Indice Globale della Fame 2025

Diritti

Fame come arma di guerra: CESVI denuncia la crisi globale. A Gaza una vittima al giorno per malnutrizione

Oltre 295 milioni di persone nel mondo soffrono di fame acuta e quasi la metà dei casi è provocata da guerre. A Gaza la carestia ha raggiunto livelli catastrofici. CESVI denuncia l’uso crescente della fame come arma di guerra

17 Ottobre 2025

Un mondo in emergenza: 295 milioni di persone colpite da fame acuta

Il Global Hunger Index 2025, curato da CESVI per l’edizione italiana e redatto da Welthungerhilfe (WHH), Concern Worldwide e l’Institute for International Law of Peace and Armed Conflict (IFHV), fotografa una realtà allarmante: 295 milioni di persone nel mondo vivono in condizioni di fame acuta, con 13,7 milioni di nuovi casi rispetto al 2023.

Secondo il rapporto, quasi la metà dei casi (47%) è legata a conflitti armati che devastano intere regioni e rendono impossibile l’accesso a cibo, acqua e servizi essenziali.

Nel corso del 2024 sono state identificate 20 crisi alimentari generate da guerre, che hanno gettato 140 milioni di persone nella fame acuta. I conflitti hanno inoltre causato 122 milioni di sfollati, il livello più alto mai registrato, e quasi 200mila episodi di violenza, con un aumento del 25% rispetto al 2023.

“La guerra è il più crudele moltiplicatore della fame”, ha dichiarato Stefano Piziali, direttore generale di CESVI. “Dove scoppiano i conflitti, i sistemi alimentari collassano e milioni di persone vengono spinte nell’insicurezza alimentare. Negli ultimi anni, mentre le spese militari hanno superato i 2.700 miliardi di dollari, gli aiuti umanitari sono diminuiti: un’inversione di priorità che compromette la capacità della comunità internazionale di rispondere alla crisi”.

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Gaza: la fame come arma di guerra

Il caso della Striscia di Gaza è l’esempio più emblematico di come la fame possa essere utilizzata come arma di guerra.

Negli ultimi due anni, il Ministero della Salute locale (MoH) ha documentato 461 decessi correlati alla malnutrizione, di cui oltre 270 solo nel 2025. Tra le vittime si contano 157 bambini.

Attualmente, 320mila bambini sotto i cinque anni sono a rischio di malnutrizione acuta, mentre più di 20mila persone sono rimaste uccise o ferite nel tentativo di procurarsi cibo o accedere agli aiuti umanitari.

La carestia (IPC Fase 5) è già attestata nel Governatorato di Gaza, e le proiezioni indicano che quasi un terzo della popolazione – circa 641mila persone – si troverà in condizioni di catastrofe alimentare. Altri 1,14 milioni di individui vivranno in emergenza (Fase 4).

Dalla metà di marzo, 1,2 milioni di persone sono state sfollate, i prezzi dei beni di prima necessità sono aumentati fino al +3.400% per la farina, e la produzione agricola locale è crollata: oltre il 98% dei terreni coltivabili risulta danneggiato o inaccessibile.

Durante l’estate 2025 sono stati rilevati 28mila casi di malnutrizione acuta tra i bambini sotto i cinque anni, un numero superiore a quello registrato nei sei mesi precedenti.

Anche le donne in gravidanza o in allattamento sono in forte rischio: oltre 55mila necessitano di supporto nutrizionale urgente, insieme a 25mila neonati.

“Il livello di distruzione nella Striscia di Gaza è talmente grave che, anche con un cessate il fuoco, la nutrizione e i mezzi di sussistenza resteranno in pericolo per molti anni”, ha dichiarato CESVI. “È urgente garantire l’ingresso immediato degli aiuti umanitari”.

L’impegno di CESVI nei territori palestinesi

Presente a Gaza dal 1994, CESVI ha intensificato le proprie attività dall’inizio del conflitto. Attualmente fornisce 50–55mila litri di acqua potabile al giorno a Gaza City e nel centro della Striscia, raggiungendo oltre 105mila persone.

Negli ultimi due anni, l’organizzazione ha distribuito 30 milioni di litri d’acqua, installato latrine e riabilitato infrastrutture igienico-sanitarie nei campi sfollati di Deir al Balah e Khan Younis.

“Anche con un cessate il fuoco, quella di Gaza resta un’emergenza umanitaria di portata straordinaria”, ha spiegato Piziali. “Senza un accesso continuativo e coordinato, il rischio di abbandonare la popolazione a un destino segnato rimane concreto. È indispensabile rispettare il diritto internazionale e la neutralità umanitaria per garantire che gli aiuti arrivino dove servono”.

Fame e conflitti: una crisi strutturale e globale

Il punteggio mondiale del GHI 2025 è pari a 18,3, indicativo di un livello di fame “moderato”, ma i progressi sono minimi.

Come sottolinea Gigi Riva, editorialista di Domani e autore della prefazione del rapporto, “Dal 2016 ad oggi la riduzione della fame nel mondo è stata minima. Ai ritmi attuali, l’obiettivo di ‘fame zero’ sarà raggiunto nel 2137, più di un secolo dopo quanto previsto”.

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Il GHI 2025 segnala livelli allarmanti in 7 Paesi – Haiti, Madagascar, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sud Sudan, Burundi e Yemen – e gravi in altri 35.

Il punteggio peggiore è quello della Somalia (42,6). In 27 Paesi la situazione è peggiorata rispetto al 2016, e in contesti come Palestina, Sudan, Yemen, Burundi e Corea del Nord la mancanza di dati rende impossibile valutare pienamente la gravità.

Le regioni più colpite

  • Africa subsahariana – resta l’area più colpita con un punteggio medio GHI di 27,1; in Ciad, Niger, Nigeria e Somalia i livelli di mortalità infantile sono estremamente alti.
  • Sudan e Sud Sudan – il conflitto dal 2023 ha provocato 760mila persone in carestia (Fase 5 IPC) nel Darfur.
  • Asia meridionale – quasi 1 persona su 8 soffre di denutrizione; Afghanistan, Pakistan e Sri Lanka mostrano un peggioramento rispetto al 2016.
  • Asia occidentale e Nord Africa – la violenza in Siria, Yemen e Territori palestinesi ha colpito la produzione agricola e causato milioni di sfollati.
  • Sud-est asiatico – in Myanmar, il punteggio GHI è 15,3 (fame moderata); il conflitto e il terremoto del marzo 2025 hanno reso 14 milioni di persone (25% della popolazione) insicure dal punto di vista alimentare.

Le prospettive: rafforzare la resilienza alimentare

Il rapporto CESVI sottolinea che la fame non è un fenomeno inevitabile, ma il risultato di scelte politiche, economiche e militari.

Alcuni Paesi – come Bangladesh, Nepal, Togo, India, Etiopia, Angola e Sierra Leone – hanno registrato progressi grazie a politiche mirate e investimenti strutturali, ma si tratta di risultati fragili, facilmente compromessi da crisi climatiche o conflitti.

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Il GHI 2025 lancia un appello per:

Solo con un impegno coordinato e duraturo, come sottolinea CESVI, sarà possibile contrastare la normalizzazione della fame come strumento di guerra e costruire un futuro più sicuro per milioni di persone.

 

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