C’è chi prende un computer vecchio e invece di buttarlo in discarica gli dona una seconda vita, chi non getta via nulla e trasforma volantini in scatoline e bottoni in gioielli. Chi ancora fa pesca sostenibile e rispolvera l’antica cultura marinara. Ci sono poi i Gruppi di acquisto solidale (Gas) che ordinano e comprano direttamente dai produttori (quelli più vicino possibile). I lavoratori agricoli di Rosarno che si sono ribellati allo sfruttamento e ora vendono yogurt e ortaggi. E una banca che chiede garanzie personali e non patrimoniali.
Dall’informatica all’agricoltura, dalla pesca al turismo, fino alla finanza c’è un modo diverso di fare economia dove il profitto interpreta un ruolo secondario e lascia la scena alle relazioni, al rispetto delle persone e del loro lavoro, alla sostenibilità ecologica, alla partecipazione attiva, alla valorizzazione dei territori. Tutti principi messi nero su bianco nella “Carta per la rete italiana di economia solidale”. Un metodo più che un contenitore; può applicarlo qualsiasi azienda in qualunque settore, purché si impegni a rispettare gli elementi caratterizzanti questo nuovo modo di fare impresa. Secondo il professore Leonardo Becchetti, economista e docente all’Università di Roma Tor Vergata, possiamo parlare di “economia civile” «ogni volta che abbandoniamo quelli che chiamo i tre riduzionismi della persona, dell’impresa e della metrica del benessere. Cioè la persona vista come monade, homo oeconomicus, auto interessato, incapace di solidarietà, di gratitudine, di dono e relazione; l’impresa che massimizza il profitto e non è in grado di essere solidale, cooperativa, multi stakeholder e quindi di ripartire la ricchezza; e il benessere che coincide con il Pil e non con lo stock dei beni economici, ambientali, culturali, spirituali di cui una comunità può godere». Più ci si allontana da queste concezioni, spiega Becchetti, più si va verso la direzione dell’economia solidale.
Difficile però parlare di numeri perché queste realtà sfuggono alle valutazioni quantitative. E’ proprio il significato di ricchezza che viene messo in crisi e capita quindi che se l’economia solidale cresce il Pil non se ne accorge. «Chi fa baratto ad esempio – spiega Riccardo Troisi, ricercatore in economia sociale – è un soggetto che pratica l’economia alternativa, fa circolare beni e fornisce un servizio, produce benessere, ma non fa girare soldi». Cosa si può includere quindi in questo modello? Il professor Becchetti parla di un nucleo di “pioneri”: le cooperative sociali, le Ong, le onlus, chi fa microcredito, le banche etiche, il commercio equo e solidale. Tenendo però presente che «l’abito non fa il monaco» e ne abbiamo avuto conferma con le vicende di Mafia Capitale. A queste realtà poi si possono aggiungere, prosegue Becchetti, anche «le aziende che si danno un obiettivo più solidale e non quello del massimo profitto come alcune imprese Not for profit, quindi anche imprenditori illuminati come Enrico Loccioni e Brunello Cucinelli». Se proprio vogliamo dare qualche cifra in Italia si contano circa 2500 Gas (la maggioranza sono al nord) e 230 botteghe solidali. Sul sito www.retegas.org è possibile rendersi conto dell’evoluzione che c’è stata in quasi 10 anni: un gruppo nel 1994, 900 nel 2012 (bisogna considerare che non tutti i gruppi sono iscritti a questa rete).
Una mappatura su Roma e Lazio verrà presentata durante l’evento “Raccontiamola Giusta”, una due giorni (11 e 12 aprile) nella Capitale all’ex Cartiera nel Parco regionale dell’Appia Antica. «L’intento è sia festoso con l’incontro di tutte le realtà del Lazio che fanno questo tipo di economia: Gas, produttori, associazionismo; sia pratico, nel senso che vorremmo alla fine produrre un documento della Res Lazio», racconta Gabriella D’Amico, del comitato organizzatore. Possiamo anticipare qui che le realtà operative sono oltre 600 con un aumento di più del 60% negli ultimi cinque anni (dati riferiti ad una precedente indagine Altermaps 2010). Questo risultato è emerso dal progetto di ricerca Open Altra Economia (OAE), un lavoro realizzato da WLAB, Binario Etico, Ass Reorient e Ass. La Strada, attraverso il quale è stato possibile mettere meglio a fuoco il tessuto dell’economia alternativa nel Lazio in base ad un censimento ed una mappatura degli organismi presenti sul territorio regionale. E’ bene precisare che nel censimento sono incluse anche esperienze come le ciclofficine, gli orti urbani, le banche del tempo, i centri sociali “di seconda generazione” «che a pieno titolo rientrano nell’economia solidale», spiega Troisi. Proprio perché la moneta di scambio non è il denaro «ma mettono al centro la persona, la relazione, la comunità, l’ambiente» (vedi Sharing economy di cui abbiamo già parlato qui su Gli Stati Generali link). Una novità interessante sarà il lancio di una app per smartphone con la mappa di tutte le realtà solidali della regione che chiunque potrà aggiornare grazie al crowd sourcing.
Molte di queste attività si potranno incontrare alla festa dell’economia sociale cui accennavamo sopra. Un’area espositori con più settanta realtà produttive rappresentate; oltre 30 Racconti (momenti di presentazione e racconto di progetti, imprese e realtà dell’economia solidale) 26 Laboratori per le attività pratiche (inventive e creative, per piccoli e adulti) 6 Officine (momenti di discussione e confronto su temi e progetti per la futura Res Lazio).
Tra gli altri a spiegare la loro attività ci saranno i promotori di Mag Roma (Mutua di finanza autogestita) una specie di “banca”, ma “mutualistica e solidale” che dà accesso al credito «senza discriminazioni basate su patrimonio, sesso, etnia o religione a sostegno della funzione sociale delle attività finanziate e del benessere della comunità». Si preferiscono le garanzie personali a quelle patrimoniali, «almeno il 75% del numero dei finanziamenti in corso deve essere garantito esclusivamente da garanzie personali».
Parleranno della loro esperienza anche i genitori e i bambini del Gasquilino che nella scuola elementare F. Di Donato, nel rione Esquilino, dal 2011 hanno deciso di diventare consumatori consapevoli «condividendo con gli altri scelte e proposte» e diventando un punto di riferimento per tutto il quartiere.
Sempre sulla scia della consapevolezza una interessante testimonianza sarà quella di Fish Box. «La nostra azienda ha un sola filosofia – spiegano – quella di accorciare la catena distributiva e far pervenire al consumatore la vera qualità del pesce dei nostri mari e per questo siamo completamente al di fuori da quelli che sono gli attuali canali distributivi del prodotto ittico in Italia (ingrosso, piattaforme commerciali, altro)». Solo tecniche “tradizionali”, nel rispetto dell’Antica Cultura Marinara del nostro Paese e delle fasi riproduttive delle varie specie. Il trasporto dei nostri “Box”, specificano, viene effettuato con mezzi a basso impatto ambientale.
Un importante lavoro sull’ambiente lo fanno i soci di “Binario etico”che dal 2006 promuovono la diffusione del software libero, il riuso di hardware e l’adozione di sistemi a basso impatto ambientale. Per avere un’idea di quanto sia preziosa la loro attività basta pensare che la spazzatura informatica si aggira tra i 20 e 50 milioni di tonnellate l’anno e parliamo di rifiuti molto difficili da smaltire. Oltre al vantaggio per le tasche, dato che i pc riciclati vengono rivenduti a prezzi popolari (tra i 100 e 300 euro).
Tra i relatori di “Raccontiamola giusta” ci saranno i ragazzi africani di Barikamà che dopo avere preso parte alle rivolte di Rosarno del gennaio 2010 hanno messo in piedi un’attività di produzione e vendita di yogurt e ortaggi biologici. Il loro motto è dallo sfruttamento nelle campagne all’autogestione del lavoro e all’inserimento sociale. Racconteranno la loro esperienza anche i soci di Sos Rosarno, un progetto nato dall’unione tra «contadini cocciuti e migranti speranzosi» nella piana di Gioia Tauro.
Si occupano invece di turismo responsabile le promotrici di Ecofriendlyrome Lo scopo del blog è mettere in rete realtà che offrono già servizi turistici green e strutture che forniscono servizi non prettamente turistici ma che comunque possono essere utilizzati dai visitatori stranieri. «Come può capitare a me di andare a cercare all’estero il ristorante vegan o il noleggio di bici – racconta Claudia una delle socie insieme ad Azzurra e Camilla – penso che anche al turista straniero potrebbero interessare questo tipo di informazioni». Il sito è in inglese e sponsorizza soprattutto le piccole attività, come ad esempio la bio osteria del casale a Centocelle, o il museo dell’altrove in un’occupazione abusiva al Prenestino. Per ora si tratta di un’attività che fanno nei ritagli di tempo («tutte e tre abbiamo un altro lavoro»), ma in futuro Claudia spera che il progetto possa crescere e che aumentino le realtà che desiderino diventare ecofriendly.
La sostenibilità economica di queste imprese è un tema importante su cui riflettere. Secondo la carta della Res una modalità da adottare è la strategia delle reti «che consiste nella costruzione di circuiti in cui fluiscono i beni, i servizi e le informazioni prodotti dalle realtà dell’economia solidale, in modo che queste si possano sostenere a vicenda, creando gli spazi per un’economia diversa». Le scelte politiche, fa notare il professor Becchetti, possono aiutare in tre modi: «con le agevolazioni fiscali, nel senso che si riconosce ad un’azienda non solo un prodotto ma un beneficio sociale; facilitando l’accesso alla capitalizzazione di queste organizzazioni, e tramite il voto col portafoglio pubblico», cioè lo Stato che compra beni e servizi, nella scelta delle aziende a cui affidarsi tiene in maggior considerazione quelle che garantiscono responsabilità ambientale e sociale.
In Italia esistono diverse leggi regionali sull’Altraeconomia. Ad oggi ne sono provviste Toscana, Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Liguria, Marche, Abruzzo, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto. Nel Lazio una legge per sostenere l’economia solidale è stata approvata nel 2009, de finanziata poi dalla giunta Polverini e di nuovo finanziata con 200mila euro nel bilancio 2013 e in quello del 2014 grazie a un emendamento della consigliera Marta Bonafoni. Ora però il tavolo per i decreti attuativi è impantanato tra le emergenze regionali e l’inchiesta Mafia Capitale. «Siamo in attesa di ripartire – dice Bonafoni a Gli Stati generali – includendo anche le associazioni, per potere finalmente emettere i bandi e aiutare tutte quelle attività molecolari che lavorano nei territori delle province». Nel frattempo si lavora anche a un emendamento sul commercio solidale da inserire nella legge quadro sul commercio.
Al di là della politica in questa partita un ruolo decisivo lo giocano i cittadini. Come dice Alex Zanotelli «si vota ogni volta che si acquista qualcosa». Un’arancia, un pomodoro, una mela spesso si trascinano dietro storie di sfruttamento e violenza. Che ormai sono sotto gli occhi di tutti e non fanno più notizia. Lo racconta bene “Ghetto economy” il libro di Antonello Mangano uscito da poco che però ribalta la questione e sposta il fuoco dagli schiavi “poverini” ai veri invisibili: le multinazionali. Di loro non si parla mai, ma se non comprassero i prodotti da gente senza scrupoli, quegli schiavi non esisterebbero. Proprio per smascherare e mettere davanti alla realtà queste compagnie è nata la campagna di Oxfam “Scopri il marchio”: sono state compilate le pagelle di dieci grandi aziende analizzando le loro politiche su temi che vanno dall’acqua alle donne, dai cambiamenti climatici all’impatto sui braccianti e sui contadini nei paesi in via di sviluppo. Tutte sono risultate carenti nei settori presi in esame e sono quindi state bacchettate dai consumatori che via Facebook, Twitter e altri social network hanno fatto notare le mancanze alle “dieci sorelle” del cibo.
«Se i consumatori premiassero le aziende sostenibili – sottolinea il professor Becchetti – il mondo cambierebbe e anche le aziende». Per rendere ciò possibile, aggiunge il professore, «bisogna abbassare la differenza di costo tra il prodotto etico e quello non etico e favorire il coordinamento di tutti quelli che sarebbero disposti a votare col portafoglio». Si cerca di farlo con i flash mob, mettendo cioè insieme tutte quelle persone che vogliono dimostrare che sono pronte a comprare prodotti solidali, in modo da creare una massa critica che spinga in quella direzione. C’è poi il lavoro nelle scuole e l’impegno a migliorare la qualità dell’informazione. « La gente deve essere meglio informata sulla qualità sociale e ambientale dei prodotti», conclude Becchetti. Così potrà finalmente comprendere ed esercitare l’enorme potere di cui dispone nel semplice gesto di aprire il portafoglio e decidere di premiare chi al profitto antepone l’utilità sociale ed ecologica.
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