Diritti
Critica la “premier” e gli chiudono i conti bancari. Nessuno ne parla
3 Novembre 2025
In Europa, come tutti sapete, non si vive mica come in Russia e in Cina. In Europa un cittadino è assolutamente libero di pubblicare un libro che imbarazza i propri governanti. E se lo fa non gli succede nulla di brutto. Anzi, ottiene fama e onori. Non solo. Se mai dovesse succedergli qualcosa di brutto, l’intera società civile si mobiliterebbe per difenderlo: giornali, intellettuali, televisioni, piazze, partiti, sindacati, movimenti, associazioni. Se il potere osa intimidirlo, il dissidente europeo ne esce persino più forte. Mica come in Russia e in Cina.
È dunque molto strano quanto accaduto a Frederic Baldan. Strano, proprio strano. Soprattutto se pensiamo al caso Ranucci, giornalista che, dopo l’intimidazione, ha giustamente ricevuto solidarietà universale, risonanza, protezione. Destino diverso, quello di Baldan. Ma chi è costui? È un lobbista belga che ha denunciato la Commissione Europea, denuncia a cui si sono accodati i governi di Polonia e Ungheria, e a cui parallelamente si è aggiunta un’altra iniziativa legale intrapresa dal New York Times, sempre contro la Commissione Europea. Caso noto come Pfizergate.

Ah, che sciocco. Ho sbagliato la foto. Ho sbagliato la “premier”. Il Pfizergate non riguarda mica Giorgia Meloni, ma Ursula Von der Leyen, la nostra vera “premier”, siccome i governi nazionali sono ormai poco più che giunte regionali, e i nostri destini economici e sociali sono decisi a livello europeo. Ma di sicuro la società civile ruggirà indignata comunque, anche se si parla della Von der Leyen, il che in fondo è anche più grave. E dunque cosa hanno recriminato, Frederic Baldan e il New York Times, contro la Commissione Ursula? Lo scambio di SMS segreti tra la Von der Leyen e Albert Bourla (CEO di Pfizer), cui hanno fatto seguito contratti d’acquisto secretati di dosi di vaccino per miliardi di euro (i nostri), comprate sbadatamente in forte eccesso rispetto al fabbisogno, a quanto pare.
I denuncianti chiedevano trasparenza, perché comunicazioni di rilievo pubblico con ingente utilizzo di risorse pubbliche non possono essere tenute segrete. Soprattutto se consideriamo il presunto conflitto di interessi che lega il marito della Von der Leyen alla Pfizer. Il Tribunale dell’UE ha dato loro ragione. La Commissione ha implicitamente riconosciuto di essere nel torto, rinunciando al ricorso. Accade poi che Baldan ci scrive un libro, e lo pubblica in Belgio: “Ursula Gates” (tradotto in Italia da Guerini). E qui la sorpresa. Le banche cui Baldan ha affidato i suoi fondi ne chiudono i conti (tenendosi i soldi). Chiusi i conti della famiglia, dei parenti, della società, persino del figlio di 5 anni, casomai il padre dovesse riuscire per vie traverse a comprarsi un panino. Chiuso il conto della casa editrice belga che ha pubblicato il libro, come monito per tutte le altre.
Morte civile, poco meno di un omicidio. Violenta come una carica di tritolo. Una modalità che si sta diffondendo in Occidente per colpire i reprobi, resa possibile da una legislazione lacunosa. Potrebbe succedere a chiunque di noi. Quando non può nulla il debunking, si ricorre al debanking. Ebbene, si affaccia il sospetto, terribile, che in Italia i democratici guardiani della società civile si indignano solo se il censore è nemico (come Meloni) o il censurato un amico (come Ranucci). Il buon Ranucci, evidentemente, ha pestato piedi meno potenti di quelli pestati da Baldan: solo per quest’ultimo isolamento e silenzio.
Nessun media ha avvisato i cittadini di tale fatterello: che un libro che accusa di corruzione il loro capo del governo ha causato l’esilio finanziario di chi l’ha scritto e di chi l’ha pubblicato. Un po’ come accade in Russia e in Cina. Solo gli unici due giornali ancora leggibili ne hanno parlato: il Fatto e L’Indipendente, non a caso disprezzati da molti, forse proprio per questo loro vizio di pubblicare ancora notizie, nel 2025. (Ne hanno parlato anche, “da destra”, come era prevedibile, La Verità e Panorama). E i progressisti? I giornaloni, i sindacati, le associazioni. E i giornalisti sulle barricate in TV? Gli Augias, i Gramellini, i Formigli. E quelli delle testate moderne, sensibili, progredite? The Vision, Linkiesta, Internazionale… Spesso me li ritrovo sui social, che straordinarie penne appuntite, appassionate! Che straordinario silenzio.
E che dire di Nazione Indiana, dei Wu Ming, della seriosa pedagogia Einaudi? Dove sono gli scrittori impegnati? Che domande, quelli sono già troppo impegnati. Non vedete tutti i problemi che ci sono? Il riscaldamento globale, il maschio tossico, il lardo incombente di Adinolfi, la gentrificazione. È strabiliante come questi autonominati eredi di Pasolini non riescano a dire mai nulla che il TG1 non abbia già detto.
La verità è che parliamo di cervelli che si muovono come stormi, senza guida razionale autonoma. Si attivano solo dietro impulsi lessicali ereditati dalla sinistra che fu: “fascismo”, “Palestina”…
Si accorgono dei grandi problemi politici solo se commessi da governi di destra, o se colpiscono la causa palestinese. Hanno dovuto aspettare Trump per riscoprire l’imperialismo statunitense, la Meloni per rammentare la censura in Rai.
Le censure sui social prima servivano ad arginare l’odio dei fascisti, poi forse hanno capito che l’obiettivo era un altro, quando è iniziata la mattanza in Palestina. Dello stesso fenomeno del debanking ne hanno avuto sentore solo perché ha colpito Francesca Albanese. Abbiamo dovuto aspettare un genocidio perché si accorgessero che L’INTERA filiera mediatica del discorso pubblico in Italia è totalmente corrotta, tanto più criminale quanto più progressista (per quelli che l’hanno capito in tempo, perché dopo due anni di sterminio e di silenzio i media “Buoni” si sono riposizionati, ingannando di nuovo qualcuno, ancora).
E con questo ho concluso la mia ennesima invettiva contro il Grande Traditore, il “ceto medio riflessivo”, che non ha affatto gli strumenti per riflettere mentre il mondo gli crolla intorno, e che finirà schiacciato.
Devi fare login per commentare
Accedi