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F-35: cosa sappiamo dopo l’intercettazione in Estonia e perché il tema è così caldo in Italia
Tre jet russi nello spazio aereo estone sono stati respinti dagli F35 italiani. Tallin chiede l’art.4. Tre i casi di violazione nei cieli dell’Ue in meno di due settimane, ai danni anche di Romania e Polonia
I recenti eventi nei cieli estoni hanno riportato al centro dell’attenzione il ruolo operativo e strategico degli F-35 italiani, inserendoli in un contesto internazionale di tensione crescente. Gli arei da combattimento F-35 italiani, infatti, di stanza alla base di Ämari in Estonia nell’ambito della missione NATO Baltic Air Policing, sono decollati su allarme per intercettare tre jet russi MiG-31 che hanno violato lo spazio aereo estone il 19 settembre 2025.
I MiG-31 sono rimasti nello spazio aereo vicino all’isola di Vaindloo per circa 12 minuti, sorvolando la zona vicino all’isola di Vaindloo e inizialmente dirigendosi verso Tallinn, per poi effettuare manovre di circolo all’interno dello spazio aereo estone prima dell’intervento degli F-35. Secondo le autorità estoni, gli aerei russi erano senza piano di volo, avevano i transponder spenti e non comunicavano con il traffico aereo locale.
L’Estonia ha invocato l’articolo 4 del trattato NATO, che obbliga gli alleati a consultazioni quando la sicurezza, l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di un membro è ritenuta in pericolo. L’Unione Europea e la NATO hanno accusato il Cremlino e parlano di una “provocazione estremamente pericolosa” da parte di Putin, la terza dopo i blitz di droni dei giorni scorsi in Polonia e Romania. Per il ministro Antonio Tajani si è trattato di un brutto segnale ma “bisogna evitare che la situazione peggiori” e così annuncia un rafforzamento della difesa aerea sul Fianco Est. Il ministero della difesa russo ha negato che tre Mig russi abbiano violato lo spazio aereo estone. “I caccia russi MiG-31 hanno completato un volo programmato dalla Carelia a un aeroporto nella regione di Kaliningrad. Il volo è stato condotto nel rigoroso rispetto delle normative internazionali sullo spazio aereo, senza violare i confini di altri stati, come confermato da un monitoraggio oggettivo”, ha detto il ministero citato dalla Tass. Durante il volo, i jet “non hanno deviato dalla rotta aerea concordata e non hanno violato lo spazio aereo estone. La rotta di volo si trovava sulle acque neutrali del Mar Baltico”.
L’Italia è tra i paesi partner NATO che contribuiscono con F-35 alla sorveglianza dello spazio aereo dei paesi baltici. La base di Ämari è uno snodo centrale per la difesa aerea nel fianco orientale dell’Alleanza. Nel complesso, il nostro paese mette a disposizione della NATO un numero di aerei militari che ammonta a 15 unità per il 2025. Questi aerei fanno parte di un dispositivo aereo nazionale destinato al potenziamento dell’air policing e della sorveglianza dello spazio aereo dell’Alleanza nel contesto delle missioni e impegni internazionali italiani.
Incidenti di questo tipo — incursioni aeree, sorvolo senza comunicazione, transponder disattivati — non sono del tutto nuovi, ma la densità nell’ultimo periodo è aumentata. Gli “scramble” (decolli urgenti dei caccia per intercettare intrusioni) diventano frequenti, testimoniando uno stato di prontezza continuo.
L’episodio rafforza le preoccupazioni sull’espansione e le provocazioni russe nei cieli dell’Europa orientale. Incidenti analoghi, come droni o sorvoli in Polonia, Romania, Estonia, fanno parte di una tendenza che alcuni analisti interpretano come “testing” della risposta NATO. L’intervento italiano con gli F-35 e la richiesta estone dell’attivazione dell’articolo 4 sono segnali politici forti, indicano che il tema non è solo militare ma diplomatico. Le reazioni dell’Unione Europea e delle istituzioni NATO manifestano la volontà di rispondere con fermezza.
Il dibattito in Italia riguarda non solo la politica estera ma anche la politica interna. Il possesso, il mantenimento e l’impiego operativo di aerei di quinta generazione come gli F-35 richiedono investimenti molto significativi: addestramento dei piloti, infrastrutture, manutenzione, interoperabilità NATO. L’operazione contro i MiG-31 è uno degli esempi pratici del peso operativo che si accompagna alla capacità tecnica. Secondo il Documento programmatico pluriennale della Difesa 2024-2026, l’Italia spenderà altri 7 miliardi di euro entro il 2035 per acquisire 15 F-35A a decollo convenzionale (portando così il totale a 75) e 10 F-35B a decollo e atterraggio verticale (portando a 40 il numero di velivoli di questo tipo a disposizione). Così la flotta nazionale passerà da 90 a 115 velivoli, avvicinandosi all’obiettivo storico dei 131 esemplari fissato già nel 2009. Considerate le spese già effettuate negli anni, la spesa totale per le casse dello Stato raggiungerà i 25 miliardi di euro. L’operazione comporterà quindi un impegno economico pluriennale rilevante, compresi i supporti logistici fino al 2035, fattore che alimenta il dibattito sul rapporto costi-benefici. Inoltre, il governo italiano e il ministero della difesa hanno annunciato la creazione — la prima fuori dagli Stati Uniti — di un centro internazionale per l’addestramento dei piloti degli F-35 in Sicilia.
“La Sicilia sarà il primo luogo al di fuori degli Stati Uniti dove verranno formati i piloti degli F-35. Così come siamo l’unico paese al mondo dove vengono assemblati gli F-35, a Cameri”, ha detto il ministro della difesa Guido Crosetto, riferendosi allo stabilimento piemontese dove si svolge la produzione e l’assemblaggio finale del velivolo per i clienti europei. “Il futuro si costruisce non limitandosi alla difesa, ma facendo diventare la difesa un motore sociale, economico e di innovazione tecnologica. E questo ne è l’esempio”.
Complessivamente il bilancio italiano per la difesa nel 2025 ammonta a 31,295 miliardi di euro (circa l’1,5 per cento del PIL del nostro Paese), registrando una crescita di oltre 2 miliardi di euro (il 12,4 per cento) rispetto al 2024 e del 60 per cento rispetto a dieci anni fa. Si tratta di risorse destinate al finanziamento di missioni militari all’estero e programmi di difesa sul territorio nazionale ma anche al mantenimento delle infrastrutture logistiche e tecnologiche, alla remunerazione e alle pensioni del personale militare, all’acquisto di nuovi armamenti e al finanziamento di programmi di ricerca e sviluppo.
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