
Italia
Italian Raid Commando: nella patria dell’industria italiana delle armi si gioca alla guerra
Pacifisti e sindacato contro l’IRC 2025, gara tra militari nel territorio a più elevata concentrazione di industria della difesa del paese, da cui le armi partono, e non sempre legalmente, verso i teatri di guerra e dove i produttori presidiano in prima persona la politica.
Si chiama Italian Raid Commando ed è una competizione internazionale giunta alla 37esima edizione, organizzata da UNUCI Lombardia, l’Unione degli Ufficiali in Congedo d’Italia, col patrocinio di Regione Lombardia, Provincia di Monza e Brianza e di Lecco.
Pacifisti e CGIL contro la “gara”
Lo scorso weekend 41 pattuglie formata da 4 uomini ciascuna, militari provenienti da Italia, Germania, Lituania, Lettonia, Olanda e Svizzera, divisi in “rossi” (il nemico) e “azzurri” (forze amiche), si sono sfidati in una gara che, di fatto, è una vera e propria esercitazione militare su un percorso di 35 chilometri con dislivelli medi di 600 metri, “continuativa, diurna e notturna, con modulo a fuoco, sul terreno, con nemico rappresentato da attivatori”. Teatro delle operazioni la Brianza, dal lecchese – Brivio, Barzanò, Cisano Bergamasco, Ponte San Pietro, Lecco e Paderno d’Adda, Calolziocorte, Oggiono, Imbersago, Mondonico – al monzese, dove, presso il campo di tiro a Traversera di Verano Brianza, si sono svolte le sessioni di tiro con fucili d’assalto NATO, e la chiusura: sabato cena di gala alla Villa Reale di Monza e domenica parata finale con 300 soldati e premiazione nella piazza principale del capoluogo, con la partecipazione di Unione Industriali, Unione Commercianti, Confcommercio di Monza e della Brianza, Autodromo Nazionale di Monza, Croce Rossa Italiana, Consorzio Parco della Valle del Lambro, Consorzio Villa Reale e Parco di Monza e, tra gli invitati, 60 studenti.
Una festosa iniziativa ludica? Mica tanto. “Una pattuglia di ‘soldati tedeschi’ in movimento fra le strade di Casatenovo. Questa è la scena che si è parata davanti a diversi cittadini nelle prime ore della mattinata di sabato 18 maggio.”, scriveva un anno fa il sito CasateOnLine, in occasione della precedente edizione. “Soldati attrezzati di tutto punto, muniti di identificativo di riconoscimento dello Stato di appartenenza. Alle ore 6 e 30 del mattino si muovevano in località Crotta, diretti verso Via Roma nel centro di Casatenovo. Prima ancora, un altro gruppo di quattro soldati è stato avvistato a Lomagna, in località Lavandaio, nei pressi del ponte di Via Leonardo Da Vinci. Lo stupore dei cittadini non è certo mancato. Diverse sono state anche le chiamate alle forze dell’ordine.”
Alimentate anche dai venti di guerra sempre più forti le polemiche non sono mancate. Pacifisti e sindacato, che hanno accolto i militari con manifestazioni di protesta, hanno stigmatizzato soprattutto l’uso della palestra della scuola media di Briosco come base logistica dell’iniziativa. “Suscitano il nostro sdegno le attività realizzate con il coinvolgimento della cittadinanza e delle scuole di ogni ordine e grado, le sponsorizzazioni delle industrie d’armi e le cerimonie pubbliche volte a diffondere una propaganda bellica che offende il sentimento di profondo cordoglio che noi cittadine e cittadini condividiamo in relazione ai massacri di civili inermi in Palestina e Medio Oriente, in Ucraina, in Sudan e in tutti i conflitti in corso nel mondo e la violenza militare sulle frontiere di terra e di mare del nostro paese” ha scritto il comitato Monza per la Pace, mentre le FLC CGIL di Monza e Lecco hanno espresso “la loro indignazione sul fatto che la scuola, luogo in cui si promuove lo ‘sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza attiva e democratica attraverso la valorizzazione dell’educazione interculturale e alla pace’ […], luogo in cui l’educazione alla pace deve essere un percorso trasformativo […], diventi luogo dove entrino divise, armi, adulti in assetto di guerra”.
Del resto ciò avviene in un territorio che vive in simbiosi con l’industria bellica. Come si vede dall’immagine qui sotto, tratta dall’Atlante di Weapon Watch tra Lago Maggiore, milanese e Brianza troviamo la più elevata concentrazione di industrie legate in qualche modo al mercato della difesa.
Industria della difesa, tutti i settori (Fonte: Weapon Watch Atlas)
Fiocchi, il business delle munizioni
L’industria lecchese nel secolo XVI rifornì di canne d’archibugio l’esercito spagnolo, poi Napoleone di sciabole e componenti per carri e nel 1866 armò i volontari garibaldini della terza guerra d’indipendenza. E a Lecco si trova il principale sponsor dell’IRC, Fiocchi Munizioni, storico produttore di cartucce e munizioni leggere a uso civile, ma anche di munizioni per polizia e militari: “I suoi proiettili, disinvoltamente esportati ovunque, – scrive in un suo documento l’Assemblea permanente contro la guerra di Lecco – sono serviti a reprimere le rivolte di Piazza Tahrir (Egitto) e in Albania”. Fondata nel 1876 da Giulio Fiocchi l’azienda resta a guida familiare fino al 2017, quando il 60% viene acquistato dal fondo di private equity Charme III, controllato dalla famiglia Montezemolo. Da qui nel 2022 il 70% transita in CSG Defense dell’imprenditore ceco Michal Strnad, lo stesso che nei giorni scorsi ha presentato un’offerta per Iveco Defense Vehicles, scavalcando la cordata italo-tedesca Leonardo-Rheinmetall. CSG nel 2023 ha dichiarato un fatturato di 1,73 miliardi di euro (+71% in un anno). Il Gruppo ha mosso i primi passi iniziato negli anni ‘90 occupandosi di manutenzione di veicoli militari, ma ora, scriveva Bloomberg l’anno scorso, “sta facendo fortuna grazie alla guerra in Ucraina” e presumibilmente continuerà a farla anche dopo: nel 2022, parlando proprio del record di vendite della Fiocchi, appena acquisita, Strnad dichiarava “Anche se la guerra finisse domani ci vorrebbero 15 anni per rifornire i magazzini militari”. I Fiocchi hanno una quota dell’azienda di famiglia fino a pochi giorni fa, quando hanno ceduto il loro 25% ai cechi, anche se Stefano resterà presidente fino al luglio 2026 per festeggiare i 150 anni della fondazione e maturare i requisiti per la pensione.
A differenza degli oltre mille dipendenti, 900 a Lecco, della pensione lui non dovrebbe averne bisogno. Dal 2019 al 2022 il fatturato di Fiocchi, infatti, è passato da 123 a 205 milioni di euro (ancora l’Assemblea permanente scrive che il 70% proviene dal settore difesa) e gli utili da 5 a 22 milioni, anche l’anno successivo si è chiuso in perdita (-5,5 milioni). Le esportazioni sono passate dai 5,6 milioni del 2019 ai 42,6 del 2023 e le autorizzazioni ex lege 185/1990 sono state in media circa 80 l’anno, con un picco di 98 nel 2021.
Proprio nel dicembre 2021 – scriveva Altreconomia nel gennaio 2022 – una nave partita da La Spezia viene fermata nel porto di Dakar dalle autorità senegalesi, che sequestrano tre container di munizioni per un valore di 4,6 milioni di euro, contestando i documenti di accompagnamento inattendibili. La nave, Eolika, battente bandiera della Guyana attracca nel porto dopo essere rimasta all’ancora alcuni giorni al largo delle coste senegalesi, allertando le autorità portuali, perché è la prassi comunemente utilizzata da chi sbarca carichi illeciti. Fiocchi dichiara che si tratta di un carico di munizioni regolarmente venduto alle autorità della Repubblica Dominicana, ma all’epoca, secondo l’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere di Brescia, non risultano autorizzazioni all’esportazione di armi verso quel paese. Lo scorso gennaio un’ altra inchiesta di Altreconomia accusa Fiocchi di aver venduto munizioni ai coloni israeliani in Cisgiordania almeno fino a marzo 2024. E la stessa fonte afferma che la provincia di Lecco l’anno scorso è stata la seconda esportatrice di armi in Israele dopo Viterbo. A marzo nel porto di Ravenna vengono bloccate 14 tonnellate di componenti metallici destinati a IMI System, principale fornitore di munizioni delle forze armate israeliane, provenienti da un’altra ditta del lecchese, la Valforge di Introbio. Le indagini accertano che l’azienda, anch’essa priva delle autorizzazioni di legge, in precedenza aveva effettuato, facendola franca, ben quattro spedizioni ad Ashot Ashkelon Industries, controllata di IMI e tra i maggiori fornitori di armi e componenti per carri armati dell’esercito israeliano.
Non solo Fiocchi…
Accanto a Fiocchi operano numerose altri fornitori del settore militare. Ancora l’Assemblea permanente cita il centro spaziale di Gera Lario, gestito da Telespazio (di Leonardo e Alenia Thales), in provincia di Como ma al confine con quella di Lecco, che “dal 2017 svolge un ruolo fondamentale nella cooperazione militare tra Italia ed Israele fornendo e gestendo per conto del ministero della difesa italiano un satellite militare, prodotto da Elbit in Israele e venduto all’Italia. Tutto ciò nell’ambito degli accordi del 2005 che prevedevano come contropartita l’acquisto da parte dello Stato di Israele di aerei Aermacchi per l’addestramento dei piloti israeliani”.
Poi ci sono FB Design, che produce imbarcazioni destinate alle marine militari e alle guardie costiere; Elemaster, tecnologie elettroniche per avionica e difesa; Der Gom, maschere antigas, manganelli, accoppiati gomma-metallo per cingolati; Kong Italia, attrezzature per l’alpinismo, con una linea militare e titolare di un codice assegnato ai fornitori NATO; Simecon e Forza 3M, macchinari per la produzione di munizioni; Makoshark, giubbotti antiproiettili; Invernizzi Presse, parti metalliche per proiettili; Bjo Tactical Solution, munizioni; Technint HTE, sistemi elettronici per la difesa; Lovers, abbigliamento militare. Weapon Watch cita anche Edilsider, produttrice di prefabbricati abitabili a uso militare; Tecno Tempranova Lecchese, che collabora on Leonardo nella realizzazione dell’elicottero AH-249; ADS International, sistemi opto-meccanici per sorveglianza e tracciamento spaziale, comunicazione e difesa, e altre ancora. E l’elenco potrebbe allungarsi, perché, ci racconta un attivista, “Alcune aziende, dietro il paravento del dual use, si spostano verso prodotti con utilizzo anche militare per rispondere al calo degli ordini”.
Armi e politica
Una presenza così capillare sul territorio non può non generare anche una richiesta di rappresentanza politica, un compito a cui qui non si sono sottratti i diretti interessati. Pietro Fiocchi, rampollo della dinastia, già coordinatore locale di Fratelli d’Italia, dal 2019 è parlamentare europeo. Un anno fa si fa immortalare in un manifesto elettorale mentre impugna un fucile e mira a chi lo guarda. Il Natale precedente un altro manifesto con lui seduto, alle sue spalle un albero di Natale coi bossoli al posto delle tradizionali palle, la frase “Auguro a tutti un Natale coi fiocchi” e il simbolo di FdI scatena polemiche.
Nel gennaio 2023 GdF e funzionari doganali del Porto di Genova sequestrano due container contenenti macchinari per la produzione di proiettili del valore di tre milioni di euro in viaggio verso l’Etiopia, paese verso cui due anni prima l’UE ha vietato l’esportazione di materiale bellico. Secondo Weapon Watch l’azienda esportatrice, la citata Forza 3M, non è iscritta nel Registro nazionale delle imprese abilitate a richiedere l’autorizzazione all’esportazione come materiale d’armamento. Inoltre “I materiali presentati all’imbarco non erano qualificabili come dual use, perché specificamente destinati alla fabbricazione di munizioni, come conferma la presenza di stampi per il calibro 7.62×39 mm, tipico delle armi da guerra di produzione sovietica e in particolare dell’AK-47 ‘Kalashnikov’, fucile d’assalto che è stato anche prodotto su licenza in Etiopia negli stabilimenti del Gafat Armament Engineering Complex”. Sulla scheda dell’Atlante dedicata a Forza 3M leggiamo che a maggio 2024 l’amministratore unico è Mario Buizza, commercialista, candidato alle elezioni comunali del 2020 con la lista civica Lecco Ideale, collegata a Lombardia Ideale del governatore Attilio Fontana. Nella stessa lista si candida Marzio Maccacaro, direttore commerciale di Fiocchi e poi presidente di Fiocchi United Kingdom Ltd fino al 2019. Insomma le imprese della difesa presidiano gli snodi del potere politico da Bruxelles ai comuni.
Allo stesso tempo, ci racconta chi qui ci vive o ci lavora, l’industria militare è discreta. Insomma, se non sono le associazioni a far venire a galla il problema, è difficile che se ne parli. La Fiocchi, ad esempio, “dà da mangiare a metà Lecco, qui anche il principale istituto professionale, che sforna operai per le fabbriche della zona, si chiama P.A. Fiocchi, ma loro, a parte le sparate dell’eurodeputato, non si espongono. Anzi, mentre in passato hanno sempre evitato di mostrarsi troppo, oggi danno ampio risalto alla loro uscita di scena”. Nell’intervista rilasciata a La Provincia Unica ad aprile Stefano Fiocchi ammette che “il nostro è un prodotto che si ama o si odia. Non facciamo caramelle”, ma sottolinea anche “la differenza tra gestione e proprietà”, spiegando che già dal 2017 “la famiglia non aveva più voce in capitolo nella gestione operativa e strategica”.
Guerra e militarismo, insomma, si alimentano delle grandi questioni internazionali, ma anche di interessi economici che dalle poltrone dei cda e delle assemblee degli azionisti dai dividendi milionari si dipanano fino a penetrare nel tessuto sociale dei piccoli centri di province come questa, che i profitti dell’industria bellica in questi anni di crisi hanno salvaguardato almeno in parte dalle conseguenze peggiori, creando un consenso capillare, o almeno una non ostilità, difficile da scalfire. La lotta contro l’imperialismo di casa nostra si giocherà anche in territori difficili con queste caratteristiche.
L’articolo è tratto dalla newsletter di PuntoCritico.info del 30 maggio 2025.
Devi fare login per commentare
Accedi