Acuerdo Final de Paz en Cartagena, el 26 de septiembre de 2016.

Geopolitica

Colombia, dall’Avana al Catatumbo: la pace incompiuta

Nove anni dopo l’Accordo di pace con le FARC, la Colombia vive ancora violenze e sfollamenti. Le voci di Diego Tovar, John León e Olga e Antonio Quintero denunciano la mancata attuazione e chiedono il rispetto integrale dell’accordo.

24 Novembre 2025

Sono passati nove anni da quando il governo colombiano e le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) hanno firmato l’Accordo finale di pace a Cartagena, il 26 settembre 2016. Fu un momento storico: dopo oltre cinquant’anni di guerra, il paese sembrava aprire una porta verso la riconciliazione. L’accordo, negoziato all’Avana con il sostegno di Cuba e Norvegia, fu salutato come un modello mondiale di risoluzione dei conflitti.

Oggi, tuttavia, la pace rimane incompiuta. Per comprenderne le luci e le ombre, abbiamo raccolto le testimonianze di Diego Tovar, membro della Commissione di monitoraggio, impulso e verifica dell’attuazione dell’Accordo finale (CSIVI) e delegato presso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU per l’Alta parte contraente; di John León, coordinatore nazionale della Corporación Humanitaria Reencuentros ed ex combattente delle FARC, impegnato nella ricerca umanitaria dei desaparecidos; e di Olga Lucía Quintero e Antonio Quintero, leader sociali dell’Associazione contadina del Catatumbo (ASCAMCAT), che difende i diritti dei contadini e denuncia le conseguenze della mancata applicazione dell’accordo nella loro regione.

Diego Tovar: «Il mandato dell’ONU si è indebolito sotto la pressione di Trump»

Diego Tovar ricorda un episodio recente che illustra la fragilità del processo:

«Il 30 ottobre scorso ho partecipato a cinque sessioni del Consiglio di Sicurezza a New York. La Colombia era considerata l’unico “caso felice” tra oltre 90 conflitti all’ordine del giorno. Ma le tensioni politiche hanno portato Donald Trump a intervenire nel mandato. Il risultato è che il mandato ha perso l’unanimità ed è stato ridotto: non include più il capitolo etnico né l’accompagnamento della missione alle sanzioni della JEP», spiega Tovar.

Per lui, questa riduzione è grave perché colpisce direttamente le vittime. «La Giurisdizione speciale per la pace è un modello unico di giustizia transizionale. Le vittime chiedono progressi, ma finora le sanzioni hanno riguardato solo gli ex combattenti, mai gli altri responsabili. Limitare il mandato internazionale è un passo indietro».

John León: «Non è l’accordo il colpevole, ma la sua mancata applicazione»

In tournée in Europa, John León mescola speranza e frustrazione:

«Il rumore delle armi impediva di sentire il fragore delle disuguaglianze sociali», dice. «L’accordo non significava solo il passaggio degli ex guerriglieri alla vita civile, ma era uno strumento per trasformare le cause del conflitto: la riforma agraria, la partecipazione politica, la sostituzione delle colture illecite. Ma la mancata attuazione ha lasciato intatte queste cause».

Ricorda che il governo di Iván Duque aveva costruito la sua campagna sull’idea di “fare a pezzi” l’accordo. «Non è riuscito a distruggerlo, ma ne ha rallentato e simulato l’applicazione. Questo ha generato frustrazione e nuove violenze. Nove anni dopo, continuiamo a chiedere che l’accordo sia applicato nella sua integralità».

Olga e Antonio Quintero: «Lo Stato ci ha traditi, non l’accordo»

Nel Catatumbo, le voci di Olga Lucía Quintero e di suo marito Antonio, figure di ASCAMCAT, raccontano la durezza della realtà:

«Molti dicono che è colpa dell’accordo, ma non è così. È colpa dello Stato che non lo ha attuato», afferma Olga. «Nove anni dopo la firma, chiediamo di rilanciare l’accordo e di dargli lo status che merita».

ASCAMCAT è nata proprio da questa assenza. L’organizzazione difende i diritti umani, promuove la Zona di riserva contadina come strategia agraria di pace e lotta contro lo sfollamento forzato.

Antonio ricorda: «C’è stato un momento in cui la base di coca non veniva più commercializzata. Era l’occasione per aiutare le famiglie a passare verso economie lecite. Ma il governo ha perso questa opportunità. Oggi viviamo una crisi umanitaria con oltre 80.000 sfollati».

Il Catatumbo: epicentro di una violenza degradata

Le testimonianze rivelano una degradazione inedita della guerra. «Non avevamo mai visto case minate», dice un dirigente di ASCAMCAT. «La guerra è ogni giorno più degradata, senza rispetto dei diritti umani né del diritto internazionale umanitario».

La violenza sessuale contro donne e ragazze è diventata sistematica. Due adolescenti sono scomparse tra El Tarra e Tibú, provocando proteste e blocchi. Il reclutamento forzato di minori è costante, le scuole distrutte, e droni mal manovrati si schiantano su case e recinti, uccidendo bestiame e contadini.

«Non abbiamo alcuna garanzia per la vita», riassume Olga. «Due leader di un’altra associazione contadina sono stati assassinati. Molti di noi hanno dovuto lasciare il territorio: entrarvi significa rischiare di morire».

La riconfigurazione degli attori armati

La mancata attuazione ha favorito la riconfigurazione degli attori armati, ormai legati alle economie illegali più che a progetti politici.

La Colombia conta oggi circa 300.000 ettari di coca, un record storico. «Ai tempi delle FARC, regolavamo la coltivazione nei territori», ricorda John León. «Dire che l’accordo non serve è una scusa. Ciò che manca è la volontà politica».

Le dissidenze hanno anche incoraggiato l’espansione della miniera illegale. Quella che era un’attività artigianale si è moltiplicata per migliaia. Sorvolare il Putumayo, il Caquetá o il Catatumbo rivela un fenomeno inedito, ormai esteso fino ad Antioquia.

Tra pace totale e pace incompiuta

Il governo di Gustavo Petro ha lanciato la politica di “pace totale”, come politica di governo, mentre l’Accordo finale rimane una politica di Stato. Ma la mancanza di chiarezza tra i due processi ha generato confusione e scoraggiamento.

«Quando si mette in discussione la pace totale, questo squilibrio finisce per colpire anche l’accordo di pace», avverte Diego Tovar.

I contadini del Catatumbo insistono: la pace totale non può sostituire l’applicazione integrale dell’accordo. «Se funziona, la sosterremo senza riserve», dicono Olga e Antonio. «Ma ciò di cui abbiamo bisogno è che l’accordo sia rispettato nella sua integralità».

Un debito verso il mondo rurale

Nove anni dopo la firma, l’Accordo di pace rimane uno strumento storico e ancora valido. Ma la sua mancata attuazione integrale ha generato nuove violenze e crisi umanitarie.

Il Catatumbo è oggi il simbolo di questo debito: i contadini organizzati in ASCAMCAT chiedono che lo Stato rispetti i suoi impegni, unica via per costruire una pace duratura che garantisca la vita e la dignità delle comunità rurali.

«La pace non è una farsa», conclude John León. «L’85% dei firmatari resta impegnato. Ciò che manca è la volontà politica».

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