“Bimbo rapito dai Rom”. Se una leggenda vale più di una smentita della Questura

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19 Novembre 2014

Il fattaccio accade sabato pomeriggio, nella periferia orientale della Capitale. Un uomo e una donna, a bordo di un furgone, si avvicinano a una abitazione di via Tor Tre Teste e, approfittando della momentanea assenza della madre, tentano di rapire un bimbo di soli otto mesi. Per fortuna sul posto c’è il fratello più grande, che lancia l’allarme mandando a monte il piano. Più tardi i malviventi vengono fermati dalla polizia, e si scopre che si tratta di due Rom, Vitez S., di 42 anni, e Zumra A., di 47, per i quali scatta l’arresto in flagranza di reato.

La notizia è di quelle da non lasciarsi scappare. Specie nel clima avvelenato che si respira ultimamente nella Capitale. Il Messaggero, il più importante quotidiano romano, lo sa e ci si butta a capofitto, senza sentire il bisogno di approfondire la notizia.

Il titolo scelto non lascia spazio a fraintendimenti:

ROMA, TENTANO DI RAPIRE UN BAMBINO, ROM BLOCCATI DURANTE LA FUGA

Schermata 2014-11-19 a 20.22.11

Nel post, pubblicato martedì alle 7.45 del mattino, si leggono i dettagli del fatto di cronaca.  La ricostruzione di quanto accaduto viene affidata alla vittima, la mamma, che racconta il dramma vissuto:

«Erano le quattro del pomeriggio volevo uscire con i bimbi. Ho messo il piccolo sul seggiolino e siamo andati in cortile. Poi mi sono accorta di aver scordato il giubbotto del più grande e sono risalita in casa. A quel punto mio figlio più grande ha iniziato a gridare. Sono uscita e ho visto quell’uomo che aveva già aperto la cintura del seggiolino e stava per prendere Andrea (…) Ho urlato a squarciagola. Lui, dopo avermi minacciata di spararmi in testa, è fuggito su un furgone».

La notizia gira rapidamente sui social, e viene ripresa da altri organi di stampa. Su qualche testata meno scrupolosa del Messaggero (incredibile a dirsi, ne esistono) non si parla nemmeno più di “tentato rapimento”, ma più semplicemente di “bambino rapito dai rom”.

Il fatto che quella dei rom ladri di bambini sia, notoriamente, una leggenda metropolitana dura a morire, così come il particolare che in passato notizie analoghe si siano sistematicamente rivelate fasulle non turba chi scrive né chi condivide la notizia.

A incrinare, in minima parte, le certezze di cui sopra è solo un comunicato della Questura di Roma, che arriva sempre martedì, a metà mattinata, dove si legge tra l’altro che:

“L’uomo responsabile del gesto e la madre del piccolo si conoscono da tempo, avendo coabitato in uno stabile occupato per diverso tempo. Tra le ipotesi investigative emerse, pertanto, vi è anche quella che il tutto sia avvenuto in quanto l’uomo ritiene di poter vantare diritti di paternità sul neonato”.

Rettifica?

A questo punto la vicenda accaduta sabato pomeriggio a Tor Tre Teste acquista contorni diversi.

Il presunto rapitore e la mamma del piccolo si conoscevano molto bene, avendo convissuto a lungo in una casa occupata. Una delle ipotesi prese in considerazione al momento è che da quella relazione possa essere nato il bambino che sabato l’uomo ha provato a riprendersi con la forza. In questo caso ci si troverebbe di fronte a un conflitto tra ex compagni e relativo alla potestà genitoriale sul bambino.

In attesa di conferme, la sola cosa certa è che quello avvenuto sabato a Tor Tre Teste ha poco o nulla a che fare con la ricostruzione fatta in un primo momento dalla stampa.

E allora il Messaggero cosa fa? Invece di diffondere una vera e propria rettifica, come pure ci si aspetterebbe, il quotidiano pubblica un nuovo articolo, alle 13.11, in cui parla di “giallo”.

ROMA, GIALLO SUL TENTATO RAPIMENTO DI UN BIMBO A TOR TRE TESTE. L’ARRESTATO RIVENDICA LA PATERNITA’

Schermata 2014-11-19 a 20.23.48

 

In questa seconda stesura, meritoriamente, aggiunge altri particolari interessanti:

“C’è un altro aspetto da chiarire: la donna che ha subito il tentativo di sequestro del neonato è di origini zingare (sic!) ma dall’età di 12 anni ha cambiato percorso di vita lasciando il campo. Da anni è sposata e ha la cittadinanza italiana. Lei e il marito sono incensurati e sempre secondo la polizia, il loro stile di vita è normale: il marito è un onesto lavoratore e la moglie bada ai figli”.

Il primo articolo, però, resta online e continua a diffondere la sua falsa informazione, perpetrando il messaggio dei rom rapitori di infanti.

In poche ore, il post del quotidiano romano arriva a raggiungere 32mila condivisioni su Facebook e viene twittato 183 volte.

L’articolo più recente del Messaggero, quello in cui si parla di “giallo” e si smentisce di fatto la notizia precedentemente data, viene ignorato dal web: alla stessa ora, le condivisioni sono complessivamente solo 250.

Il fatto è che certe leggende sono troppo belle da raccontare. E non può bastare un comunicato della Questura a metterle a tacere.

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LA REPLICA DI MARCO DE RISI, AUTORE DEGLI ARTICOLI CITATI SOPRA E PUBBLICATI SU IL MESSAGGERO

In relazione ai miei articoli apparsi su “Il Messaggero” riguardo un presunto rapimento di un bimbo ad opera di due persone rom residenti nel campo di via Salviati,  tengo a precisare che la Questura, attraverso un comunicato,  non ha smentito la notizia. I due presunti autori del tentativo di rapimento sono stati arrestati e tradotti in carcere per rispondere dei reati di violenza privata e tentativo di sequestro di persona.  La presunta paternità del bimbo, invocata da uno dei sequestratori, sempre secondo gli investigatori,  è ancora da accertare.

Marco De Risi

 

TAG: immigrazione, Integrazione, rom, Roma, Tor tre teste
CAT: Roma

6 Commenti

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  1. Andrea Gilardoni 9 anni fa

    Grazie. Un piccolo spaccato di come si diffondono le notizie false, e un avvertimento per tutti i giornalisti.

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  2. Alberto Robiati 9 anni fa

    Bravo, molto utile. Anche nel Torinese la caccia allo “zingaro” rapitore aveva preso il largo in tempi molto più rapidi della successiva correzione, quando si era scoperto che il padre del bimbo s’era inventato tutto (http://www.lastampa.it/2014/09/30/cronaca/bimbo-rapito-il-pap-ha-inventato-tutto-ZZN6JpPM99xV9xw33ItY0H/pagina.html). La pubblicazione di notizie, visto l’uso che si fa dei social e del web (da parte di chiunque, non solo giornalisti), va insegnata a scuola con le tabelline. Abbiamo bisogno di un’educazione all’informazione per maturare come società.

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    1. carlo maria miele 9 anni fa

      La storia di Borgaro, che cita Alberto, è quella più recente, infatti c’è il link nel pezzo. La più famosa, che assunse rilevanza internazionale, è invece quella della bimba bionda (!) trovata nel campo rom di Farsala, in Grecia: http://www.nydailynews.com/news/world/maria-mother-found-dna-proves-bulgarian-roma-woman-mother-girl-mom-officials-article-1.1496376 La storia dei rom rubabambini, come dice Marta, è antica, e si ripropone a intervalli regolari. Il problema è che anche chi dovrebbe fare informazione, spesso si limita ad alimentare stereotipi. In fondo il sistema funziona bene, perché la gente preferisce avere conferme al proprio sistema di valori, piuttosto che metterlo in discussioni. Non a caso, il primo articolo citato sopra, quello “scorretto”, ha decine di migliaia di condivisioni, mentre il successivo, quello in cui si parla di semplice “giallo”, non se lo è filato nessuno.

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  3. Marta Dore 9 anni fa

    Questa storia dei bambini rapiti dagli zingari è ridicola da sempre. la dicevano anche a me quando ero bambina io. Ma un conto è il bla bla della gente, un conto è il lavoro dei giornalisti. che rabbia!

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  4. Patrizia Targa 9 anni fa

    Al Messaggero si sta comodamente seduti su di una poltroncina di pelle umana.

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