L’arte nello spazio urbano come pratica di luogo
Partecipazione è la parola chiave di questi ultimi anni, o meglio una vera e propria visione oggi necessaria allo sviluppo sociale e culturale senza che la qualità progettuale venga sottomessa ad interessi di parte o comunque diversi da un’emancipazione che sia culturale e capace di sviluppare una cittadinanza proattiva. L’arte nello spazio urbano (Johan & Levi, 2015) di Alessandra Pioselli ha così il merito di raccontare e analizzare una concezione dello spazio urbano attraverso esperimenti e interventi che negli anni hanno attraversato l’Italia. Dalla crisi urbana degli anni Sessanta che ha sviluppato attraverso le forti ondate migratorie interne, veri e propri quartieri dormitorio e nei casi opposti ha svuotato i centri urbani del Sud, l’autrice ripercorre lo sviluppo di un arte capace di riconnettere legami sociali e in alcuni casi di ridefinirli.
Attraverso una presenza che arrivi fino a scendere in strada, tra la quotidianità delle persone l’arte diviene così il mezzo principale di sperimentazione di una società che sia finalmente unitaria e anche identitaria. Dall’utopia ai collettivi di progetto, dai casi studio di Gibellina e di Matera alle politiche di decentramento, Alessandra Pioselli ripercorre una storia certamente ricca anche di sconfitte e brucianti fallimenti, ma che ad oggi è fortemente attuale nella visione di una pratica di luogo capace di sciogliere architettura e arte in nome di una cittadinanza che non si limiti a porsi come spettatrice o semplice utente, ma quale corpo vivo di un luogo in continuo cambiamento.
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