Cosa lega gli scontrini di Marino alle archiviazioni di Mafia Capitale? Niente

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7 Ottobre 2016

A poche ore di distanza due distinti provvedimenti sembrano aver messo in discussione gli ultimi due anni della storia di Roma.  Da una parte ci sono le 116 archiviazioni richieste dalla procura nell’ambito del processo Mafia Capitale. Dall’altra l’assoluzione di Ignazio Marino, che questa mattina ha visto concludersi il suo calvario giudiziario, partito da una denuncia dei suoi avversari politici.

L’ex sindaco, che era rimasto al suo posto dopo l’esplosione dell’inchiesta giudiziaria nel dicembre 2014, è stato progressivamente portato alle dimissioni dal suo stesso partito, dopo un’operazione di logoramento mesi, che ha visto protagonisti Matteo Renzi e il commissario del Pd romano Matteo Orfini. Gli scontrini, infatti, furono solo la scusa perfetta per mandarlo a casa e dare vita alla campagna elettorale più strampalata di sempre, in cui l’aspirante sindaco Roberto Giachetti rivendicava a nome del Pd la chiusura della discarica di Malagrotta, la rottura con Cerroni o lo stadio della Roma. Tutte cose che Marino era riuscito a portare a termine nonostante il Pd.

Il discorso è totalmente differente per quanto riguarda i 116, tra cui il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti o il presidente del consiglio regionale Daniele Leodori, su cui i pm non non hanno trovato elementi sufficienti per sostenere l’accusa. Per i detrattori, la richiesta avanzata dalla procura, che risale alla fine di luglio, è la prova concreta che l’intera impostazione del processo, secondo cui nel comune di Roma abbia operato un’associazione a delinquere di stampo mafioso, sia già crollata. Anche se molti dei 116, per cui è stata chiesta l’archiviazione in relazione ad alcune specifiche ipotesi di reato, continuano ad essere parte integrante del processo con oltre 40 imputati che ogni giorno si celebra nell’aula bunker di Rebibbia. L’ex sindaco Alemanno, tanto per fare un esempio, per cui è stata chiesta l’archiviazione in merito al reato di associazione mafiosa, continua a sedere al banco degli imputati per le accuse di corruzione e finanziamento illecito.

Per questo è impossibile mettere sullo stesso piano questi due avvenimenti così distanti, come molti stanno facendo in queste ore, magari per affermare quanto la magistratura abbia influenzato indebitamente il futuro della città, consegnandola a Virginia Raggi e al Movimento 5 Stelle. Marino venne allontanato perché non era funzionale al capo del suo partito, non certo per i reati da cui oggi è stato assolto. Così come dell’inchiesta Mafia Capitale, nonostante le tante richieste di archiviazioni su ipotesi di reato scaturite in molti casi dalle dichiarazioni di Salvatore Buzzi, rimane ancora un’incredibile mole di capi d’accusa, ma soprattutto l’inquietante scenario emerso dal quadro investigativo, la rete di relazioni opache che hanno investito e che tuttora investono una buona parte del mondo politico e le modalità in cui i partiti nel tempo hanno esercitato il potere e gestito il consenso, attraverso promesse, posti di lavoro o appalti su misura in cambio di donazioni elettorali. E anche se non fosse mafia, c’è ben poco da festeggiare.

 

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CAT: Governo, Partiti e politici, Roma

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