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America

Il sogno americano marxianamente corretto

di Flavio Pasotti
9 Novembre 2016

Se il vecchio Karl fosse ancora una lettura consueta se non altro per gusto intellettuale potremmo dire che nel mondo anglosassone siamo in una fase di rivoluzione sociale frutto di uno scontro tra struttura e sovrastruttura. Ma dato che coi tempi che corrono se chiami uno marxiano quello ti risponde seccato di essere un fine intellettuale e non un astronauta alieno proviamo a dirla in modo più semplice: con Brexit ed Election Night la Democrazia inglese ed americana (la sovrastruttura, marxianamente parlando) ha ristabilito la gerarchia, ha messo sotto di brutto l’Economia (la struttura) e le Élite che dalla Economia venivano delegate a governare. I Baby Boomers Wasp non hanno guardato alla politica, cioè alle cose che hanno a che fare col futuro, ma al proprio passato: dato che, finita la festa, è rimasto meno di ciò che avevano avuto, avendo avuto a debito più di quanto avevano prodotto, con la democrazia hanno punito chi nel passato gli ha sì dato ma non ha saputo assicurare nel tempo quei privilegi. Main Street contro Wall Street sta tutta qui.
Puoi anche chiamare questo voto egoista, xenofobo, isolazionista ma scempiaggine politica è definirlo ignorante o populista perché facendo gli spocchiosi non si prendono le misure sugli accadimenti e noi, che avendo avuto Silvio nel settore abbiamo già dato, oltre ad stare più attenti dovremmo avere anche qualche strumento di analisi più sofisticato.
Ad esempio il discutere sui limiti della democrazia, del suffragio universale e tutte le invereconde facezie del genere (come già facemmo nel ’94) è insensato perché un conto è citare il vecchio Karl e un altro è, da borghesi più o meno illiberali, dare ai cinesi la nomination per l’Oscar per il miglior metodo di controllo delle masse. La democrazia finchè non lede la libertà rimane lo strumento di governo più autentico che l’Occidente abbia inventato per far fuori chi definiva bue il popolo senza brioches, salvo voler tornare al secolo scorso e scambiare sicurezza sociale con minore libertà individuale.
Più grave politicamente parlando è la reazione di quelli che dicono che visto come è conciata l’America post obamiana e come è messa la Sua Graziosa Maestà Britannica bisogna rafforzare l’Europa: come se l’Europa potesse essere vista come qualcosa di diverso dall’Occidente e dagli Anglosassoni, di antitetico, di autonomo rispetto ai valori e agli interessi condivisi. Come non si comprendesse che ogni volta che ha scavato il fossato invece di costruire ponti l’Europa non sia finita a massacrarsi in guerre epocali. Se a noi sta a cuore l’Europa e ancor più i valori di libertà dolorosamente conquistati più che mai dobbiamo essere vicini agli Stati Uniti (e allo UK) perché è nel nostro e loro interesse guardare il mondo fuori dalla cartina del Sacro Romano Impero: c’è di tutto là fuori, non molto amichevole e a noi serve probabilmente più Europa ma certamente più America.
Proprio per questo dobbiamo guardarci dagli acuti pensatori che dicono che potremmo anche fare a meno della Nato. Certo, anche Trump non ha parole lusinghiere verso il patto che ci garantì sicurezza e benessere ma è semplicemente impensabile che l’Europa continentale possa fare a meno della Nato e di una Nato con forte presenza americana. Primo perché in un attimo si fracassa l’Europa stessa: andate a dire a polacchi e ungheresi, balcanici e baltici che l’America si ritira oltre Atlantico e vediamo cosa succede, altro che 180 soldati in Lituania. In secondo luogo perché proprio nel momento in cui l’America si chiede se è nel suo interesse spendere i quattrini dei propri cittadini per sostenere un’alleanza nella quale gli altri prendono più di quanto danno è necessario stargli sul collo e ricordare che non ci sono accordi economici senza comuni interessi di difesa.
In sintesi, oggi più che mai abbiamo bisogno degli Stati Uniti, noi italiani in particolare se pensiamo alla sponda che hanno rappresentato per Draghi e per i nostri governi. Abbiamo bisogno di evitare che se ne vadano, che non smettano di porsi come potenza globale e non scelgano di essere solo una potente nazione. Abbiamo bisogno della loro capacità di fare rivoluzioni da lasciare attoniti come quella di stanotte andata in scena sul tristanzuolo palco del tristissimo Hilton di Midtown; abbiamo bisogno di chi la democrazia ha creduto prima di esportarla e poi di favorirla facendo errori colossali ma convinto che una democrazia alla fine debba essere necessariamente liberale come immaginavano quei pazzi di Filadelfia nel 1776. Abbiamo bisogno della loro anziana Costituzione, dei loro check and balance, del pragmatismo in economia e dell’idealismo sul futuro di chi non ha paura di parlare di ricerca della felicità come diritto inalienabile. Abbiamo bisogno di essere lì vicini e non arrogantemente lontani e per questi motivi sulla mia scrivania rimane e rimarrà imperterrita la bandiera a stelle e strisce infilata dentro una mug della JFK Library and Museum di Boston: perché pensando a Trump con le parole di FDR “ sarà un figlio di puttana ma è il nostro figlio di puttana”. God bless America e un po’ anche noi.

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Donald Trump Unione europea
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