
Cronaca
Trovato il gestore del sito Phica.eu: si indaga su un 45enne di Scandicci
Vittorio Vitiello, residente a Scandicci, è al centro dell’inchiesta della Polizia Postale sul caso Phica.eu. Già interrogato nel 2019, oggi è sospettato di essere il gestore occulto del sito sessista, noto per la diffusione di immagini non autorizzate di donne.
Il gestore del sito Phica.eu potrebbe finalmente avere un nome: Vittorio Vitiello, 45 anni, residente a Scandicci, in provincia di Firenze. È su di lui che si stanno concentrando le indagini della Polizia Postale che lo sospetta essere il presunto gestore del sito Phica.eu, la piattaforma chiusa a fine agosto per la diffusione sistematica di immagini non autorizzate di donne, molte delle quali personaggi pubblici. Secondo gli inquirenti, sarebbe proprio Vitiello a nascondersi dietro i nickname “Phica Master” e “Boss Miao”, utilizzati per gestire in modo anonimo il sito, che si appoggiava a server localizzati in Russia e Cina.
Non è la prima volta che il nome di Vitiello compare nei fascicoli della Postale. Già nel 2019, quando Phica.eu era stato segnalato per la prima volta, era stato interrogato dagli investigatori e aveva collaborato fornendo alcuni dati tecnici, come gli indirizzi IP della piattaforma. Ma quel primo intervento non bastò a fermare l’attività del sito, che ha continuato a prosperare per anni, attirando migliaia di utenti e alimentando un meccanismo basato su contenuti sessisti e dinamiche di potere digitale.
Nel frattempo, il profilo dell’inchiesta si è aggravato. Se inizialmente l’attenzione si concentrava su insulti, commenti violenti e pubblicazione di immagini senza consenso, ora si ipotizzano reati ben più pesanti. Le accuse di estorsione prendono forma dalle testimonianze di molte donne che, dopo aver scoperto di essere presenti sul sito, si sono viste chiedere denaro in cambio della rimozione delle immagini. Le cifre richieste variavano da qualche centinaio a migliaia di euro, giustificate da un presunto “lavoro tecnico” per cancellare i contenuti dai server esteri. In alcuni casi, le richieste erano dettagliate in mail firmate proprio da “Boss Miao”, pseudonimo del gestore di Phica.eu, on tanto di “tariffario” in base alla “complessità del caso”.
L’inchiesta ora prende una direzione ancora più ampia. Questa mattina, a Roma, si è tenuto un vertice in Procura per valutare l’unificazione di tutte le denunce arrivate da varie città italiane e centralizzarle nella Capitale. Le autorità stanno esaminando anche il possibile coinvolgimento di altri soggetti, tra cui due presunte avvocatesse incaricate di ricevere i pagamenti per le rimozioni, ma i cui nomi non risultano iscritti in alcun albo professionale. Si fa largo quindi l’ipotesi di una vera e propria associazione a delinquere finalizzata alla monetizzazione di un vasto archivio di contenuti ottenuti senza consenso.
Il sito Phica.eu, chiuso pochi giorni fa in autotutela da Vitiello stesso, ospitava migliaia di contenuti organizzati in sezioni, alcune delle quali descritte dagli inquirenti come particolarmente gravi. In una di queste era presente un manuale dettagliato su come scattare fotografie di nascosto a donne inconsapevoli, suggerendo persino l’uso di microcamere nei camerini e negli spogliatoi. A ciò si aggiungeva un motore di ricerca interno che permetteva di cercare nomi di donne famose, pescando immagini da fonti pubbliche per poi accompagnarle a titoli fuorvianti, con l’unico scopo di generare traffico e click. La diffusione di contenuti era alimentata anche da una community attiva, che gareggiava nel pubblicare commenti sessisti e violenti, molti dei quali ora al vaglio della Polizia Postale per possibili ipotesi di diffamazione aggravata.
Nel frattempo, Roberto Maggio, imprenditore romano domiciliato tra Sofia e Dubai, già citato nei giorni scorsi come possibile coinvolto, si è pubblicamente difeso. Intervistato dal Tg5, ha dichiarato che la sua società si occupava soltanto della gestione dei sistemi di pagamento all’estero e di non aver mai avuto accesso ai contenuti del sito. Maggio è stato contattato dagli investigatori e si dice convinto che le autorità abbiano ora gli strumenti per risalire al vero gestore.
A muoversi a tutela delle donne coinvolte è anche l’avvocata Annamaria Bernardini de Pace, che ha annunciato l’avvio di una class action, supportata da un pool di dodici legali. La rete legale ha già raccolto centinaia di segnalazioni, in gran parte veicolate da associazioni, con l’obiettivo di ottenere risarcimenti in sede civile e ricostruire un danno non solo reputazionale, ma anche emotivo e sociale.
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Photo Credits: immagine tratta da Pixabay
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