sheldon cooper

Filosofia

Sheldon Cooper e la Palestina

13 Maggio 2025
Sheldon Cooper, il famoso protagonista della serie TV “The Big Bang Theory”, è una persona scrupolosamente organizzata. Tutti i momenti della sua giornata seguono uno schema perfettamente razionale.
Eppure, visto da fuori, è completamente pazzo.
Sheldon è come l’Occidente. Un enorme marchingegno razionalmente progettato, i cui esiti e le cui azioni nel mondo appaiono come del tutto irrazionali. Questa fu la spietata analisi della “razionalità economica borghese” che Horkheimer e Adorno chiamarono “Dialettica dell’Illuminismo”.
Per capire meglio, prendiamo l’esempio sommo: Auschwitz. Che cos’è Auschwitz? Un campo di prigionia? Di concentramento? Di sterminio? Auschwitz è tutte queste cose, ma è innanzitutto un’altra cosa: Auschwitz è un’industria.
Un’industria spinta ai massimi livelli raggiungibili di produttività, dove il costo del lavoro è azzerato e l’efficienza della produzione è massimizzata.
Al giungere della forza lavoro, gli inadatti vengono immediatamente soppressi, mentre chi può lavorare è costretto a immolare quel che resta della sua vita alle esigenze della produzione, ininterrottamente, tenuto scientificamente in vita quel tanto che basta per essere utilizzabile, ma in modo da garantire un deperimento continuo e irreversibile che infine lo conduce alla morte.
Questo perché l’operaio di questa macabra industria non deve poter “accasarsi”, per quanto si parli di condizioni di vita animalesche, ma deve essere continuamente sostituito e sostituibile. Quando non è più in grado di lavorare, viene soppresso e sostituito con nuova carne da macello. Coloro che vengono soppressi, alla fine del ciclo di produzione o all’inizio (quando si scende dal treno), diventano materiale biologico da cui ricavare valore aggiunto, che altri schiavi agonizzanti trasformano in prodotti finali cosmetici o di vario uso quotidiano.
Una catena di montaggio minuziosamente ottimizzata, un riciclo infinito di cadaveri che producono cadaveri. Qui non ci sono tasse, vincoli legali, interventi statali, ostacoli sindacali; qui non ci sono nemmeno vincoli e ostacoli morali e sociali. Qui il Prometeo della produzione è del tutto liberato. In questo senso, Auschwitz è un’utopia capitalistica realizzata. Zygmunt Bauman giunse a conclusioni simili nel suo “Modernità e Olocausto”.
Non ci si lasci ingannare dal fatto che ogni campo di prigionia, in fondo, è un sistema schiavistico, e che ogni intento genocidario richiede pianificazione. Auschwitz rimane un microcosmo peculiare di cristallina simmetria, un sistema elegante e matematico, una pietra miliare nella storia dello sterminio e della logica.
È insufficiente e consolatorio, quindi, credere che Auschwitz sia un fenomeno “nazista”, o perlomeno “tedesco”, o anche “europeo”. Gunther Anders estese lo stesso discorso a Hiroshima e Nagasaki. È insufficiente anche credere che Auschwitz sia un fenomeno “capitalistico”.
Piuttosto, è un fenomeno occidentale.
Gli stessi francofortesi, nel loro libro, nel cercare le cause prime procedono a ritroso dall’Illuminismo fino alla dialettica originaria tra logo e mito, a fondamento della civiltà occidentale. Alle origini della téchne.
Perché ad Auschwitz ritroviamo, tutta concentrata in un preciso punto della geografia e della storia, quella follia contraddittoria della razionalità tecnica che per divulgazione abbiamo racchiuso nel povero Sheldon Cooper: l’irrazionalità del tedesco che, con i russi alle porte, invece di scappare insiste fino all’ultimo secondo utile nel suo delirio omicida di programmazione razionale, puntigliosa fino al dettaglio. A costo della sua stessa capitolazione.
Questo non vuol dire che l’Occidente è necessariamente Auschwitz, ma vuol dire che Auschwitz è necessariamente Occidente. Anche altri popoli hanno compiuto sterminii e genocidi, ma solo noi ne abbiamo fatto una Scienza Esatta.
Questa interpretazione ormai classica dello sterminio nazista, che per certi versi può essere considerata discutibile, può però aiutarci a capire quanto sta succedendo oggi.
Dobbiamo renderci conto che la macchina sociale che alimentiamo ogni giorno e che ogni giorno ci alimenta, questo involucro automatizzato in cui siamo immersi con parti ormai troppo profonde di noi stessi, e che comprende anche le navi israeliane che nel Mar Rosso ci aiutano a difendere i prezzi delle nostre economie, ebbene quella fabbrica è lo stesso metallico meccanismo che nelle sue voci di bilancio prevede, secondo un calcolo razionale di costi e benefici, lo sterminio programmatico del popolo palestinese.
Le nostre vite continuano a svolgersi nella serena coerenza sistemica della cameretta di Sheldon Cooper, ma guardandoci da fuori il resto del mondo vede solo pazzi criminali, un baraccone chiassoso e illogico, uno schiacciasassi ciclopico, una follia organizzata e imprevedibile che sfugge a qualsiasi controllo e che potrebbe da un momento all’altro ricominciare ad incendiare il mondo.
[puoi seguirmi qui]
Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi collaborare ?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.