Leonardo Da Vinci di Sgarbi: come Dio è in mezzo a noi

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14 Dicembre 2019

Leggere i libri di Vittorio Sgarbi è sempre una suggestiva ed affascinante esperienza per molteplici e salienti motivazioni.
Anzitutto scrive magnificamente, con una sintassi pregevole che dà la stura ad una lettura godibile. Rende le concettualità, anche quelle complesse, con linguaggio chiaro ed adamantino ma lirico, appassionante, musicale.
In questa ultima fatica “Leonardo, il genio dell’imperfezione”– La Nave di Teseo editore – Vittorio Sgarbi conferisce una dimostrazione di come sia possibile, attraverso le categorie della filosofia, comprendere l’arte del genio fiorentino.
Sgarbi attinge, forse consapevolmente , alla filosofia di Hegel che, come noto, ritiene che la compiutezza dello Spirito si realizzi in un viaggio nella realtà che è sempre imperfetta, sconcia. Ma la tensione è il momento più aulico del pensiero: il fatto stesso di tendere lo sforzo verso la perfezione, di voler superare l’imperfezione, il travaglio del negativo, di ricercare l’Assoluto, rende l’artista unico.
E così era Leonardo, agognava la perfezione, ne era assolutamente proteso: comprendere fino in fondo le ragioni della vita, l’origine del mondo, ovvero Dio, il principio che aveva messo in moto l’universo in cui noi siamo, scrive Sgarbi.
Leonardo intende l’arte come una “cosa mentale”, non occorre che l’opera sia fatta con le mani dall’artista che l’ha concepita: le mani in Leonardo erano un soccorso, spesso insufficiente, di un pensiero infinito.
Non gli importava nella Gioconda di rendere il ritratto di una donna persona, ma esprimere la figura dell’essere donna sul piano concettuale.
Nella sua opera è importante il principio che la fa esistere.
Leonardo è arrivato alla conclusione che ciò che caratterizza Dio è la creazione del mondo.
L’artista nello stesso modo aumenta la bellezza del mondo, dispiega Dio nel creato: l’architettura, la pittura, la scultura, la musica sono creazioni di Dio attraverso l’uomo creatore.
Dunque nell’artista si realizza l’Astuzia della Ragione, lo Spirito si incarna, si perpetua.

Specularmente l’arte è la più alta testimonianza dell’esistenza di Dio, l’artista è la figura più vicino a Dio; la creazione artistica è una forma di approssimazione a Dio, perché è lo stesso strumento di Dio.
Il pensiero di Leonardo si esprime nel tentativo di comprendere Dio e il disegno ne è lo strumento

Scrive Sgarbi:

“Per Leonardo l’uomo doveva volare, e infatti ora vola. Il suo problema era competere con Dio, misurarsi con Lui.

Tutta l’opera di Leonardo non nasce da un committente, da un principe: Leonardo ha la necessità di allinearsi con il procedimento creativo di Dio. Questo è proprio degli artisti, e l’artista è la prova dell’esistenza di Dio. Leonardo non muore ed è inutile cercare il suo corpo. L’essenziale è il suo pensiero che vive nella sua opera, che si proietta in un tempo che supera il nostro tempo.
L’opera d’arte è la sfida dell’uomo a Dio, è il modo in cui l’uomo si eterna, con cui vince il tempo, con cui supera la morte. Ecco, questo è il processo che muove tutto il pensiero di Leonardo: competere con Dio, ingaggiare un braccio di ferro con Lui, mostrare che Dio è l’uomo.
Quello che motiva Leonardo, più di ogni altro artista, è il tentativo di superare il confine del tempo, superare la morte: è entrare nella dimensione dell’immortalità”.

La filosofia hegeliana ci ha insegnato che lo Spirito si oggettivizza ,è in mezzo a noi, proprio attraverso l’arte, la pittura, la scultura, la musica, la letteratura che lo intuiscono, lo percepiscono nella sua dimensione infinita.
Per Hegel insomma si può intuire la presenza dell’Assoluto, il frammento del Sistema, attraverso queste nobili arti e la pittura e la scultura vanno in questo alveo.
La coscienza infelice dell’Uomo, la sua separazione dall’Assoluto prima di essere descritta da Hegel fu partorita da Leonardo Da Vinci.
Come ci ricorda il Vasari, mentre c’è un limite alla perfezione di Michelangelo, in Leonardo esso è irraggiungibile, si sposta sempre più in là.

“Trovasi che Lionardo per l’intelligenzia de l’arte cominciò molte cose, e nessuna mai ne finì.”

Perciò genio dell’imperfezione.
Leonardo non voleva portare a termine, realizzare un pensiero, riprodurre una realtà in modo meccanico, con una mimesi perfetta. La perfezione era nella sua mente, la mano poteva trascrivere l’essenziale di quello che lui aveva sentito e intuito, non tutto, non era importante riprodurre “tutto”.
Le mani non erano sufficienti a raccontare il suo sogno, la sua visione, la sua ansia d’infinito.
Tutto ciò che dipingeva era bellezza eterna.

“Leonardo da Vinci , scrive il Vasari, non si contentava mai di cosa ch’ei facesse, e pochissime opere condusse à perfettione: e diceva sovente la causa esser questa: che la sua mano non poteva giungere all’intelletto”.

Un conoscitore profondo di Leonardo è stato Carlo Pedretti, che ha scritto sul genio fiorentino oltre 80 libri e dalle colonne del “Corriere della Sera” ha divulgato il significato della sua arte.
Leonardo è “pieno di fascino e mistero, era il simbolo di una grande libertà, di un totale disinteresse per tutte le convenzioni”.
Ricorda quando arrivò a Milano alla Corte degli Sforza e diede all’umanita’ il capolavoro dell’Ultima Cena (Alla Corte degli Sforza “Corriere della Sera”dell’11.5.1982).
Il libro, come tutti quelli di Sgarbi, si snoda nella mirabile descrizione delle opere, ma anche nel racconto della vita di Leonardo e di come egli visse il suo soggiorno milanese presso gli Sforza, a Firenze, a Mantova a Venezia.
È ben riuscito nel filo rosso che guida la narrazione: Sgarbi ci fa comprendere che l’arte è l’ineffabile, il numinoso, perché l’Infinito, Dio, è in mezzo a noi. Ed il Suo Leonardo ci ha raccontato questo.

Biagio Riccio

TAG: arte, Leonardo da Vinci, vittorio sgarbi
CAT: Arte

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