Cronaca
Emanuela Orlandi e i dubbi su Pietro: cerca la verità o una vendetta contro il Vaticano?
Pietro Orlandi cerca la verità sulla sorella o la sta usando per colpire il Vaticano?
Gli attacchi di Pietro Orlandi contro il Vaticano sollevano parecchi dubbi su quali siano le sue reali intenzioni. Cercare di sapere che fine ha fatto sua sorella Emanuela? Può darsi! Ma perché ostinarsi a cercare risposte dentro una istituzione religiosa, quella del Vaticano, che in questa storia è sembrata più vittima che colpevole?
L’accanimento che il fratello di Emanuela Orlandi sta mostrando verso il Cupolone ha la parvenza di essere una crociata nata dopo il suo pensionamento dallo Ior avvenuto anticipatamente nel 2010. Guarda caso, è stato proprio a partire da quell’anno che Pietro Orlandi si è avventurato in una serie di accuse contro il Vaticano, tacciandolo di aver coperto la verità su Emanuela Orlandi, se non addirittura di essere stato colpevole del suo tragico destino, portando sul banco degli imputati l’intera nomenclatura vaticana, compreso papa Giovanni Paolo II, accusato di aver avuto una relazione con Emanuela e, per questo, fatta sparire: per nascondere uno scandalo sessuale in Vaticano. Il tutto senza presentare mai una prova di quanto afferma, ma andando avanti con i “mi hanno detto” e “si dice” e con teoremi che cambiano dalla mattina alla sera, comportandosi come quegli illusionisti da circo che tirano fuori il coniglio dal cilindro magico per poi farlo sparire nuovamente.
Chi è dotato di discernimento si sarà infatti accorto di un particolare curioso: lui presenta ogni giorno delle “rivelazioni” nuove che sostituiscono quelle precedenti, facendole sparire come in un gioco di prestigio. E così una volta la colpa è del papa, poi è del cardinale, poi è del monsignore, poi è dei servizi segreti italiani, poi è della banda della Magliana, poi è dei terroristi dei Nar. Un campionario di dichiarazioni prese in prestito da personaggi discutibili, da documenti fasulli e da fonti anonime che lui non cita mai, perlomeno per appurare se le loro chiacchiere hanno un fondamento o sono uscite fatte solo per mantenere vivo un mistero che finora ha fatto la fortuna solo dei media, a cui non importa se Pietro Orlandi mente o meno, basta che le sue ospitate televisive e le sue interviste sulla stampa facciano audience.
La cosa che lascia maggiormente perplessi è che Pietro Orlandi è stato “cliente” della pierre Francesca Chaouqui, una delle persone finite al centro dello scandalo Vatileaks, con documenti del Vaticano rubati e passati a due giornalisti: Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, processati e poi assolti dall’accusa di furto di documenti riservati perché considerati cittadini italiani e non vaticani. Non si era mai visto nella storia italiana della persone scomparse che un loro familiare, anziché affidarsi agli inquirenti, si rivolgesse a una pierre, che gli ha presentato l’avvocato Laura Sgrò e nella cui abitazione furono trovati timbri del Vaticano, che ha notoriamente un compito di pubblicità e di marketing. Non è un caso che i principali clienti degli esperti di pubbliche relazioni siano aziende e vip che vogliono curare la propria immagine, così da avere successo sul mercato di riferimento. A voler pensare bene di Pietro Orlandi, si finisce comunque per pensare male sulle sue intenzioni.
Questa strategia lascia infatti ipotizzare che il fratello di Emanuela sia interessato più a colpire il Vaticano che a cercare di capire che fine abbia fatto sua sorella, esibendosi in dichiarazioni vaghe che si risolvono puntualmente in una bolla di sapone. Dichiarazioni che però bastano per dipingere il Vaticano come il male assoluto, forte dell’appoggio di uno schieramento di follower fortemente ignoranti e anticlericali.
Un esempio è stata la “pista inglese”, tanto cara a Pietro Orlandi e al suo compagno di merende Alessandro Ambrosini, che la grafologa Sara Cordella ha dimostrato essere basata su documenti contraffatti. Il fratello di Emanuela, sostenuto da Laura Sgrò, si era fatto promotore di questa pista, avanzando accuse pesanti contro il Vaticano e sostenendo che “il muro sta cadendo” perché ciò che c’è scritto nei documenti sarebbe vero. E invece la Commissione ha stabilito che quei documenti sono più falsi di una banconota. E lo ha fatto dopo aver ascoltato sia Sara Cordella sia Vittorio Baioni, accusato da Pietro Orlandi di essere stato il carceriere di Emanuela a Londra. Una versione sconfessata dallo stesso Baione che ha ammesso che lui nel 1983 si trovava in carcere, quindi non poteva trovarsi nella capitale inglese.
Nonostante la bastonata presa che ha spinto qualche commissario parlamentare a parlare di “sputtanata”, Pietro Orlandi insiste sostenendo che quei documenti taroccati sono creati ad arte per sviare l’attenzione dalla realtà. E quale sarebbe la realtà secondo il “capo dei crociati”? Questa: “La persona che ha interesse ad allontanare dalla verità su Emanuela io penso sia all’interno del Vaticano perché lì dentro sono a conoscenza della verità. Evidentemente è molto pesante, ogni possibilità di allontanarla a loro fa comodo. Se dico questo è perché ci sono atteggiamenti e situazioni che mi autorizzano a farlo. Quanto è successo a Emanuela non potrà mai uscire perché coinvolge persone troppo in alto, che non possono essere toccate”. E quali sarebbero queste eminenze grigie intoccabili? Non lo dice.
Ciò che però non può dire per non fare la figura del calunniatore è che la Commissione ha sconfessato anche la sua avversione per il Vaticano, imputato di aver eretto un “muro di silenzio” su Emanuela. E invece il presidente della Commissione, Andrea De Priamo, ha dichiarato: “Nella corrispondenza diplomatica, nell’analisi della documentazione che abbiamo cominciato a reperire, emerge un’ampia collaborazione, diversamente da quanto è stato riportato, tra Stato italiano e Santa Sede. Ciò smentisce ricostruzioni di un Vaticano reticente o indifferente rispetto a questa vicenda, ma al contrario mostra un quadro molto diverso: una forte preoccupazione e una volontà di collaborazione per risolvere il caso”.
A questo punto è ovvio che qualche membro della Commissione Parlamentare cominci a chiedersi a che gioco stia giocando l’Orlandi furioso. Come mai insista su piste sbagliate, ma sempre puntate contro il Vaticano. Se fossimo dei malpensanti, potremmo ipotizzare che Pietro Orlandi, durante la sua permanenza allo Ior, sia entrato in rotta di collisione con il Vaticano per motivi economici e che dopo il suo prepensionamento, che sa tanto di messa alla porta, lui stia usando il dramma di sua sorella come pretesto per una vendetta tutta personale. Ma noi non siamo dei malpensanti e crediamo nella buona fede di Pietro Orlandi. Anche se, come disse un tizio, “a pensar male degli altri si commette peccato, ma spesso di indovina”.
Pierino ha stancato. La sua ormai è solo voglia di telecamere sulla chiocca bianca.