Giustizia
Emanuela: zio Mario sotto la lente d’ingrandimento
Mistero Orlandi. Il TG1 delle 20 di venerdì 5 dicembre ha reso conto della “pista zio Mario Meneguzzi”, perseguita in silenzio negli ultimi anni dai magistrati romani e resa clamorosamente nota da Massimo Giletti nella puntata di lunedì 1° dicembre del suo programma Lo stato delle cose[1]. Il TG1 ha ricordato che tale indagine nasce dalla forte somiglianza del viso di Mario Meneguzzi con l’identikit tracciato a suo tempo dal vigile urbano Alfredo Sambuco di un uomo che a suo dire il 22 giugno ’83, poco prima della scomparsa di Emanuela, parlava con lei di fronte al senato. Vale a dire, a pochi metri dalla scuola di musica Ludovico da Victoria frequentata da Emanuela. Forte somiglianza messa in risalto da me prima con un articolo[2] e poi con un altro[3] e rilanciata con fragore nel luglio 2023 sia dal TG1, che mi intervistò apposta[4], sia dal TG7 di Enrico Mentana quando venne fuori la storia delle “attenzioni morbose” nel ’78 di zio Mario, sposato e con tre figli, alla giovanissima nipote Natalina, sorella maggiore di Emanuela.
Questa volta però il TG1 ha evitato di ricordare il ruolo mio e del giornale blitzquotidiano.it nella nascita di tale pista. Nulla di male: può succedere.
En passant: di recente a Verissimo, programma di Canale 5 condotto da Silvia Toffanin, Pietro Orlandi ha detto che Mentana si è poi scusato con lui perché s’è reso conto di “essere stato usato”, ovviamente “per coprire le responsabilità del Vaticano”. Ho interpellato Mentana, che mi ha escluso di avere chiesto scusa. Nella stessa puntata Pietro Orlandi ha detto che:
– il corteggiamento di Natalina da parte di suo zio Mario Meneguzzi “è durato un giorno”, mentre invece la stessa Natalina in conferenza stampa[5] dell’11 luglio 2023 ha affermato che è durato di più.
– L’ex confessore e consigliere spirituale al quale a suo tempo Natalina ha confidato le avance dello zio – dicendosene “terrorizzata” – un giorno “è andato da Casaroli” a riferire ciò che lei gli aveva confidato. L’ex confessore e consigliere spirituale – monsignor José Luis Serna Alzate – non è affatto “andato” da Casaroli: ormai vescovo nella natia Colombia, è stato consultato via telex utilizzando un doppio cifrario segreto e ha risposto dalla Colombia utilizzando lo stesso doppio cifrario segreto.
L’imprecisione un po’ goliardica e dal sapore menefreghista di Pietro Orlandi lascia stupiti. Ma il problema è che ormai può dire quello che più gli pare perché nessuno osa contraddirlo, anche per la superficialità, la memoria corta, l’estrema ignoranza dei fatti e il sensazionalismo che hanno sempre accompagnato la più che quarantennale vicenda Orlandi fin dal suo inizio.
Errori dello zio Meneguzzi con i giornali e il suo varo della pista del rapimento

1) – Facciamo notare subito che nel lancio che il 24 giugno Meneguzzi fa fare all’agenzia di stampa ANSA c’è scritto che Emanuela era uscita dal conservatorio di S. Cecilia, che in realtà dista due chilometri dalla scuola di musica Ludovico da Victoria frequentata da Emanuela e da dove era uscita il tardo pomeriggio del 22 giugno 1983. Perciò nessuno può averla vista dalle parti del S. Cecilia e anche se qualcuno l’ha vista dalle parti del Da Victoria non si rende conto che è lei perché non è vicina al S. Cecilia. Ma, come vedremo tra poco, ci sono altri errori in quattro giornali.
2) – Natalina Orlandi sporge denuncia di scomparsa alle 7,30 della mattina del 23, mentre Mario Meneguzzi nel pomeriggio porta il testo di un appello nelle redazioni dei giornali Paese Sera, Il Messaggero, L’Unità e il Tempo. L’appello esce il 24 su Il tempo e il 25 sugli altri due giornali. Ecco i risultati delle visite di Meneguzzi nelle varie redazioni:
ANSA[6] del 24 giugno, a due giorni dalla scomparsa:
U ALR 02 16 QBXB
SCOMPARSA RAGAZZA CITTADINA VATICANA
VIVA APPRENSIONE HA DESTATO IN VATICANO LA SCOMPARSA DI UNA RAGAZZA DI 15 ANNI, EMANUELA ORLANDI, FIGLIA DI UN MESSO DELLA PREFETTURA DELLA CASA PONTIFICIA, DELLA QUALE NON SI HANNO PIU’ NOTIZIE DA DUE GIORNI. LA GIOVANE È CITTADINA DEL VATICANO DOVE E’ NATA E DOVE ABITA CON LA FAMIGLIA COMPOSTA DAI GENITORI E CINQUE
FIGLI. ALLE 18,45 DI MERCOLEDÌ SCORSO È STATA VISTA USCIRE DAL CONSERVATORIO DI SANTA CECILIA DOVE STUDIA FLAUTO E CANTO CORALE INSIEME CON DUE COMPAGNE CON LE QUALI HA POI PERCORSO INSIEME UN TRATTO DI STRADA PER PRENDERE L ‘AUTOBUS. LE DUE AMICHE SONO QUINDI SALITE SU UN MEZZO PUBBLICO MENTRE LEI, CHE ABITA IN UNA ZONA DIVERSA, E’ RIMASTA ALLA FERMATA IN ATTESA. VISTO CHE L’AUTOBUS RITARDAVA LA RAGAZZA HA TELEFONATO A CASA AVVERTENDO DEL RITARDO UNA SUA SORELLA MAGGIORE. MA DA QUEL MOMENTO NESSUNO L’HA PIU’ VISTA. I FAMILIARI E I COLLEGHI DEL PADRE, CHE TEMONO UN RAPIMENTO, ERANO MOLTO RESTII A RIVOLGERSI ALLA STAMPA, MA HANNO ROTTO OGNI INDUGIO PER L’ ANGOSCIOSO TRASCORRERE DELLE ORE. EMANUELA ORLANDI, CHE FREQUENTA IL LICEO SCIENTIFICO AL ‘CONVITTO VITTORIO EMANUELE’ (E’ STATA PROMOSSA AL TERZO ANNO) AL MOMENTO DELLA SCOMPARSA INDOSSAVA UN COMPLETO ”JEANS” CON MAGLIETTA BIANCA A MANICHE CORTE. LA GIOVANE E’ ALTA UN METRO E 60 E HA I CAPELLI NERI MOLTO LUNGHI. L’ISPETTORATO DI POLIZIA PRESSO IL VATICANO, AL QUALE È STATO DENUNCIATO IL FATTO, STA SVOLGENDO INDAGINI.
BH/MIL
24-GIU-83 16:21 NNNN
Le descrizioni di Emanuela, la data e il luogo della scomparsa variano:
– ANSA, Il Tempo del 24 giugno e L’Unità del 25 dicono che Emanuela indossava “un completo jeans”.
– ANSA parla di “capelli neri molto lunghi”.
– Il Tempo dice che “è stata vista l’ultima volta martedì pomeriggio”, cioè il 21 giugno, mentre invece è scomparsa il giorno dopo, 22 giugno, nel tardo pomeriggio.
– ANSA e L’Unità del 25 scrivono che indossava una maglietta bianca a maniche corte, mentre invece Natalina nella sua denuncia ha messo a verbale che indossava una camicetta bianca a maniche corte.
– L’Unità del 25 parla di “capelli neri”, senza dire che sono lunghi.
– Il Messaggero del 25 scrive che Emanuela indossava i jeans “con le bretelle”, una camicetta bianca a maniche corte, ha capelli castano-scuri lunghi ed “è stata vista l’ultima volta da due compagne di scuola in corso del Rinascimento, di fronte al Senato”.
– L’ANSA e L’Unità del 25 dicono che era uscita dal conservatorio di S. Cecilia, cosa totalmente falsa.

Alle 7:50 del giorno immediatamente successivo alla scomparsa di sua sorella, Natalina Orlandi va a sporgere denuncia nell’ufficio dell’Ispettorato Generale di Pubblica sicurezza presso il Vaticano. Il verbale della denuncia si chiude con la seguente descrizione: “Mia sorella Emanuela corrisponde ai seguenti connotati: alta 165 cm circa, corporatura snella, viso regolare, capelli lunghi, lisci e castano scuri, occhi marroni e indossava pantaloni blue jeans con camicetta bianca”.
Come si vede, Natalina non parla né di bretelle né di completo jeans né di maglietta né di capelli molto lunghi neri.
Negli annunci dei giornali si legge che Emanuela aveva le bretelle, cosa che non figura invece nel comunicato ANSA: e già questo è un elemento che crea confusione. Confusione che però aumenta perché Natalina nella denuncia di scomparsa, oltre a non parlare di bretelle ha detto che Emanuela aveva i jeans, ma non un completo jeans, e indossava una camicetta bianca a maniche corte, non una maglietta bianca a maniche corte, aveva inoltre capelli lunghi e castano scuri, non capelli neri molto lunghi. Le seguenti considerazioni sono perciò inevitabili:
– se Emanuela aveva davvero le bretelle, la maglietta e il completo jeans, come faceva lo zio a saperlo?
– se invece non aveva nulla di tutto ciò, quelle di suo zio sono tutte segnalazioni fuorvianti. A voler essere pignoli, anche i capelli neri molto lunghi. Chi eventualmente ha visto Emanuela è indotto a pensare che non sia lei perché ha visto una ragazza senza le bretelle, con la camicetta invece della maglietta, con pantaloni jeans ma non con completo jeans, con capelli lunghi, ma non molto lunghi e di colore marrone scuro, ma non neri.
3) – L’appello dei giornali afferma che Emanuela “ha una borsa di cuoio e un astuccio nero rettangolare dove tiene un flauto”. La borsa di cuoio si presume sia portata, come tutte le borse, impugnandone il manico e l’astuccio col flauto si presume fosse dentro la borsa. Amici di Pietro Orlandi sostengono invece di avere saputo da lui che Emanuela aveva “una tracolla del tipo Tolfa”. Da notare che il poliziotto Bruno Bosco afferma di avere visto una ragazza che poteva essere Emanuela parlare con un uomo che a un certo punto ha poggiato sul cofano di un’auto “un tascapane di tipo militare” per aprirlo e mostrare alla ragazza quelli che parevano campioncini forse di cosmetici. Vista dalla distanza di circa 20 metri da dove si trovava Bosco, una tracolla tipo Tolfa può somigliare a un “tascapane di tipo militare” più di una borsa di cuoio. Peraltro nel corso di pochi anni il “tascapane di tipo militare” negli atti giudiziari diventa misteriosamente “una valigetta 24 ore”.
4) – Nel lancio Ansa si legge che “i familiari e i colleghi del padre” temevano un rapimento. Rendere pubblico un tale timore serve forse per avere segnalazioni da chi avesse visto Emanuela? Evidentemente no. Serve forse alle indagini? Evidentemente no, se non ci sono elementi riguardanti i rapitori. Può invece servire, purtroppo, come in effetti è servito, a far venire l’idea a qualche sciacallo o mitomane di inserirsi con finzioni varie, con telefonate e/o “comunicati”. Finzioni varie, ma tutte sempre senza mai esibire una prova certa di avere in mano Emanuela: particolare, questo, che conferma la natura sciacallesca e mitomaniacale di chi si diverte a dare strazio agli Orlandi giocando al rapitore o ai rapitori.

Parlare di timori di rapimento serve inoltre a sostenere che in Vaticano si temevano rapimenti per scambiare il rapito con la scarcerazione di Alì Mehmet Agca, il fanatico turco condannato all’ergastolo perché nell’81 aveva tentato di uccidere Papa Wojtyla durante un bagno di folla in piazza S. Pietro. E in effetti poi fino al 2000, cioè fino a quando in occasione del Grande Giubileo Agca è stato estradato in Turchia, questo tipo di rapimento è stato la pista dominante, il mainstream della narrazione. Ma l’esistenza in Vaticano di un tale timore non può essere vera perché altrimenti non si spiega come mai Pietro Orlandi rifiuti la richiesta di Emanuela di portarlo in moto alla scuola di musica e si sia dimenticato di andarla a prendere. Immediatamente dopo il verbale della sorella Maria Cristina interrogata dai magistrati Pietro verbalizza che ricordava che avrebbe dovuto andare a prenderla. Però NON ci è andato. Strana dimenticanza in presenza di un asserito timore di rapimenti.
Inoltre Emanuela ha continuato ad andare e venire da sola anche dal liceo scientifico come del resto gli altri ragazzi che andavano anche loro a scuola fuori dal Vaticano. Dobbiamo inoltre ricordare che quel 22 giugno i ragazzini suoi amici vanno ad aspettarla a fine lezioni di musica dalle parti di Castel Santangelo senza la protezione di adulti. Altra PROVA che nessuno in Vaticano temeva rapimenti.
5) – A smentire che avesse timore di rapimenti è lo stesso Ercole Orlandi, padre di Emanuela. La smentita di Ercole è contenuta nell’articolo di Stampa Sera del 29 maggio 1985 intitolato “La madre di Emanuela Orlandi “Spero che Agca dica il vero”[7] e che ha per occhiello “Il terrorista ha affermato che la ragazza è viva”. Quella di Ercole è una smentita netta:
“Non ci saremmo mai aspettati che Emanuela finisse in un complotto internazionale. La nostra vita si è svolta sempre qui, in Vaticano. Mai avevamo avuto paura che i nostri figli potessero essere sequestrati perché soldi non ne abbiamo. Ne avevamo parlato proprio un mese prima del rapimento di Emanuela, quando si seppe della scomparsa di Mirella Gregori”.
6) – La foto scelta per il grande manifesto, stampato nella tipografia La Piramide di un fratello di zio Mario, è una foto che a tutto serve fuorché a individuare Emanuela. Intanto perché Emanuela quel giorno non portava la fascetta sulla fronte. E poi perché l’ampio sorriso dà una immagine del viso diversa da quella normale. Difficile che Emanuela andasse in giro sempre ridendo o sorridendo. Senza contare che, a detta di molti, quella foto comunque non somiglia alle altre foto in circolazione di Emanuela.
L’alibi dello zio Mario Meneguzzi

7) – Tra le ore 21:30-22 di quel 22 giugno, quando Ercole Orlandi telefona a casa di Mario Meneguzzi di Roma – al chilometro 13 della via Aurelia, nei pressi del vivaio Ceccarelli – dove risponde il figlio Pietro Meneguzzi, e le ore 24, quando Ercole trova al telefono Mario Meneguzzi a casa a Torano, paesino del comune di Borgorose – per l’esattezza nella frazione di Spedino, in via Piè di Trio, telefono 35056 – c’è un buco di due ore/due ore e mezzo. È difficile che Ercole non abbia cercato al telefono il cognato Mario anche prima di mezzanotte. E sarebbe strano che non lo avesse cercato neppure Pietro Meneguzzi, che per telefonare a suo padre non aveva neppure bisogno di uscire di casa per cercare un bar o una cabina telefonica.
Elettra Orlandi, figlia di Pietro, dopo le rivelazioni riguardanti le “attenzioni morbose”[8] di zio Mario, ha sostenuto che Torano dista da Roma ben 200 chilometri e quindi è impossibile che Mario Meneguzzi possa essere andato a Roma a prendere Emanuela e poi tornare per cena a casa a Spedino. Tra Roma e Torano però i chilometri non sono 200, ma poco meno della metà. Inoltre che lo zio fosse a cena non è certo in modo assoluto. Intanto perché Ercole lo ha trovato al telefono verso mezzanotte. E poi perché le testimonianze degli asseriti commensali e dello stesso Mario Meneguzzi non sono credibili per il semplice motivo che loro sostengono che a cena a Spedino ci fosse anche zia Anna Orlandi, sorella di Ercole, mentre Pietro Orlandi nel suo libro del 2012 – scritto con il giornalista Fabrizio Peronaci e intitolato “Mia sorella Emanuela – Voglio tutta la verità” – ha scritto che la zia Anna era invece in Vaticano a preparare la pizza con mamma Maria: cioè nella casa dove Anna abitava con la famiglia di Ercole. Versione ribadita da Peronaci, senza che nessuno lo smentisse, in un suo articolo[9] del 21 aprile 2023 intitolato “Aspetto a morire per sapere dov’è”.
Intanto ci si pone una prima domanda: perché Ercole per cercare Emanuela telefona a suo cognato Mario per chiedergli se ne ha notizie? E perché non le chiede a Pietro Meneguzzi, che gli ha risposto al telefono e ha detto che suo padre “è in montagna”, cioè a Torano, in realtà a Spedino?
Se fosse vero che, come sostengono oggi i Meneguzzi e lo stesso Pietro Orlandi, zia Anna Orlandi stava a Torano, perché Ercole cerca suo cognato Mario a casa sua a Roma anziché direttamente “in montagna”? È ovvio che se Anna, abitante in Vaticano in casa degli Orlandi, fosse andata a Torano con Mario Meneguzzi, come questi sostiene, suo fratello Ercole doveva saperlo. Quindi non avrebbe cercato il cognato Mario a casa sua a Roma, ma gli avrebbe telefonato direttamente a Torano. Mario Meneguzzi nell’ottobre ’85 ha sostenuto col magistrato Ilario Martella di esserci andato con la moglie Lucia Orlandi, anche lei sorella di Ercole, la figlia Monica e la zia Anna, il giorno prima della scomparsa di Emanuela. Di recente i Meneguzzi hanno sostenuto che sono state tutte interrogate e che hanno confermato l’alibi. Agli atti NON risultano verbali di testimonianze né di Lucia Orlandi né di Monica e Giorgio Meneguzzi. Ci sono due verbali di Anna Orlandi, che però parla di tutt’altro: la vicenda di un uomo che l’aveva frequentata dandole un nome falso e l’asserito pedinamento delle figlie di Angelo Gugel, aiutante di camera di Papa Wojtyla. C’è un verbale di Pietro Meneguzzi, ma parla di tutt’altro.
Ammettiamo ora che zia Anna fosse davvero a Torano. Se ne deve dedurre che Pietro Orlandi nel libro del 2012 ha sbagliato a dire che era in casa in Vaticano e che ha sbagliato anche Peronaci nel ribadirlo il 21 aprile 2023 senza che Pietro lo abbia smentito. Se ne deve dedurre che Pietro quando fa dichiarazioni sull’intera vicenda è comunque non credibile. Cosa che del resto è dimostrata da varie sue affermazioni fatte soprattutto in televisione, compresa l’ultima a Verissimo sulle scuse di Mentana.
L’attendibilità di questi testimoni non è eccelsa anche perché per esempio Pietro Meneguzzi a proposito delle avance di suo padre nei confronti della nipote Natalina la accusa di dire una bugia, una menzogna[10].
Mario Meneguzzi pedinato e con telefoni intercettati per due anni consecutivi

Tutto ciò spiega due cose.
8) – Spiega perché Domenico Sica dopo avere saputo delle avance di Mario Meneguzzi nei confronti della nipote Natalina Orlandi[11] abbia ordinato il suo pedinamento non solo per vedere se venisse eventualmente contattato dai “rapitori”. Come è noto, Meneguzzi a S. Marinella, dove aveva casa al mare, si accorse di essere pedinato da due uomini in auto, ma anziché chiedere loro se fossero emissari dei rapitori o rivolgersi comunque alla magistratura si rivolse a un giovane poliziotto appena entrato a far parte dei servizi segreti civili, Giulio Gangi. Amico di famiglia e innamoratissimo di Monica Meneguzzi, figlia di Mario, Gangi fece l’errore madornale di avvisare[12] Mario che la targa dell’auto dei due uomini che lo seguivano era “coperta”, cioè in uso a polizia o carabinieri o servizi segreti. E in questo modo mandò all’aria ogni seria possibilità di ulteriori indagini anche a Torano. Meneguzzi, infatti, deve aver pensato di essere pedinato anche lì oltre che probabilmente anche a Roma e di avere i telefoni delle varie case sotto controllo.
9) – Spiega anche perché, cosa fino ad oggi ignota, i telefoni delle varie case di Mario Meneguzzi tra una proroga e l’altra sono stati intercettati per due anni di fila. I brogliacci di queste intercettazioni sono finiti nel cosiddetto stralcio Bonarelli assieme al verbale dell’interrogatorio di Mario Meneguzzi fatto dal magistrato Ilario Martella il 31 ottobre 1985. Si tratta del verbale nel quale sostiene di essere andato a Torano con la moglie Lucia Orlandi, anche lei sorella di Ercole, la figlia Monica e la zia Anna, il giorno prima della scomparsa di Emanuela.
Stralcio Bonarelli: di che si tratta? Andiamo per ordine.
Dalla iniziale competenza del magistrato Margherita Gerunda, dopo poche settimane l’inchiesta passò al suo collega Domenico Sica, che la proseguì con il rito sommario fino al 1985, anno in cui, con decreto del 27 marzo, la Procura generale di Roma la avocò imponendo la formale istruzione. Il rito formale comportò la competenza di un nuovo pubblico ministero, Antonio Albano, e del giudice istruttore Ilario Martella, fino al 1990. Dopodiché subentrarono, fino al 1997, il sostituto procuratore generale Giovanni Malerba e il giudice istruttore Adele Rando, che operò lo stralcio “Bonarelli-Vaticano” del quale si sono in seguito occupati i pubblici ministeri Lucia Lotti e Simona Maisto.
Il 24 ottobre 1989, con l’entrata in vigore del nuovo Codice di procedura penale, l’inchiesta aveva potuto proseguire secondo le norme del Codice precedente data la gravità dei reati contestati (sequestro di persona contro ignoti, e concorso per lo stesso reato nei confronti del funzionario della Vigilanza vaticana Raoul Bonarelli). Tuttavia, allo scopo di evitare la mannaia della scadenza termini prevista per le istruttorie formali, appositi decreti legislativi ne avevano prolungato la validità. L’ultima proroga è scaduta il 30 giugno 1997, e il giudice istruttore Rando ha dovuto depositare gli atti il 5 luglio 1997, informandone la Procura generale per la requisitoria, depositata dal sostituto Malerba un mese dopo, il 5 agosto, con la richiesta di proscioglimento per tutti gli imputati. Con la sentenza del successivo 19 dicembre Rando accoglieva la richiesta, escluso il solo Bonarelli, per il quale invece disponeva lo stralcio basato su una serie di atti giudiziari già acquisiti: in particolare, quelli contenenti una serie di testimonianze, compresa quella di Meneguzzi e i brogliacci delle intercettazioni.
Lo stralcio Bonarelli venne assegnato al magistrato Lucia Lotti e alla collega Simona Maisto, e finì nel nulla perché, essendo cambiata per legge la figura del giudice istruttore, a un certo punto non si sapeva più chi e come dovesse proseguire l’inchiesta stralcio e a chi poi dovessero essere infine consegnate le conclusioni.
Come che sia, lo stralcio viene infine archiviato dal GIP (Giudice per le Indagini Preliminari) nel 2009. Ne parla il GIP Giovanni Giorgianni nell’ordinanza con la quale nell’ottobre 2015 ha archiviato per mancanza di indizi la nuova inchiesta nata dalle “rivelazioni” del fotografo Marco Fassoni Accetti, falso “reso confesso” del rapimento di Emanuela. Riferendosi allo stralcio Bonarelli deciso da Adele Rando, Giorgianni con linguaggio burocratico e sigle incomprensibili per i non magistrati ne descrive il complicato labirinto, nel quale lo stralcio probabilmente si è perso:
“Contestualmente alla sentenza di proscioglimento il G.I. [Giudice Istruttore: Adele Rando] disponeva, con provvedimento di stralcio del 26 settembre 1997, approfondimenti istruttori su alcuni profili investigativi non suscettibili di essere definiti con la sentenza di proscioglimento. A seguito del provvedimento di stralcio veniva inizialmente iscritto il procedimento n. 2847/98 F.N.C.R., poi confluito nel procedimento n. 14212/00 R.G.N.R. contro ignoti, a sua volta confluito nel procedimento n. 34016/2002 R.G.N.R. iscritto contro noti a carico di Bonarelli Raul, definito con decreto di archiviazione in data 03.02.2009 (contestualmente alla definizione del procedimento n. 34016/2002, veniva operato uno stralcio e iscritto il procedimento n. 34685/08 contro ignoti, poi confluito nel procedimento n. 8362/2015 PCNR riunito al procedimento n. 11694/2010 R.G.N.R.)”.
Post Scriptum
Poiché siamo sempre e comunque garantisti, ci tengo a precisare che in assenza di condanna Mario Meneguzzi deve essere considerato innocente. L’articolo 27 della Costituzione italiana, l’articolo 48 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e la Carta dei Diritti dell’Uomo dell’ONU stabiliscono che in assenza di condanne una persona deve essere considerata innocente. Di conseguenza io mi limito a raccontare FATTI. Senza mai trarre conclusioni indebite e perciò rinunciando così già in partenza al sensazionalismo.
Lo stesso comportamento dovrebbe essere tenuto da tutti anche nei confronti del famoso Enrico “Renatino” De Pedis, incensurato e anche senza carichi pendenti fino al giorno in cui l’hanno ucciso. Comportamento che però NON è tenuto da nessuno, tant’è che definirlo “capo” o “boss” della molto mitizzata Banda della Magliana è diventato un obbligo e uno sport nazionale. Che a causa degli anni e anni di dolore inflitti alla vedova Carla Di Giovanni hanno finito con l’ucciderla.
[1] https://www.blitzquotidiano.it/cronaca/il-mistero-di-emanuela-orlandi-in-tv-da-massimo-giletti-il-punto-di-pino-nicotri-e-una-rivelazione-esplosiva-3758384/
[2] https://archivio.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/emanuela-orlandi-germania-identikit-3020223/
[3] https://archivio.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/emanuela-orlandi-cimitero-agca-3108425/
[4] https://www.blitzquotidiano.it/cronaca/il-mistero-di-emanuela-orlandi-in-tv-da-massimo-giletti-il-punto-di-pino-nicotri-e-una-rivelazione-esplosiva-3758384/
[5] https://www.youtube.com/watch?v=w4uyrlaYvPo
[6] https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2015/05/05/dagli-archivi-dellansa-la-notizia-della-scomparsa-di-emanuela-orlandi-_be446464-f7c9-4d44-b490-4a25deccdd7b.html
[7] https://www.blitzquotidiano.it/cronaca/il-mistero-di-emanuela-orlandi-in-tv-da-massimo-giletti-il-punto-di-pino-nicotri-e-una-rivelazione-esplosiva-3758384/
[8] https://www.blitzquotidiano.it/cronaca/mistero-orlandi-nuovi-sviluppi-rivelazioni-e-segreti-su-zio-mario-fra-il-vaticano-il-card-casaroli-il-pm-sica-3755053/
[9] https://share.google/dLohdbQxbPYi2xXdd
[10] https://mowmag.com/attualita/caso-emanuela-orlandi-quali-sono-i-rapporti-tra-pietro-natalina-e-i-figli-di-zio-mario-dopo-l-accusa-sulle-attenzioni-morbose-giorgio-meneguzzi-attacca-la-cugina-e-cita-il-fascista-rauti-lasciate-che-i-cani-abbaino#goog_rewarded
[11] https://www.blitzquotidiano.it/cronaca/mistero-orlandi-nuovi-sviluppi-rivelazioni-e-segreti-su-zio-mario-fra-il-vaticano-il-card-casaroli-il-pm-sica-3755053/
[12] https://archivio.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/emanuela-orlandi-cosa-pensava-il-giudice-sica-40-anni-fa-e-capaldo-domande-senza-risposta-3555305/
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