un rider in tenuta da lavoro

Italia

Due ruote e la vita da rider: il viaggio di Claudia, dentro alle solitudini della città

Arrivata a Milano dall’Abruzzo ha deciso di lavorare nel delivery per sostenersi gli studi, un modo per misurarsi con le proprie difficoltà e superare la solitudine.

8 Novembre 2025

Il mondo delle consegne Claudia, una delle poche donne rider italiane, lo ha scelto con convinzione e oggi lo consiglierebbe a tutti i giovani come palestra di vita, perché è “grazie a quelle fatiche che ci si cala nel mondo reale”.

La sua storia ha come sfondo i chiostri storici dell’Università Cattolica di Milano, troppo distanti dal fango delle strade percorse in bicicletta, nel buio, per l’ultima consegna della notte. Arterie urbane che Claudia – il suo e i nomi che leggerete sono di fantasia – immediatamente dopo il calare del sole ha percorso con la paura di essere derubata. È questa, piaccia o meno, la legge della strada, scontata, è il caso di dire, per chi sceglie di entrare a far parte del popolo dei trasportatori del cibo a domicilio, molto più spesso, è costretto a farlo non avendo alcuna alternativa. Il ricordo del freddo e del fango cittadino Claudia se lo porta dietro a distanza di anni. L’immagine indelebile delle fatiche consumate, una pedalata dopo l’altra, nella seconda vita che ogni giorno l’allora ventiseienne, studentessa di origini abruzzesi, aveva scelto nell’hinterland Milanese.

Lontana dalle stanze dorate della prestigiosa Università Cattolica, dove ha frequentato in parallelo al lavoro di rider un master in comunicazione e marketing, Claudia ricorda le contraddizioni tra una Milano culla del benessere e quella dove si corre come palline di un flipper per una consegna che vale circa 4 euro. Dentro quella dimensione pratica che è la delivery Claudia racconta di un filo sociale, appartenuto anche a lei, che lega persone sole che nella comunità dei rider cercano di superare le difficoltà che la vita gli ha posto di fronte. Condizioni talvolta troppo difficili da affrontare nella solitudine dei numerosi quartieri anonimi della metropoli.

L’esordio della sua storia ci riporta al 2018 quando Claudia lascia l’Abruzzo per approdare negli ambienti accademici della grande Milano.  La sua è la vita di una delle tante studentesse che inizialmente fatica a orientarsi dentro una dimensione cittadina dispersiva. La prova più dura per lei arriva quando il fidanzato dell’epoca la lascia, ed è in quel momento che il senso di solitudine prende il sopravvento. Venuto meno uno dei pochi ancoraggi sociali Claudia decide di rompere ogni pregiudizio e lanciarsi nell’ignoto di un lavoro prerogativa soprattutto degli uomini ma che dall’esterno sentiva essere catalizzatore di relazioni.

Le fatiche e in parte la paura la giovane studentessa capisce subito che saranno compensate dalle reti sociali che avrebbe costruito con i colleghi che incontrerà nei successivi tre anni. Adbul è uno di loro, lo ha incrociato a Sesto San Giovanni dove ha abitato per diversi anni. Dentro la sua storia di immigrato c’è la sintesi di tante vicende umane simili nel mondo del food delivery, legate dalla difficoltà di inserimento di numerosi extra comunitari e di molti italiani non accettati nel mondo del lavoro per i loro passati personali burrascosi. Parecchie strade esistenziali impervie e tanta solitudine, come nel caso di Giulio, rider atipico, che da affermato ingegnere informatico in una grande azienda, dopo un matrimonio naufragato sceglie la strada delle consegne a domicilio come mezzo per impegnare ore del giorno alternativamente passate a rimuginare sui propri fallimenti.

Claudia ricorda persone come loro nei ritrovi quotidiani e i pranzi consumati sulle scale dei sagrati urbani, momenti che aiutavano a vedere più sbiadite le difficoltà e rendere l’esistenza più leggera. D’altro canto il peso delle fatiche di un lavoro usurante rimane tutto, con l’ansia per i tanti rischi che si accolla chi fa questa vita. La storia di Claudia ha conosciuto anche questa dimensione quando un incidente in bicicletta le ha compromesso un ginocchio per un lungo periodo. Erano gli anni d’esordio, per lei quelli dello stupore di un mondo diverso dal suo ma che in qualche modo le restituiva uno stimolo a mettersi in gioco anche nei momenti più difficili. Recentemente quel messaggio ha dovuto rispolverarlo di fronte alla diagnosi di una malattia neurologica.

L’ostacolo che stavolta non ha incontrato lungo i vicoli urbani ma che le ha riservato la vita e con il quale ha dovuto confrontarsi a viso aperto. Affrontandolo con lo stesso coraggio che ha avuto la notte, da rider, nello sfidare il buio o come quando il primo Natale di lavoro faticava a gestire emotivamente le numerose consegne per chi non aveva una tavola imbandita e dei familiari ad aspettarli. Claudia, da parte sua, ha affrontato con determinazione anche questa sfida, la più difficile della sua esistenza.

Alla prova con la malattia si è aggiunto un lavoro più sicuro, risultato di quella voglia di non fermarsi, e di guardare sempre avanti.

Adesso il suo sogno è quello di fare volontariato e prendere la seconda laurea in psicologia. Aggiunte e mai vincoli, come ripete spesso, regola confermata anche in amore, dove, per dirla con i rider, è fondamentale selezionare con cura le richieste.

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