Consumi

Il Natale che non vorrei

A pochi giorni dal 25 dicembre una piccola riflessione sul Natale che non vorrei

20 Dicembre 2025

Il 25 dicembre è sempre più l’estetic natalizia che il Natale.

Tovaglia bianca in fiandra di cotone con fermaposti, candele, vischio, agrifoglio e piccole poinsettie rosse. Sull’estrema destra della tavolata si concentreranno gli uomini (c’è da commentare la finale della Supercoppa italiana di calcio, giocata in Arabia Saudita), più a sinistra donne e bambini, al posto più vicino alla cucina e ai fornelli la padrona di casa che già nell’edizione 2024 aveva battuto tutti i record, friggendo anche i pomelli dei cassetti e gli anelli che sostengono i portasciugamani.

Facciamoci un selfie…

All’angolo del salone l’albero decorato che a distanza di qualche ora assumerà anche lui una posa simil-hangover, invocando pietà. Elevatissima la possibilità di endemica emicrania assassina e reflusso gastrico.

Bicchieri di molteplici fogge e misure, piatti del servizio buono in avvicendamento con quelli di plastica monouso e pietanze degne del miglior gigante di Rabelais ghermiranno la lunga tavolata.

L’abbondanza dell’antipasto potrebbe già prevedere il passaggio diretto al te nel deserto dei nutrizionisti ma è Natale e il cheat day è musica per la danza dei 50 mg/dL di Lipoproteina (a).

I bambini termineranno il primo piatto (due senza formaggio, uno senza sugo, uno preparato espresso perché ancora troppo piccolo per gustare i cannelloni con spinaci e ricotta e due senza forchetta per agevolare lo sviluppo sensoriale dei piccoli, come da recenti linee pedagogiche) e prenderanno a giocare con i generosi lasciti di Babbo Natale, distribuiti in un lasso di tempo che va dalla metà di novembre (ancora in pantaloncini corti e infradito) al 25 dicembre (anche se il clima è mite, è tempo comunque di piumino pesante).

Gratificazione ritardata? No, non se ne parla! Contribuirebbe a vanificare il programma di inficiazione dello sviluppo di autocontrollo, pazienza, resilienza, autoregolazione dei più piccoli, rischiando maggiori successi futuri in termini di salute mentale e abilità sociali.

Residui di pacchi scartati ovunque, coccarde dalla vita più effimera di una ministilo AAA di fabbricazione ignota, scatole aperte con tattiche di devastazione.

Facciamoci un selfie…

“Quest’anno non si può…” è un’espressione tipica degli anni ’80 e anche sottilmente comunista, dunque, da rigettare secondo la tendenza dominante.

Facciamo la guerra!

Affamiamo grandi e piccini!

Ecco un modo di ragionare più evoluto e attuale.

Subito dopo il secondo secondo, in attesa del terzo secondo, le maglie della rete sociale cominceranno ad allentarsi e a cedere l’attenzione dedicata all’atmosfera della festa. Va precisato che comunque il risultato potrebbe già essere andato oltre le aspettative, considerato che l’attuale capacità di attenzione umana media è stimata intorno agli 8 secondi, valore inferiore persino a quello di un pesce rosso (9 secondi).

Tra le colonne quadrate a base di candidi e uvetta (i panettoni in attesa di future consumazioni) un presepe dalle allegre proporzioni proverà ostinatamente a proporre il tema della giornata: la famiglia.

E sì che saremo tutti insieme fisicamente, ma anche tutti connessi, tutti travolti da ondate di filtri glitter e hastang.

#natale2025, #siamotuttipiùbuoni, #anatalepuoi.

Centinaia di messaggi, di auguri, di immagini AI, di reaction emoji, come il campanello del padrone richiameranno l’interesse dei servi felici.

Minuscole gocce di dopamina irrigheranno terreni inariditi dalla mancanza di pioggia di emozioni reali.

Non puoi capire che palle! C’è pure quella cretina di mia cognata sicuro che a alzato gli zigomi… pure male (se l’H è priva di valore fonetico allora perché utilizzarla?)

Bellissimo tutto, però, avranno scattato duecento foto alle lasagne della zia! Ho iniziato a mangiare che erano già fredde!

Sì, c’è anche mia moglie… mika la potevo lasciare a casa! Lo sai che sei tu l’amore mio (pioggia di cuoricini e immediata eliminazione del messaggio)

Non vedo lora che arrivi il 6 gennaio! (l’apostrofo può rappresentare un’inutile perdita di tempo)

L’ubiquo convitato di pietra su tutti sarà Mark Zuckerberg di Meta Platforms (Mark Zuckerberg), proprietaria di Facebook, Instagram, WhatsApp e Threads.

Si consumerà il trionfo del phubbing!

Dalla fusione di phone (telefono cellulare) e snubbing (snobbare) (Pearson, 2023), il termine indica l’azione di ignorare o trascurare le persone con cui si sta interagendo fisicamente per concentrarsi sull’utilizzo del proprio cellulare o di altri device.

Alcuni studi evidenziano come alla base di tale comportamento vi siano una certa mancanza di autocontrollo, l’ansia di essere tagliati fuori e, dunque, dalla paura di perdersi qualcosa (FOMO, fear of missing out). Aggiungerei anche l’impellenza di raccogliere visualizzazioni.

Considerato che chi è portatore di questa abitudine, con buona probabilità finisce anche per subirla, è evidente il conseguente e fatale effetto a catena.

Io ignoro te, tu ignori me… per la paura di essere ignorati, ignoriamoci tutti!

Chissà che per lo stesso timore, i bambini (quattro-cinque ogni 1000 italiani) non avranno preso ad innalzare il tono della voce creando un effetto suk marocchino, la padrona di casa a sottolineare l’impegno ai fornelli in attesa di un grazie pre-convenevole da saluto finale, l’oppositore solitario e inascoltato nel suo richiamo all’abbandono dello smartphone per due ore, ma andrebbe bene anche una nella sua giustificabile clemenza, a rimarcare la bellezza del Natale di una volta – occhio! Perché pur apparentemente fermo sulle sue posizioni, potrebbe essere anche l’ospite che si servirà più di frequente del bagno…

Per evitare che il phubbing rovini i momenti privati e i rapporti con gli altri sono necessarie consapevolezza e autoanalisi.

In qualche letterina, mi chiedo, Babbo Natale avrà letto la richiesta di questi doni?

Eppure sono così preziosi, forse troppo utili per essere considerati importanti.

Mille luci non illuminano una sola persona… abbiamo tutto, ma quanto ci manca il Natale!

Facciamoci un selfie…

 

 

Bibliografia

Pearson, C. (2023, July 27). The insidious habit that can hurt your relationship. The New York Times.

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