Geopolitica
I folli piani di spesa militare e una modesta proposta
Nei paesi NATO infuria una verve bellicista per cui si propongono piani mirabolanti di aumento delle spese militari, che considero completamente irrazionali. Mi piacerebbe quindi provare a intavolare un ragionamento razionale su un tema particolarmente complesso.
Nei paesi NATO infuria una verve bellicista per cui si propongono piani mirabolanti di aumento delle spese militari, che considero completamente irrazionali. Mi piacerebbe quindi provare a intavolare un ragionamento razionale su un tema particolarmente complesso.
Infatti, in un mondo sempre più incerto, dove le democrazie sono in pericolo e l’alleanza atlantica viene messa in discussione, è legittimo per l’Unione Europea pensare alla sua difesa. In questo senso, l’Europa non può avere il ruolo di sola potenza commerciale e può innalzare le spese militari. Ma con raziocinio. Invece, con il piano Rearm EU, Ursula von der Leyen ha messo sul piatto 800 miliardi di euro come giocasse alla roulette.
650 miliardi possono essere usati dagli stati aggirando le regole di bilancio, ovvero emettendo obbligazioni proprie. Gli stati più ricchi come la Germania e l’Olanda non avranno particolari problemi, perché sfruttano i bassi tassi d’interesse sul debito. Altri paesi, come Italia e Spagna, avranno più difficoltà a causa degli alti tassi d’interesse. In pratica, a parità di investimenti, dovranno sborsare molto di più.
Gli altri 150 miliardi proposti da von der Leyen sono veri fondi europei, da recuperare emettendo titoli comuni e riutilizzando gli aiuti già stanziati e non spesi. Visto che ora la spesa complessiva in difesa consiste in 376 miliardi, la spesa più che triplicherebbe, un’enormità.
Le sfide
Per fare cosa? Mosca in tre anni non ha conquistato Kharkiv che confina con il Donbass. Rimane lontana da Odessa e solo ipotizzare una guerra diretta con l’Europa puntando su Bucarest rimane un miraggio. Anche se questo scenario fosse ipotizzabile, un piano che non mette al centro il deterrente nucleare sarebbe del tutto superfluo.
In pratica, può aver senso utilizzare i 150 miliardi di aiuti non spesi per mettere a punto una difesa comune e per programmi militari razionali che abbiano anche ricadute sui civili. Ma i 650 miliardi di debito statale devono essere utilizzati per la coesione sociale, dal welfare alle politiche abitative, passando per i trasporti sostenibili e fino alla sanità, che sarà il tema principale per una popolazione che invecchia.
Un piano di coesione sociale può infatti proteggerci dai fascismi, soprattutto da quelli interni, alimentati dalle disuguaglianze che assegnano un ruolo spropositato ai più ricchi, i quali raccontano alla classe media che soffre a causa degli ultimi, immigrati ed emarginati. Al contrario, i guai della classe media sono iniziati con gli indegni contratti di lavoro e la diminuzione dei servizi.
I cittadini vessati e impoveriti credono così alle fandonie e sono soggetti all’attivismo delle autocrazie che diffondono bufale, alimentando ansie e interferendo direttamente nelle tornate elettorali. Le ingerenze russe nelle elezioni USA 2016 e in quelle rumene del 2024 sono fatti conclamati e documentati. A queste, si aggiungono oggi le parole deliranti della nuova amministrazione americana e l’attivismo delle mafie, che approfittano del caos per accumulare ricchezze. Questo caos si ferma investendo in servizi alla persona e non in armi.
Il Piano NATO
La scelta della NATO di aumentare la spesa per gli armamenti al 5% fa sembrare il piano Rearm EU come equilibrato. Almeno, il piano europeo prevede un’espansione delle spese militari nell’ambito di uno sforamento della spesa pubblica. L’UE ha quindi intenzione di espandere la “torta” della spesa pubblica aumentando gli investimenti in difesa.
La NATO no. A Donald Trump e Mark Rutte interessa rimescolare la “torta” già esistente, destinando alla spesa militare alcuni finanziamenti che oggi destiniamo ad altro. L’obiettivo è arrivare al 3,5% della spesa pubblica in difesa, più l’1,5% in spese correlate.
Quest’ultimo 1,5% non scandalizza, visto che include un po’ di tutto, anche infrastrutture civili, come ponti e strade, che potrebbero essere usate dall’esercito. Quindi, non è particolarmente problematico. Si tratta di un artificio contabile frutto di un compromesso. Può essere utilizzato dagli Stati Uniti per affermare che gli alleati finalmente pagano il conto, senza scombussolare i bilanci Europei.
Il problema è il 3,5%. Oggi la spesa militare italiana è circa l’1,7%, ma il Ministro Giancarlo Giorgetti dice che, con qualche artificio, arriviamo al 2%. In ogni caso, sembra che l’Italia dovrà distogliere ogni anno circa 3 miliardi di euro da una voce di spesa, per destinarli alla difesa. Come ha scritto bene Emanuele Felice, il primo anno il governo deve distoglierne 3, il secondo 6, e così via fino a 30 miliardi tra dieci anni. Siamo quindi intorno ai 170 miliardi complessivi, da togliere da una parte per finanziare la difesa. Ma questa è una previsione ottimistica. Se si considerano altri elementi, la spesa lievita.
Provare a ragionare
Dove li troviamo? E’ vero che tanti governi hanno firmato l’impegno senza pensare di mantenerlo. Ma qualcosa dovranno pur fare. In Italia, dove la spesa pubblica è in gran parte destinata alle pensioni (il 15,3% del PIL), le risorse reperibili potrebbero essere nelle casse dell’INPS, visto che altre voci sono ormai ridotte all’osso, dalla scuola alla sanità.
Dovremmo quindi tagliare le pensioni, la cassa integrazione o la NASPI? Aumentare l’età pensionabile? Ancora? Non mi pare fattibile.
Vorrei allora provare a ragionare su una soluzione imperfetta ma quantomeno razionale. Anche per riempire di contenuti il corretto slogan di Elly Schlein “no al riarmo dei singoli stati e sì alla difesa comune europea”.
I punti fermi
In primis, si devono tenere presenti questi punti:
- L’Europa soffre di una preoccupazione generalizzata sul rischio guerra contestuale al disimpegno di americano. Per quanto non condivida queste preoccupazioni, si deve tenere conto che le uniche potenze che vogliono seguire il diritto internazionale sono l’Unione Europea e la Cina. Sei potenze nucleari (India, Israele, Nord Corea, Pakistan, Russia e Stati Uniti) sembrano applicare la legge del più forte.
- I reati informatici aumentano sia da parte di potenze ostili che delle mafie, ormai disposte a rapire ignari cittadini per farli diventare schiavi digitali;
- Gli stati europei con i conti in ordine non hanno intenzione di utilizzare gli Eurobond per finanziare la spesa degli stati più poveri dell’unione;
- L’Unione Europea ha per anni esportato molto e consumato poco. La risposta migliore ai dazi di Trump è quella di stimolare i consumi per aumentare la domanda interna;
- L’incremento della spesa per armamenti senza un contestuale sforzo dalla parte della spesa sociale è un rischio per la nostra democrazia.
Credo che il punto 5 sia il problema principale, per cui la soluzione migliore consiste nell’organizzare politiche keynesiane che espandono la domanda pubblica grazie a investimenti mirati, che comprendono la sicurezza informatica, ma si concentrano sulla coesione sociale. Ma oggi è utopistico. Una proposta razionale, seppur imperfetta, potrebbe essere questa.
La proposta
I paesi più poveri dell’Unione beneficiano di fondi europei di sviluppo regionale, che spesso rimangono fermi, facendo la muffa nei ministeri prima di essere restituiti. I fondi europei inutilizzati possono essere quindi dirottati verso la difesa senza particolari problemi né per i bilanci né per la democrazia.
Gli stati più ricchi possono invece ribaltare la prospettiva di Rearm EU, sforando il deficit di bilancio esclusivamente per le spese a sostegno della domanda interna. Grazie ai conti in ordine e i bassi tassi d’interesse sul debito, questi stati non hanno difficoltà a finanziare con obbligazioni proprie la spesa sociale.
A questo punto, la Banca Centrale Europea può intervenire, emettendo Eurobond, con cui finanziare la spesa militare degli stati che si indebitano per rilanciare la domanda interna. In questo schema, le spese per la difesa non sono il “fine” ma un “premio” per chi aiuta la democrazia, che possono ricevere anche gli stati più indebitati, seppur con maggiore sforzo.
Se si applicasse questa proposta, gli stati più ricchi potrebbero superare la ritrosia per gli Eurobond. Inoltre, tutte le spese militari, anche quelle dei paesi più poveri, sarebbero finanziate non con fondi statali ma con fondi europei. Di conseguenza, l’UE può porre vincoli per evitare che, un giorno, utilizzeremo quelle armi per farci la guerra tra noi.
Probabilmente la mia è una proposta velleitaria, ma mi pare un compromesso che può essere utile per iniziare a ragionare. Potrebbe funzionare?
Foto dalla pagina Facebook di Edi Rama
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