Il codice (er)etico del M5S

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19 Maggio 2016

Il Codice di comportamento per i candidati e gli eletti del M5S alle elezioni amministrative di Roma fece scalpore fin da subito. In particolare destò sensazione la “penale” pari ad almeno 150 mila euro per chi dovesse violare le regole individuate dal documento.

Ieri il Codice è tornato a “fare notizia” a causa di un’intervista di Alessandro Gilioli, su L’Espresso, a Virginia Raggi, la quale, tra le altre cose, ha affermato che sarebbe pronta a dimettersi da Sindaco qualora Beppe Grillo le chiedesse il “sacrificio”.

Non so quanti si siano soffermati su quel Codice e l’abbiano letto per intero. Io l’ho fatto e trovo che valga la pena affrontare alcuni aspetti.

Partirei dalle norme relative al “Gruppo politico” (art. 2).

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I punti a) e b) violano palesemente il libero mandato degli eletti, sancito dall’art. 67 della Costituzione, nonché principio cardine della rappresentanza nella democrazia moderna. Prima Burke, poi Sieyès, già sul finire del ‘700 stabilirono il principio per cui chi è eletto “rappresenta la nazione”, nel caso del Parlamento. Rappresenta la città, nel caso di un Comune. E dunque deve avere libertà di decidere, nel corso della Consiliatura, di quale gruppo far parte, con chi allearsi e quali politiche sostenere nell’interesse dei cittadini e non solo dei suoi elettori. Blindare il gruppo significa privare gli eletti di una libertà costituzionalmente garantita e significa, inevitabilmente, anche che l’eventuale Sindaco M5S difficilmente potrà dirsi “Sindaco di tutti”, visto che il suo gruppo consiliare sarà vincolato a un mandato più di natura “privatistica” che politica. I consiglieri saranno legati ai loro elettori – non ai cittadini di Roma – come avviene per un mandato o una delega tra privati.

Il punto d), invece, è un capolavoro di fiducia nell’amministrazione di Roma Capitale oltre che di “modestia” dello “staff coordinato dai garanti” del M5S. In pratica, si afferma che tutte le decisioni-chiave e complesse saranno preventivamente sottoposte a questo misterioso staff al fine di rispettare le prassi amministrative, il principio di legalità, imparzialità e il buon andamento dell’azione amministrativa. Ciò significa che, in barba al Segretario Generale, al Ragioniere Generale, all’eventuale City manager e a circa 300 dirigenti di Roma Capitale, chi garantirà che l’amministrazione sia efficace ed efficiente saranno poche persone di fiducia di Grillo, che presumibilmente non hanno mai messo piede in Campidoglio… Curioso caso di “tuttologia” applicata.

Interessante anche l’art. 3, che verte sul programma.

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Il solito “staff” di tuttologi, infatti, darà anche indicazioni al Sindaco e alla maggioranza su come porre in essere le iniziative per realizzare il programma. Più che garanti, badanti… In teoria, per il “come”, ci sarebbero oltre 300 dirigenti pubblici appositamente reclutati per trasformare la volontà politica in atti amministrativi (e politiche pubbliche).

L’art. 4, poi, è un vero e proprio capolavoro.

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L’argomento è di quelli che “scottano”, ossia la comunicazione politica e istituzionale (si parla di “cittadini” non di aderenti al movimento). Al punto a) si afferma che lo strumento ufficiale per la divulgazione delle informazioni e la partecipazione dei cittadini è il blog di Beppe Grillo. Il che è davvero fenomenale… Dopo anni di lavoro per arrivare al “Codice dell’Amministrazione Digitale”, alle tante norme sulla trasparenza e sull’accessibilità dei siti istituzionali, ai servizi on line, ai portali degli Open Data, alla legge “150”, ecc. ecc., scopriamo che il portale di Roma Capitale non serve a niente e che è “facilmente” sostituibile dal Blog di Beppe Grillo. Che, solo incidentalmente, avrebbe un notevole incremento di traffico (e quindi di euro) dall’accentramento della comunicazione politica e istituzionale sul suo sito. A parte ciò, è semplicemente “fuori legge”, nel senso che è un obbligo di legge utilizzare invece il portale istituzionale (e tutti gli strumenti della comunicazione multi-canale di Roma Capitale) per informare i cittadini.

Significativa anche la costituzione del “Gruppo comunicazione”, anch’esso esterno all’Amministrazione, col compito di coordinare tutta la comunicazione degli organi politici, dal Sindaco in giù, compreso l’ufficio stampa del Campidoglio. Anche in questo caso, sarebbe utile capire se questo “Gruppo” sarà costituito quanto meno da professionisti che conoscono la città, per non dire l’Ente…

L’art. 5 invece verte sulla “Trasparenza”, noto cavallo di battaglia del MoVimento. Articolo dal quale emerge chiaramente il “vincolo di mandato” tra elettori ed eletti.

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Al punto a) si legge che tutti gli organi politici dovranno informare “gli iscritti” e “gli elettori” del M5S – non tutti i cittadini romani, dunque – in merito alle attività compiute mediante la pubblicazione di video sul canale YouTube del MoVimento. Stessa procedura è prevista per tutte le decisioni del Sindaco e della Giunta che prevedono impegni di spesa e incidano sulla collettività. Mi chiedo se gli estensori del documento sono a conoscenza del numero di delibere, ordinanze e determine dirigenziali emanate ogni anno da Roma Capitale. A regime, siamo nell’ordine di 20 mila atti… Prepariamoci a 100 mila video in 5 anni, circa 55 al giorno.

L’art. 7 prevede – al punto a) – un richiamo all’art. 78 del TUEL che proprio non riesco a comprendere nel senso che i “soggetti contemplati” da quell’articolo sono tutti gli amministratori locali. E poi c’è un curioso riferimento ai “conviventi” di quei soggetti. Solo ai conviventi… i parenti, gli affini e i congiunti vanno bene (Gulp!).

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Al punto b) invece si ripropone il solito filtro dei “tuttologi” dello staff, che opera anche sulle nomine dei collaboratori degli organi politici, fungendo quindi anche da “cacciatori di teste”.

L’art. 9 è quello chiamato in causa dall’intervista a Virginia Raggi su L’Espresso, nonché quello che prevede la sanzione di “almeno 150 mila euro” a chi viola il Codice.

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Al punto a) si sostiene che il Sindaco deve dimettersi qualora sia indagato e “i garanti del MoVimento” (oggi il solo Beppe Grillo) decidano per le dimissioni. Il Sindaco, eletto direttamente dai cittadini, non sfiduciato in Assemblea Capitolina, non risponde ai cittadini, né ai loro rappresentanti e viene di fatto “licenziato” dal proprietario del Blog (sede legale del MoVimento), del simbolo e del nome del partito. Più che un nostro rappresentante, un dipendente di Beppe Grillo, senza le tutele dello Statuto dei Lavoratori.

A chiudere questa riflessione, un passaggio apparentemente poco rilevante, ma che fa capire un po’ di cose sulla qualità del documento e forse anche sulle competenze del misterioso staff.

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Chiedo ai lettori: a vostro avviso, un agente dei servizi segreti o un componente di un’organizzazione malavitosa si preoccuperebbe della dichiarazione mendace al MoVimento?

Già me lo vedo l’agente che dichiara: “Ha ragione signor Grillo, sono infiltrato in una cellula dormiente dell’Isis da 2 anni, ma sono pronto a rivelarlo e a far saltare l’operazione per tutelare il MoVimento”…

Considerando quanto abbiamo visto fin qui, il candidato Sindaco di Roma con più probabilità di successo ha sottoscritto e condivide un codice di comportamento che prevede violazioni di norme costituzionali, aggiramento di leggi ordinarie e delega funzioni-chiave dell’amministrazione a un misterioso staff esterno di cui nessuno sa nulla, a cominciare dalle competenze.

Il partito della democrazia diretta finisce per andare oltre la democrazia delegata: votiamo per qualcuno, ma decide qualcun altro.

 

 

 

TAG: codice etico, Gilioli, Grillo, L'Espresso, movimento 5 stelle, raggi, Roma, Roma capitale, sindaco
CAT: Partiti e politici, Roma

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