Natura e spiritualità

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29 Agosto 2019

Sulmona, Abbazia di Santo Spirito al Morrone

Natura e Spiritualità: Carl Borromäus Ruthart

 

A Sulmona, nell’Abbazia di Santo Spirito al Morrone, c’è una mostra dal titolo Natura e Spiritualità, dedicata al pittore barocco polacco Carl Borromäus Ruthart, talora scritto anche Ruther, italianizzato poi, quando si stabilì in Italia, in Rutardo, nato a Danzica nel 1638 e morto all’Aquila nel 1703. Ammiratore di Rubens e della pittura fiamminga, soprattutto di quella naturalistica, paesaggistica e di genere, Ruthart scende in Italia ed entra in contatto dunque con la pittura italiana, soprattutto quella di scuola napoletana, ma mostra di conoscere anche quella bolognese e romana. Entra nell’ordine dei celestini e comincia a dipingere quadri religiosi. Ma di fatto non cambia molto l’impostazione sia concettuale sia costruttiva della sua pittura. Resta attratto dalla natura e dagli animali. E le storie, anche bibliche, sono inserite in ampie figurazioni paesaggistiche o di genere. Com’era del resto tipico del realismo fiammingo.

In molti quadri l’animale è presentato come aggredito dall’uomo, cacciatori, contadini, e l’emozione del pittore sembra collocarsi tutta dalla parte degli animali. Nei quadri religiosi questo atteggiamento non cambia e frati, santi intervengono a difendere gli animali dalla violenza dell’uomo. Dominano i colori bruni, cupi. E la costruzione piramidale delle figure. Ma un’introspezione dei personaggi, anche questa d’ascendenza fiamminga, siano essi uomini o animali, caratterizza sempre le sue figurazioni.

 

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Nel dipinto di Santo Stefano e il lupo ammansito, lo sguardo del santo sta fisso su quello del lupo, anzi è il lupo a fissare intensamente il santo. Dagli occhi del santo a quelli del lupo c’è una linea retta, ch’è attraversata dalle braccia del santo, a formare una croce. Il messaggio cristiano sembra così rivolto non solo agli uomini ma anche agli animali.

 

 

Difficile parlare di pittore minore, davanti a tanta perizia e consapevolezza. Ma era tipico delle botteghe seicentesche curare con scrupolosa attenzione la formazione dell’artista, il cui vanto principale consisteva non tanto nell’originalità dell’invenzione, quanto nell’accuratezza della fattura. E’ sempre istruttivo confrontarsi con figure che apparirebbero marginali nel grande flusso dell’arte europea, ma proprio con la visione e con lo studio di queste figure marginali si coglie la fitta rete di relazioni tra i diversi paesi e le diverse culture artistiche che intreccia per secoli l’arte europea. Ogni cultura ha un carattere suo proprio, e si distingue facilmente un pittore francese da un pittore tedesco o da un italiano e da uno spagnolo o fiammingo. Ma poi, studiando attentamente ogni quadro, l’opera di ogni pittore, si scoprono imitazioni, influssi, ascendenze, i più disparati.

Ecco allora che una mostra come questa si fa estremamente interessante, direi anzi indispensabile, a cogliere proprio la vastità del campo d’azione di questi artisti che trascorrono da una città all’altra, da Danzica all’Aquila e a Sulmona, come Ruther, da Venezia a Varsavia, come Bellotto. Visitatela, questa bellissima mostra, è aperta fino al 6 ottobre.

Ci sarebbe da fare anche un discorso sull’abbazia. Che fino al 1993 fu adibita a carcere di massima sicurezza. Ma questo un’altra volta. La facciata della chiesa è uno splendido esempio settecentesco di derivazione borrominiana, in questo caso da San Carlo alle Quattro Fontane, a Roma. Bellissima, di equilibratissimo respiro, le colonne adoperate come elemento decorativo e non strutturale, esattamente come in Borromini. Oggi la chiameremmo decostruzione. L’interno, luminosissimo, ricorda Sant’Agnese in Agone, e le nervature svolgono la stessa funzione di slancio spaziale verso l’altro. Ma nessuna descrizione rende l’impatto di ampiezza, luminosità, che si ha appena entrati nella chiesa.

 

Sulmona, Abbazia di Santo Spirito al Morrone

Natura e Spiritualità: Carl Borromäus Ruthart

TAG: arte
CAT: Arte

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