La montagna è di moda oggi, ma fino a quando lo sarà?

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21 Novembre 2017

Articolo di Fabrizio Goria, tratto da Alpinismi.

Forse il segnale più rilevante che la montagna è tornata di moda c’è stato a inizio luglio. Paolo Cognetti, autore de “Le otto montagne”, vinse il Premio Strega. E dietro a quel successo letterario c’è un universo, di cui Cognetti è la punta dell’iceberg a livello mediatico. Piano piano, in Italia si è formato un rinnovato interesse verso gli ambienti montani, e di conseguenza verso le attività correlate, dall’alpinismo allo scialpinismo, passando per l’arrampicata. Ma fino a quando sarà così?

Uno degli aspetti più interessanti del giornalismo italiano in questo 2017 è che la montagna è tornata sui grandi quotidiani. Corriere della Sera, Repubblica e La Stampa hanno speso quest’anno a raccontare le imprese di Alex Honnold, Adam Ondra, Simone Moro, ma anche Stefano Ghisolfi, e non solo. È una sensazione che nella piccola redazione di Alpinismi abbiamo avvertito più volte lungo questi mesi. Ci sembrava che sempre di più la montagna, la wilderness, fossero presenti sulle principali testate italiane. A volte anche solo di striscio, ma comunque presenti. Ancora di più, era presente sulle testate locali, dove c’è notoriamente più spazio per le imprese, sportive e non, delle personalità di un dato territorio. Poi, è arrivata lo sdoganamento. In buona parte è merito di Cognetti e del suo libro, fra i più letti e apprezzati dell’ultimo anno. Ma sarebbe riduttivo pensare che una sola opera letteraria possa avere avuto un impatto così rilevante. In realtà la passione per la montagna non è mai morta. Solo, sta vivendo una nuova stagione d’interesse generale e, soprattutto, si sta formando una nuova generazione di appassionati. Anche grazie alle nuove tecnologie.

Le considerazioni per il medio termine sono positive. Ora che alpinismo e arrampicata sono in auge, stanno prendendo piede le operazioni di pulizia delle vecchie falesie quasi dimenticate. Come nel caso della Val Grande, della cui rinascita ci ha raccontato il Gruppo Rocciatori di Sea. Si tratta di azioni che sono fondamentali per far avvicinare i giovani, e meno giovani, al mondo delle falesie, con una nuova consapevolezza, che a tratti ricorda quella per la preservazione della wilderness che è tanto cara gli americani. Luoghi dimenticati che riprendono vita, quindi, ma con la certezza che bisogna lasciare meno tracce possibili. Proprio come nel progetto “Leave no trace” nato ufficialmente negli USA nel 1994, che cerca di proteggere gli ambienti naturali dalla troppa antropizzazione.

Inoltre, i successi italiani nell’arrampicata sportiva sono il perfetto biglietto da visita per i Giochi Olimpici di Tokyo 2020, che vedranno l’esordio di questa disciplina. I puristi dell’arrampicata trad sono sul piede di guerra, ma alcuni risvolti positivi ci possono essere. Perché è vero che l’arrampicata sportiva è un’attività diversa da quella trad, ma è anche vero che molto spesso chi inizia ad arrampicare sulla plastica, spinto dagli amici, poi passa alla roccia e non torna più indietro, se non per i mesi invernali dove uscire in ambiente è proibitivo. In quest’ottica, l’istituzione di questo sport nel novero di quelli olimpici non può che essere vista positivamente. Per tutto il movimento dell’arrampicata, non soltanto per le palestre indoor. Così devono essere viste in modo positivo le iniziative della Federazione arrampicata sportiva italiana (Fasi), forse una delle poche federazioni sportive italiane che – in un momento piuttosto desolante per lo sport del Paese – stanno facendo brillare il tricolore.

E qui bisogna aprire un altro capitolo. Le palestre di roccia al coperto stanno vivendo una nuova giovinezza, in Italia e non solo. Già nel nostro recente passato vi abbiamo raccontato quanto sia florido il mercato dell’arrampicata sportiva negli Stati Uniti, ma anche in Italia, Francia e Regno Unito, così come in Spagna e Slovenia, le notizie sono positive. Il 2017, secondo i dati che abbiamo raccolto, è stato l’anno con più aperture di palestre indoor dell’ultimo decennio, sia a livello europeo sia a livello statunitense. E se continuano ad aprire palestre, che rappresentano l’offerta, vuol dire che stanno incrementando anche gli interessati, cioè la domanda. Con esse, si sta creando una nuova generazione di appassionati, che speriamo possa durare e che possa trasmettere a quella successiva la passione per l’arrampicata e per la montagna. Le premesse ci sono, sono rosee e passano per le nuove tecnologie.

Infine, appunto, non deve essere dimenticato il ruolo dei social media. Se scorrendo la vostra timeline di Facebook trovate così tanti post legati alla montagna, un motivo c’è. Negli ultimi anni sono nati gruppi e pagine che ci ricordano ogni giorno quanto può essere emozionante l’ambiente montano. Basti pensare a DoloMitici!, o ai ragazzi di Brocchi sui Blocchi. I motivi di questa tendenza non sono facili da definire, ma crediamo che sia un mix di ricerca di emozioni – le vette più iconiche scatenano sempre emozioni positive – e una sana voglia di evasione dallo stress della vita di tutti i giorni. Condividere sui social media una foto della Val di Funes può essere un modo per ricordarsi dei tempi andati, ma anche per evadere dalla quotidianità. Il tutto a costo zero. E sempre a basso costo è diventata l’offerta turistica montana, che quindi agevola l’approdo di turisti.

Poi però c’è anche il fronte giornalistico-letterario. Percepita la domanda, si è creata l’offerta. Non ce ne voglia Cognetti, perché il suo libro è stato letto, riletto e apprezzato su queste pareti telematiche, ma l’editore ha avuto un grandissimo fiuto per la pubblicazione del suo libro. Probabilmente se “Le otto montagne” fosse uscito una decina di anni fa non avrebbe avuto un tale successo, mediatico e letterario. Perché? Perché non c’erano le condizioni ambientali per farlo diventare un bestseller. Il target perfetto è quello di una persona fra i 30 e i 45 anni, che ha vissuto la montagna da piccolo – e in Italia era comune fra gli anni Settanta e Ottanta avere una seconda casa in montagna – ma che poi si è ritrovato a vivere in città per esigenze lavorative. In più, il target del libro è stato testimone della crisi economica scaturita dal crollo del mercato immobiliare statunitense del 2007. Frustrato e stressato, il lettore medio di “Le otto montagne” ha cercato, e trovato, l’evasione che cercava. Ma ha trovato anche il ricordo dei suoi tempi forse più belli, anche da un punto di vista economico-sociale. Un successo per tutti, dunque: editore, scrittore, giornalisti e appassionati di montagna.

Quella che si è creata in Italia è dunque una nuova rinascita della montagna? Tutti gli indizi lasciano intendere che è così. Da un lato c’è lo zoccolo duro di chi la montagna l’ha sempre vissuta a pieno, arrampicando, scalando e sciando. Dall’altro ci sono gli amanti della montagna di ritorno, che anche grazie ai social media si stanno riconciliando con essa, alla ricerca di ricordi ed evasione. In mezzo, c’è l’onda dei giovani ventenni che iniziano con l’arrampicata sportiva e poi passano alle falesie, e poi ancora all’alpinismo in alta montagna. Queste tre componenti possono e devono convivere, animando la discussione intorno al futuro delle aree montane che, dopo il triste impoverimento e il desolante abbandono degli ultimi tre decenni, stanno cercando di tirare su la testa ancora una volta. Non solo con le attività invernali, ma anche e soprattutto con quelle estive, o comunque valide per tutto l’anno.

C’è però tuttavia un timore. Considerato il carattere effimero dei social network, e delle mode, cosa succederà quando i soggetti che li popolano si stuferanno della montagna? Basterà quanto fatto negli ultimi anni per ridare una vita sostenibili alla montagna e alle sue attività? Il punto non è di importanza secondaria. È vero che alpinismo e arrampicata hanno trovato e continuano a trovare spazio sui grandi quotidiani italiani, ma la vera sfida è quella di creare una comunità abbastanza solida e coesa da poter continuare ad apprezzare la montagna anche quando questa non finirà sulle pagine dei giornali. E il sentore, soprattutto analizzando i social media, è che qualcosa di grande sia nato.

TAG: alpinismo, arrampicata, arrampicata sportiva, cultura di montagna, giornalismo, Le Otto Montagne, montagna, Montagne, Paolo Cognetti, social media, social network, Wilderness
CAT: Arrampicata

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