Così il Covid ha “infettato” il prezzo delle fragole

9 Maggio 2020

Le fragole? Ormai non sono quasi più considerate una primizia, perché nei negozi si possono trovare da dicembre a settembre, importate da diverse latitudini. E anche in Italia la produzione comincia prima, per effetto dei cambiamenti climatici e anche dell’adozione di varietà precoci.
Ma nell’aprile del Coronavirus, a più d’un italiano le fragole sono andate di traverso, per il prezzo: anche 4-5 euro a vaschetta, nei cosiddetti negozi di prossimità. Ed è subito partito l’allarme-speculazione.
Gli allarmi si sono moltiplicati in varie regioni: per broccoli e zucchine, per arance e limoni, per kiwi, per pomodorini, melanzane e peperoni.

Mentre le associazioni dei consumatori hanno raccolto segnalazioni a macchia di leopardo, come conferma l’Unione Nazionale Consumatori, il Ministero dello Sviluppo Economico ha assicurato la “massima attenzione”, allertando Guardia di Finanza e autorità Antitrust. Alcuni sindacati dei produttori agricoli hanno accusato i supermercati di comprimere i prezzi pagati ai fornitori e di alzare invece quelli sugli scaffali, mentre le organizzazioni dei commercianti hanno negato fenomeni diffusi di speculazione. Donatella Prampolini, presidente della Federazione Italiana Dettaglianti Alimentari e numero 2 di Confcommercio parla di “mele marce”, espressione figurata quanto mai appropriata al tema.

Ma la speculazione? Spoiler: c’è stata, ma in misura probabilmente inferiore ai timori e concentrata per lo più nei piccoli negozi, presi d’assalto a causa del lockdown, che ha impedito alle persone di uscire dai confini comunali e obbligato a fare acquisti vicino a casa.
Perché a guadagnare in vendite ad aprile, dice il rapporto dell’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (Ismea), non sono stati solo i supermarket (+27% su anno), ma soprattutto i cosiddetti “liberi servizi”, i negozi sotto casa, con un sorprendente +40%. Mentre i mercati rionali hanno chiuso del tutto o in parte, o hanno perso clienti.

“Con la limitazione degli spostamenti sono stati premiati gli esercizi più vicini. In alcuni casi ci sono state tensioni per carenza di prodotto, in altri per eccesso”, dice Lorenzo Bazzana, responsabile economico di Coldiretti.
Che i prezzi dell’ortofrutta siano cresciuti lo conferma anche l’Istat, per parte sua: i prezzi al dettaglio dei prodotti alimentari non lavorati, ad aprile, hanno registrato un’inflazione acquisita ad aprile del 3,1% ( a marzo era + 1,4%). E tutto questo a fronte, in teoria, di un’eccedenza di prodotto: perché con la chiusura quasi totale di ristoranti, bar e alberghi, e la riduzione dell’export, circa un terzo della produzione agroalimentare italiana è rimasta senza sbocchi.

Ma torniamo alle fragole. Quelle più a buon mercato, che si trovano prima nei supermercati, negli ultimi anni vengono in gran parte dalla Spagna. Solo che, complice l’epidemia che ha ridotto la manodopera anche lì e creato problemi alla logistica, a un certo punto, a marzo, le fragole spagnole sono scomparse e sono arrivate quelle italiane, più care, dice Antonio Costantino, socio di un’azienda di 30 ettari a frutta, nella Piana Del Sele, in Campania. Per i produttori è stata quasi una manna, perché da tempo il prodotto italiano soffre la concorrenza, anche se i ricavi sono stati in parte ridotti dall’aumento delle spese per il Coronavirus. Ma il prezzo al dettaglio è salito.
Poi, a fine marzo, in diverse zone d’Italia ci sono state gelate e brutto tempo, e c’è stata una riduzione di manodopera. I prezzi sono saliti ancora. Dopodiché, la richiesta è aumentata per Pasqua, con una “inattesa crescita” dei consumi alimentari, come dice l’Ismea, dovuta anche al fatto che eravamo tutti confinati a casa. Nei giorni successivi, però, i prezzi sono scesi.

E per gli altri prodotti incriminati? Le arance hanno subito forti aumenti, soprattutto a marzo e soprattutto le Tarocco, a causa della richiesta da parte dei consumatori di “prodotto con elevato contenuto vitaminico” anche a causa dell’epidemia, dice l’Osservatorio Prezzi e Tariffe del Mise. Anche il prezzo all’origine è  cresciuto (nel caso del Tarocco Gallo, ben del 92% ad aprile): ma la produzione 2019-2020 in realtà, dice Ismea, è stata nettamente inferiore a quella di un anno prima. Così come quella della pere Abate Fetel, che si producono fino a marzo.
Patate, cipolle e carote, insieme alle mele, hanno registrato una forte domanda, perché meno deperibili, e il prezzo è andato su. La coltivazione del cavolfiore ha risentito del caldo anticipato, le zucchine delle gelate di marzo.
Sui peperoni è pesato invece il calo dell’offerta spagnola e olandese. Ma anche un aumento da parte dei grossisti siciliana, racconta Gerardo, un agricoltore del sud del Lazio che ha un banco in un mercato rionale a Roma e che compra al mercato all’ingrosso di Fondi (uno dei più grandi, se non il più grande, del Centro-Sud) i prodotti che non coltiva : “Ho pagato un buon 30% in più, anche melanzane e pomodorini. I grossisti ci dicevano che era per la concorrenza dei supermercati”.

“Abusi nella Grande Distribuzione? Non mi pare. Anzi, molti hanno continuato con i prezzi in promozione, nonostante le nostre richieste di eliminarli”, dice Rosario Rago, un grande produttore di ortaggi del salernitano da cinque generazioni, dirigente di Confagricultura.  Mentre il consorzio dell’Igp Pachino, nella Sicilia meridionale, lamenta un aumento dei costi di trasporto del 20%, perché i camion che partono carichi verso il nord Italia non riescono a fare il pieno carico per il ritorno.

Che succederà nelle prossime settimane e mesi? Molto dipende dalla manodopera. Diverse stime parlano di 200.000 lavoratori in meno sui campi. Se fosse così, si raccoglierebbero meno prodotti e ci sarebbe un aumento dei prezzi.
“C’è il rischio di calo manodopera per le coltivazioni ‘labour intensive’, come la frutta – dice un buyer di un’azienda internazionale di agrifood che preferisce restare anonimo – E poi, Se gli Stati faranno scorte o vieteranno la vendita di certe coltivazioni (mais, soia, grano, riso), c’è il rischio di un’inflazione dei prezzi su tutte le filiere agricole”.

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CAT: agroalimentare, consumi

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