Milano

L’anno che verrà: quattro buone ragioni per fare le primarie del centrosinistra

La discesa in campo di Anna Scavuzzo è un’ulteriore spinta in questa direzione: le figure politiche pronte a sostituire Beppe Sala non mancano, ma per mobilitare di nuovo i milanesi bisogna lasciar scegliere a loro, dopo un serio confronto sui temi concreti

22 Dicembre 2025

L’ufficializzazione della candidatura di Anna Scavuzzo alla successione di Beppe Sala va accolta come una buona notizia. Oltre alle indiscusse qualità della persona e a quelle dimostrate come amministratrice in frangenti difficili, è un ulteriore passo verso le primarie, soluzione che peraltro ha proprio nella Vicesindaca una delle più convinte sostenitrici.

Benché la sua disponibilità fosse già ben nota agli addetti ai lavori, tale conferma sottolinea una domanda non eludibile: è possibile scegliere il nuovo candidato Sindaco senza tener conto di chi per un decennio ha svolto il ruolo di numero 2 in Giunta? Ovviamente no, soprattutto se la persona in questione è espressione del partito di maggioranza nemmeno troppo relativa. E il Pd come potrebbe giustificare l’incapacità di produrre una figura all’altezza del ruolo, dopo la bellezza di tre mandati alla guida della città? Il ricorso a una personalità civica, che pure avrebbe il suo fascino e il suo perché, suonerebbe come un’implicita sconfessione della nuova classe dirigente, costretta a rivolgersi al Papa straniero per supplire alle proprie funzioni.

Questo non significa certo che i civici vadano esclusi ex abrupto dalla corsa – il loro coinvolgimento può essere determinante – ma che anche loro debbano adeguarsi a una modalità che caratterizza il centrosinistra, che ha permesso questo inedito trittico di vittorie e alla quale anche Sala, alla fine, ha aderito. Intendiamoci, le primarie non sono un dogma: qualora vi fosse una reale convergenza su una figura (politica o civica), nulla vieterebbe di designarla per acclamazione. Il quadro odierno, tuttavia, è caratterizzato dalla presenza di più candidati, tutti credibili e nessuno nettamente favorito nei sondaggi. È un segno di vitalità, soprattutto se raffrontato alle difficoltà del centrodestra.

Rispetto alla rosa dei papabili, ciascuno ha le proprie preferenze e un eventuale accordo a tavolino rischierebbe di demotivare chi dovesse trovare il designato troppo lontano dalle posizioni proprie o del proprio partito di riferimento. Le primarie servono anche per scongiurare il rischio di astensionismo che inevitabilmente sarebbe molto alto in uno scenario di questo tipo. Da questo punto di vista, non aiutano nemmeno i sondaggi che indicano il centrosinistra ancora vincente con qualsiasi candidato: la percezione di un esito scontato demotiverebbe quegli elettori magari non particolarmente entusiasti del prescelto, ma decisi a non concedere la città allo schieramento avverso. Tale meccanismo è ancora più pericoloso considerando che a sinistra del Pd vi è da sempre uno schieramento di irriducibili, il quale potrebbe ingrossarsi grazie a chi contesta le scelte su San Siro e in generale sull’urbanistica.

Un’ulteriore motivazione è data dall’impellente necessità di un serio confronto sui temi concreti della città, dopo tre lustri dalle “officine” con le quali Pisapia conquistò la città, mobilitandone le forze sopite. A chi non fa parte dell’inner circle, interessa relativamente il dibattito su chi aspira a candidarsi a Palazzo Marino, mentre si guarda con apprensione alle ricette proposte per risolvere i problemi della città. Le primarie, in quanto confronto tra compagni di coalizione, possono essere l’occasione giusta per evitare dibattiti ideologici e discutere concretamente della vita quotidiana: dica il candidato cosa intende fare per intervenire sul caro-vita, sulle piscine chiuse, sulla sicurezza e così via.

Se si condividono queste quattro ragioni per procedere, bisogna necessariamente ragionare anche sulla tempistica. Decidere in fretta sarebbe interesse di tutti, non solo del livello locale (per evitare che il centrodestra esca dalla sua impasse), ma anche di quello nazionale. Nel 2027 sono in programma “anche” le politiche, nelle quali Elly Schlein ambisce a contendere Palazzo Chigi a Giorgia Meloni, e probabilmente le regionali anticipate: individuare rapidamente il candidato per Milano, dove invece si parte in pole, sarebbe necessario per non ingarbugliare la matassa, sovrapponendo discussioni potenzialmente dirompenti. Non mi stupirebbe se dal Nazareno arrivasse l’input di chiudere la questione entro il 2026, partendo subito dopo le Olimpiadi invernali, per poi andare al voto tra primavera e l’autunno. La discesa di campo di Anna Scavuzzo, quindi, è molto opportuna e per nulla prematura. Anzi, agende alle mano, c’è da tirarsi su le maniche e cominciare.

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