Astensionismo e civismo all’appuntamento elettorale

1 Luglio 2022

In questo momento di elaborazione dei risultati elettorali, al di la da bilanci e delle  interpretazioni,  si apre una nuova fase della politica italiana, con tante incognite. Nelle incertezze, sappiamo che il futuro prossimo sarà contraddistinto da due fenomeni fondamentali: la crescita dell’astensionismo e l’affermarsi del civismo, come nuova istanza sociale, per così dire, dal basso.

Entrambi i fenomeni, destinati a condizionare il processo al voto e il suo esito, condividono un’indefinitezza formale che li rende contenitori aperti a cogliere tendenze emergenti. Riponendo, come sempre accade in questi casi, la necessità di interrogarsi sulla società. Necessità ribadita dalle fosche tinte che si intravedono in autunno, con una precarietà del sistema economico che porta a invocare una svolta sociale, per parare i colpi delle difficoltà in arrivo.

Può essere un buon metodo partire proprio da questi fenomeni visibilmente in atto, per comprenderne la trama sottesa. Attraverso gli strumenti di profilazione socioculturale possiamo analizzare il sostrato delle scelte dei cittadini nei confronti degli appuntamenti elettorali. L’astensionismo può e dovrà sempre più essere letto non solo in negativo ma anche in positivo, come allontanamento dai partiti ma non necessariamente dalla politica e soprattutto non dai valori e dal ruolo dei cittadini nella società.

Il posizionamento del non voto, ancor più dell’indecisione, rivela in realtà una precisa matrice socioculturale a sud est della mappa Atlas, dove risiedono tendenze di lungo periodo nella società italiana. A cavallo tra apertura e chiusura, l’astensionismo si colloca decisamente nel versante sociale, facendosi portatore di bisogni di relazione, etica e radicamento. Un quadro molto lontano dal disimpegno e dall’indifferenza ma al contrario espressione di progettualità nel territorio e nelle comunità-

Ed è proprio rispetto a questi bisogni oggi non pienamente rappresentati dalle forze politiche in campo che si colloca il civismo, fenomeno altrettanto sfuggente in sé ma strettamente imparentato all’astensionismo. Movimento post ideologico, pragmatico di protesta ma produttivo e fattivo. Una stessa area, astenisionismo e civismo, dominata da aspettative insoddisfatte dall’alto ma messe in campo dal basso, con una concreta disponibilità a collaborare la dove alle proposte parlate si sostituiscano prospettive e traguardi da raggiungere.

Un mondo fatto di piccoli passi e sensibilità sociale a partire dalla famiglia, i quartieri, i territori geografici ma anche culturali, basati sull’affinità valoriale. Un comun denominatore fatto  di rispetto degli altri e delle regole della collettività. Difficile costruirne un ritratto più preciso, ma queste caratteristiche sembrerebbero non così distanti da un ingaggio politico fondato di pochi e chiari valori indiscutibili. Il valore della persona, l’onestà verso il prossimo, la coerenza. Cose semplici ma proprio perché semplici, difficili da realizzare.

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CAT: Partiti e politici

Un commento

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  1. aldo-ferrara 2 anni fa

    Ottima interpretazione dei dati elettorali recenti. L’articolo punta su un convitato di pietra di cui nessuno ha ancora la forza pragmatica, politica e concettuale per intervenire. È il modello politico più semplice che parte da una lista civica, concepito e formato da un raggruppamento spontaneo di cittadini, comitati di quartiere o associazioni su base localistica. Trova spunti per un’aggregazione politica, talora transitoria, talora permanente. Il Governo Civico nasce dalla crisi dei partiti di massa o dalla loro dissoluzione, dalla transitorietà delle Liste Monocromatiche o Monotematiche, Serve un ragionamento atipico, e forse visionario, come quello del localismo globale, g-local individuato da Piero Bassetti che possa servire come trigger per uscire da una impasse che ci sta rendendo asfittici nella proposizione politica, nella ricerca di nuove fonti economiche di sussistenza e nuovi trend del futuro in cui ormai anche la smart city, lo smart country sembrano categorie superate. Abbiamo il coraggio di aprire un nuovo sviluppo sull’Europa, sul Continente Euro-asiatico fuori dagli schemi?
    Personalmente ho ipotizzato e poi strutturato il concetto di sintesi e sinergia tra modello g-local alla Bassetti e sviluppo del Federalismo Europeo secondo il manifesto di Spinelli ma tessuto su base federativa Regionale, alla maniera dei Lander. Per semplificare ( poi lo si leggerà nel volume ” NEXT UE” in press) dall’Europa a 27 Stati ( ingessati, confusi, contradditori) all’Europa a 40 velocità regionali in cui si valorizza anche la tensione indipendentista di numerose Aree Regionali Europee ( Scozia, Irlanda, Cataluna, Sardegna, etc). Semplifica uno slogan “dall’indipendenza all’interdipendenza”, questa di natura economica che dovrebbe strutturate l’economia di Regioni affini per risorse e mercati. Teoria affatto “visionaria” ma degna di suscitare almeno un dibattito.

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