La scoperta di un quadro

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29 Agosto 2019

Johann Heinrich Wilhelm Tischbein è conosciuto dagli italiani per il grande ritratto di Goethe in veste di Wanderer (viandante) seduto su una roccia, le gambe distese e in testa un cappello dalle falde larghe, sullo sfondo della campagna romana.

Ma era un pittore assai attivo nella Roma degli ultimi due decenni del Settecento. Si trasferì nel 1789 a Napoli, dove fu nominato dal Re direttore dell’Accademia di belle Arti (l’Italia dei Papi, dei Borboni, del Granducato di Toscana, e degli Stati del nord, era molto più europea dell’Italia di oggi, dove si grida subito all’oltraggio se un non italiano è messo a capo di un teatro o di un museo italiani). Condivise con Goethe per due anni, dal 1786, la casa di Via del Corso a Roma. A Roma venne con una borsa di studio ottenutagli proprio da Goethe. Facevano parte di un gruppo di scrittori, artisti e di intellettuali tedeschi che avevano scelto Roma come sede delle loro attività. Tra questi anche la bella e bravissima Angelika Kauffmann, che ha dipinto il ritratto forse più bello, anche se idealizzato, del giovane Goethe.

L’interesse per la cultura e l’arte antica, riaccesa dall’opera di Winkelmann, animava certamente le discussioni nei salotti. Ma soprattutto, attraverso lo studio dell’antico, si progettava il moderno. E si discuteva del rapporto tra le arti, quale fosse l’arte origine di tutte le altre, se la pittura o la poesia. L’espressione coniata da Orazio “ut pictura poesis”, dalla lettera ai Pisoni, nota come Ars Poetica, fu all’origine di una secolare contesa sul primato della poesia o della pittura. Su questa tradizione s’inserisce Tischbein con un’impostazione nuova, che sembra fondare un primato della pittura sulla poesia. Di questa impostazione oggi abbiamo maggiore e più precisa comprensione attraverso il ritrovamento di un quadro, di cui non si conosceva nemmeno l’esistenza, e che fu trovato da Antonello Trombadori nella bottega di un antiquario romano, lo ha da poco acquistato la Casa di Goethe Museum di Roma dal figlio di Antonello, Duccio Trombadori, che l’aveva ereditato. Di questo ritrovamento e dell’acquisto si parla in un prezioso volumetto, pubblicato quest’anno dalla Casa di Goethe, curato da Maria Gazzetti, direttrice del Museo, in cui sono contenuti brevi saggi di Hermann Mildenberger. Michael Thimann e Duccio Trombadori, dal titolo La scoperta di un quadro, J.H.W. Tischbein, Allegoria della Poesia e Pittura, 1783.

 

Perché è importante sia il ritrovamento sia l’acquisto da parte della Casa di Goethe? Perché il quadro sembra proporre una gerarchia della poesia e della pittura diversa da quella del cultura del tempo, cultura ch’era condivisa anche da Goethe, che conferiva il primato alla poesia, in quanto origine di tutte le arti. Tischbein sembra rappresentare il contrario e raffigurare la pittura come origine delle arti, anticipando in qualche modo le idee del romanticismo sull’autonomia delle arti. Nel senso che ciascuna arte trae le proprie forme da materie diverse. E la visione, per Tischbein, come poi per i romantici, precede il linguaggio. Ne ritroviamo un’eco ancora in Robert Schumann, quando scrive che l’estetica di un’arte è l’estetica di tutte le arti, solo la materia è diversa. Ma è proprio la materia a individuare la specificità di ciascuna arte, come chiarisce Hegel nelle sue Lezioni di Estetica: ciascuna arte realizza una particolare esperienza dell’intelletto che interpreta le sensazioni. La pittura formalizza la visione, la scultura il volume, l’architettura lo spazio e la musica il tempo. La poesia le riassume nel linguaggio e rende dunque esplicito il pensiero che nelle altre arti è celato sotto allusioni simboliche. Ma sia nei tardoilluministi tedeschi che nei romantici era percepita chiaramente l’unita delle arti, e dunque la loro traducibilità da un’arte all’altra. Su questo principio, anzi, Liszt fonda l’idea del poema sinfonico, traduzione impropria della parola Tondichtung che significa piuttosto poesia sonora, poesia di suoni. La premessa, comunque, di questa pittura è che essa non si limiti a raffigurare figure, ma attraverso le figure esprima un vero e proprio pensiero. In altre parole, anche la pittura, come la poesia, è pensiero (per Leonardo era addirittura scienza). L’allegoria allora consiste nell’evidenziare figurativamente i rapporti tra la poesia e la pittura. Si vedono due donne in un ambiente intimo, l’arredamento della stanza allude a mobili antichi, sul guéridon sta poggiata una ciotola di metallo con la vernice, che arieggia una suppellettile antica. La donna a destra regge con la mano sinistra una tavola che poggia sulla coscia sinistra sulla quale si scorge l’abbozzo di un disegno. Con la mano destra la donna stringe la sinistra dell’altra donna che tiene con la sinistra la sommità di una lira poggiata per terra. La donna di destra è la pittura. Quella di sinistra la poesia. Entrambe sono sedute. Ma la Pittura ha vesti colorate, i colori della pittura, la Poesia veste di bianco, a indicare l’astrattezza della parola. La Pittura appare evidentemente come guida della Poesia. La colonna antica dietro di loro conferisce solennità all’incontro, così come i toni scuri dei colori dell’ambiente. La raffigurazione s’inserisce nell’ambito di raffigurazioni allegoriche simili di altri pittori.

Per esempio l’Autoritratto in vesti di Disegno, ispirato dalla musa della Poesia di Angelika Kauffmann, dipinto l’anno prima del quadro di Tischbein, e quindi probabilmente da lui visto. Qui, al contrario di Tischbein, colorata è la Poesia, l’autoritratto della pittrice, nelle vesti del Disegno, cioè della Pittura, la mostra invece vestita di bianco, il che fa pensare alla poesia come suggeritrice della pittura, anche per l’atteggiamento protettivo della donna che impersona la poesia, la quale avvince Angelika-pittrice con il braccio destro, e la mano affiora sul braccio destro della donna avvinta. La raffigurazione ebbe un successo enorme, e la ritroviamo in pieno periodo romantico a raffigura l’Italia e la Germania abbracciate in un quadro di Friedrich Overbeck.

Raffaello e Dürer sembrano unirsi in una rappresentazione ideale della cultura artistica dei due paesi, la colorata e vivace Germania e la composta, armoniosa Italia. Dopo le dotte dissertazioni di Mildenberger e Thimann, Duccio Trombadori, nel breve scritto conclusivo, racconta la storia del quadro di Tiscbein, di come suo padre Antonello lo avesse acquistato da un antiquario romano e come fosse poi stato ceduto alla Casa di Goethe.

 

La scoperta di un quadro

J.H.W. Tischbein, Allegoria della Poesia e Pittura, Roma, 1783

A cura di Maria Gazzetti, saggi di Hermann Mildenberger, Michael Thimann e Duccio Trombadori

Roma, Casa di Goethe Museum, 2019, pagg. 55, € 10,00

Edizioni in tedesco e in italiani

TAG: arte
CAT: Arte

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