Criminalità
Storia di Angel, in fuga dalle gang de El Salvador, in cerca di lavoro e pace
Storia di un giovane rifugiato scappato delle gang dello stato di El Salvador. In Italia da quattro anni è adesso alla ricerca di un riscatto che fatica a trovare.
C’è un sogno ricorrente che attanaglia le notti milanesi di Angel. Da tre anni e mezzo è sempre la stessa immagine: il crepuscolo che segna l’ora del coprifuoco, gli spari di pistola e la paura di essere fatti fuori per una casualità, per un semplice equivoco.
Perché è questo ciò che si vive nel far west, in quel microcosmo di terra americana nel quale l’unica lingua riconosciuta è quella della violenza. Assoggettati a un codice di crudeltà non scritto ma di larghissima applicazione.
El Salvador, anno 2021, siamo alla fine della grande pandemia che seminerà morte su scala globale e in quello stato americano, regno di contraddizioni, Angel sceglie la via del riscatto con una disperata fuga verso la pace. Il confine tra la vita e la morte in questa polveriera a cielo aperto diventa labilissimo. Le gang chiedono il sangue della povera gente e chi lo nega non ha scampo.
Le attenzioni della malavita da anni sono ormai concentrate anche sulle donazioni ricevute dai cittadini da parte di parenti residenti in altri paesi, sottoposte a una tangente che impone il versamento quasi integrale delle elargizioni alle reti criminali. Angel nasce nel cuore del piccolo stato americano, ultimo di sette figli venuti al mondo da una madre che aveva come chiodo fisso quello di creare una famiglia numerosa per consentirgli di non sentirsi mai soli.
Studia informatica all’università e consegue una laurea, intanto nel paese la spirale della violenza cresce e continua a mietere vittime. Impensabile opporsi alla piovra, anche uscire dopo una certa ora in strada è un azzardo. La fuga dallo stato americano, come quella di Angel, in questo clima rovente diventa spesso una scelta obbligata. Il suo stato d’animo è quello travagliato di chi sa che non rivedrà la famiglia per un tempo indefinito e, al contempo, di chi sente forte il richiamo del riscatto.
La terra di approdo prescelta è l’Italia, l’Europa, ancor prima, il vecchio continente che consente a giovani come lui di avere il riconoscimento di rifugiato. Partire è un po’ morire, ma nel suo caso è anche rinascere. La parola più frequente quando parla dell’Italia è pace, sinonimo di libertà e serenità nelle scelte.
In parallelo inizia la ricerca della sua strada personale tutta da delineare. Difficile quando sei un rifugiato, quando per un assurdo sistema burocratico la tua laurea in informatica nel paese di approdo diventa carta straccia. Libertà e pace ritrovata, Angel lo sa bene, hanno un costo in termini di fatica e indigenza. Lo spettro della povertà non tarderà ad arrivare e presto il giovane salvadoregno si troverà nell’impossibilità di arrivare alla fine del mese con l’ansia della chiamata per lavori intermittenti che anche se sommati non gli consentono di accumulare il minimo per far fronte alle esigenze primarie.
L’attività di portierato in un condominio di giorno, il servizio ai tavoli in un bar alla sera fino a notte fonda, il riposo poche ore soltanto domenica mattina, tanto impegno e la ricerca dell’indipendenza, per amor proprio e per assicurarsi una riconferma. Passione che troppo spesso diventa delusione, come quella di vedersi chiusa la porta quando il contratto di lavoro doveva diventare a tempo indeterminato ed è stato licenziato.
L’ennesima sfida che la vita gli propone al cospetto della pace ritrovata e la spinta a rialzarsi ancora. Angel sa che non deve fermarsi, nel tempo libero cerca alternative lavorative nel suo settore e studia inglese. In attesa della rinascita, lontana dagli spari di El Salvador, quella che nonostante tutto fa brillare i suoi occhi e gli dà la forza per non smettere di coltivare la speranza.
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