Cinema
Gioia mia – un film da non perdere
E’ nelle sale cinematografiche “Gioia mia” di Margherita Spampinato, un film che ci voleva proprio, per dire tutto quello che volevamo esprimere noi italiani.
Se vi è rimasto ancora un briciolo di umanità, se le recenti, turpi vicende di manigoldi e trucidi protagonisti della storia umana non vi hanno deturpato del tutto l’animo, se il mondo delle informazioni non vi ha bruciato tutti i neuroni rendendovi isterici compulsivo-ossessivi, ebbene forse è il caso di recarsi nelle sale per apprezzare quello che sicuramente è il film dell’anno in Italia: “Gioia mia”, dell’esordiente Margherita Spampinato, sceneggiatrice dell’opera, sicuramente il prodotto più meritevole della filmografia italiana dell’anno in corso.
La trama è esile, i personaggi sono pochi, non c’è l’affollamento urbano cittadino, il paese viene vissuto attraverso i suoi palazzi abbandonati, ai dialoghi si preferisce il silenzio, a volte si assapora il piacere gustoso della noia. La pacatezza dell’impianto, la delicatezza dell’insieme, la tenerezza del rapporto tra generazioni distanti per età creano un ambiente poetico, ideale per riflettere sui tempi andati e su quelli presenti, a tutto vantaggio dei primi. La saggezza dell’esperienza della protagonista, incarnata da Aurora Quattrocchi, una delle rare leggende del defunto teatro italiano, si sovrappone alla superficialità e all’imbarazzante dipendenza da cellulare dii un nipotino, spedito dai genitori ad approfittare di una vacanza in Sicilia che al beneficiato appare come una punizione. Riusciranno i due a incontrarsi? Ebbene sì, grazie a una serie di piccoli moti dell’animo e di effimere vicende che nel contesto della storia assumono valore allegorico, gli inaspettati palpiti dell’intimo si guadagnano la grandezza epica della mitologica avventura di due cuori nella procella dell’esistenza. Perché ci sono dolori che sconvolgono la quiete, dai quali ci si risolleva soltanto lasciandosi andare al moto della vita, di cui bisogna accettare la forza, proprio ricorrendo al rispetto della propria sofferenza, della propria debolezza. Una delle scene “primarie” è quella in cui l’anziana e il bambino cercano di strapparsi il segreto del primo bacio e lei lo confessa all’altro, il primo a venirne a conoscenza. Da quella confidenza nasce un sottilissimo rapporto di rispetto e di fiducia che sfoceranno in una grazia decorosa, densa di affetto e di riconoscenza. Gli interni e gli esterni sono girati con una sapienza e con una maestria notevolissime, si insiste sui primi piani sfocando il resto dell’immagine, l’efficacia dei volti è spinta al massimo, la luce ne acquista una consapevolezza estrema, la Spampinato è bravissima, riesce a mettere insieme le tecniche più avanzate con la grande tradizione registica, con un montaggio discreto, volutamente non perfetto, merita lodi sperticate.
Devi fare login per commentare
Accedi