Mondo
Chip e AI, il vero tavolo del mondo che verrà e sul quale Trump vuole dare le carte
Non solo dazi sull’import ma anche sull’export: Trump Divide et Impera e ” tutti vissero infelici e scontenti”
La mutazione del core tecnologico in corso con Chip e AI: la partita di Trump con la Cina
Il cuore tecnologico globale è scosso dal neo-interventismo di Trump (senza i poteri dittatoriali di Putin e Xi) ma agendo sulle leggi “dopo” il consolidamento dei business (e non prima): la guerra scatenata tra le Big Tech che stanno “isolando” Musk ne è il sintomo più evidente. Certo, Trump non sta a guardare e con la famiglia che agisce in silenzio e nell’ombra anche per indebolire l’ex-delfino utilizzato per salire al soglio globale e manovrando “il cane da guardia” dell’antitrust in sonno da qualche tempo ma ora risvegliato dall’AI. Allora, non solo dazi sull’import degli USA ma anche auto-dazi sull’export verso la Cina che qualcuno in Bocconi ha chiamato – a ragione – “auto-tangenti“. Un colpo al cerchio e uno alla botte per pareggiare i conti tra USA e Cina? Forse, seppure improbabile vista la necessità di manovrare più leve strategiche (alleanze, scienza, tecnologia, consumi, debito, consenso, opinione pubblica globale, ecc.) che il tycoon dimostra di non saper fare con appropriatezza ma sapendo fare bene i propri interessi da posizioni di forza istituzionale. Ma anche per quietare le acque tra i due pachidermi globali? In attesa di tempi migliori si abbassano le spade? Vedremo con Tik-Tok USA in vendita ma con tutta calma attraendo i Big dell’AI incumbent o (quasi) nuovi come Perplexity che ha lanciato una offerta interessante su Chrome per 35 miliardi di dollari viste le incertezze in quei territori dei browser come terreno di caccia delle Big Tech dell’AI. Valendo questa start up “solo” 14 miliardi di dollari è evidente parte di una rete di investitori (per oltre il doppio dell’offerta) che credono nel suo AI model a caccia di applicazioni passando per la porta d’entrata principale dei browser appunto. Sfruttando la funzione non frizionale della Trump & Family che guardano e aspettano nell’ombra (per agire sugli “spezzatini” a cominciare con Chrome e Tik-Tok e mutamenti dei modelli di business dei vecchi browser guidati da AI?) ma manovrando o fermando leggi in attesa dei consolidamenti di business sul terreno. Di fatto sostituendo i poteri dittatoriali di Putin e XI canalizzando leggi favorevoli (o fermandole come a Mosca e Pechino che però possono anche arrestare i “disturbatori” ma non con Powel/FED), intanto alla propria famiglia e incassando “crediti” dai Big Tech che sopravviveranno in questa fase fluidissima e incerta che per ora è di isolamento di Musk colpito dai suoi ex-amici rinsaldati in una alleanza industriale Sam Altman (Open -AI) e Tim Cook (Apple) ormai in squadra. Forse anche per “resistere” alle “Liste di Proscrizione” attivate da Trump sulle 533 corporation (rivelate dal sito Axios) che lo hanno sostenuto in modi positivi (United, Delta , Airlines America, Uber, Google, Meta, Amazon; con in sospeso Tesla, SpaceX cadute in “disgrazia” per le note “intemperanze” di Musk), tiepidi ( Apple, Microsoft) o scarsi (Bank of America, JP Morgan). Senza alcun riferimento alle loro performance di medio-lungo termine o a standard di efficienza o patrimoniale ma sulla base delle loro policy aziendali in tema di inclusione, equità e diversità e che su queste dorsali sono cresciute di più negli ultimi 20 anni. Dunque, in perfetto stile (“purghe”) dei noti Putin-Xi e di molti altri regimi autoritari in contrasto con merito e capacità competitive premiando le aziende più fedeli e prone al capo supremo in stile neo corporatista.
Guerra dei dazi “a due vie “ con “regolazione interessata” della guerra dei chip/AI
Infatti, l’ultima curiosa invenzione estratta dal cilindro del fantasioso mercante dello Studio Ovale profuma di (neo) interventismo industriale con una sorta di tassazione del 15% (sui profitti o sulla produzione esportata?) delle Big Tech per eccezione come Nvidia e (la più piccola) Amb. Se sui profitti o sulla produzione esportata definirebbe un confine tra sopravvivenza e (possibile) scomparsa. Se, come sembra, è un aumento dei prezzi sull’esportato in Cina (e solo là o anche sul “riesportato” da paesi non USA?) si stimano 23 miliardi di dollari per Nvidia e 800 milioni per Amb con un incasso USA tra 4 e 5 miliardi di dollari. Una enormità per gli impatti sui profitti di queste due Big Tech ma “bruscoli” se si vuole ridurre l’abnorme deficit USA. L’Amministrazione Trump si comporterebbe come un “predone medioevale” o come un “pirata dei Caraibi” del ‘500 e ‘600, prospettandosi nell’ attualità come “partner forzoso” nel business dei chip. Perché di fatto viene riesumato un vecchio armamentario come strumento “forzoso” di partecipazione finanziaria asimmetrica, ossia senza rischi: esercitando una sorta di golden share su una “licenza commerciale” per la quale se esporti (in Cina) paghi (15%), ma se fallisci sei solo. Di fatto il Governo USA sta “ostacolando” la concorrenza in Cina dei chip americani, con l’effetto (controintuitivo) di spingere la competitività dei chip cinesi che verranno incentivati al “miglioramento” per la loro sostituzione di quelli americani, avanzando tecnologicamente e in particolare nell’area dell’AI, forse con la fotonica (?). Un quadro chiaro-scuro che emerge dal recente documento Executive Office of the President of the United States – Winning the Race – AMERICA’S ARTIFICIAL INTELLIGENCE ACTION PLAN, july 2025.
Tutto questo per fermare il surplus cinese che dalla prima presidenza Trump è in aumento, magari provando ad aumentare gli acquisti di soia? Soia contro chip, ossia terra contro conoscenza? Il presente sovrastimato ossessivamente rispetto ad un futuro sempre troppo lontano? L’impensabile si realizza e gli effetti li vedremo presto. Dopo la discesa reciproca dei dazi esplosivi dal livello minacciato del 145% con risposta cinese al 125% iniziale per finire 30 a 10, ma che si stima possano scendere ancora al vertice Apec del 31 ottobre a Seul. Le spade infuocate sono diventate tiepide, quasi fredde per un divorzio economico condiviso progressivo? Ma non distruttivo e dunque prevedibile, perciò governabile. Dopo fuoco e fiamme sugli schermi a reti unificate come delle Series TV (senza mai un inizio e mai una fine), le interdipendenze insegnano e consigliano moderazione se non reciprocità. Il neo-interventismo sui chip sembra però cambiare le regole del gioco in corsa e con effetti imprevedibili, soprattutto sui confini tra chip di massa (vicini ai business, dove domina la Cina) e chip ad alto potenziale innovativo e connessi all’AI dove sembrano avanzare gli USA, per ora, come potenza di calcolo se basterà. Visti per esempio gli esiti recenti di Deep Seek nel metodo di sviluppo. Dove approcci open source (non proprietari) e greggi di start up di innovatori distribuiti hanno consentito di abbassare notevolmente il fabbisogno finanziario e la stessa traiettoria di investimento, spostando la guerra degli standard sulla frontiera dalla potenza dei chip (sovrastimata dalle Big tech?) alla loro adattabilità ai contesti, sottostimata (?).
Ricordando – peraltro – che questa emergente spartizione del mondo in aree di influenza non è solo sui mari ma agisce anche sulle terre e su quelle rare in particolare dove il dominio rimane cinese al 65%. Anche ora con un probabile spostamento della centralità del litio verso l’alluminio per le batterie a maggior potenziale lanciate dalla giapponese Toyota a sostegno dell’idrogeno di mobilità (e non solo guardando agli accumulatori) che spiazza Tesla ma in parte anche la Cina verso maggiore pluralità tecnologica. Anche se pure nell’alluminio la Cina detiene il 60% della produzione, con l’Italia (dato non irrilevante) tra i maggiori “ricicloni” di alluminio (Brescia docet). Nemmeno “giochetti” (risibili) (tipo back-door per disattivazione a distanza) sulle qualità di questi chip servirebbero dato che non li comprerebbe nessuno, ca va sans dire.
La Cina in effetti sta già “saltando” su altre tecnologie per rivoluzionare i chip di frontiera USA con la fotonica, by-passando l’(in)fusione al silicio. Dunque tutta questa confusione sotto il cielo senza alleanze sicure, protettive frontiere tecnologiche o garanzie sui confini territoriali (che la Cina stà “forzando” con una legislazione estensiva sulle regole di extra-territorialità entrando in frizione con le regole delle nazioni fuori dai suoi confini visti gli esempi di “successo” in Ucraina e Gaza) prodotta dallo “strumpismo & family”( che non sono per ora un valore aggiunto) non sta realizzando risultati soddisfacenti. Non all’interno, né in decrescita dei prezzi, né in occupazione, né in forza del dollaro, né in avanzamenti di frontiera tecnologica (viste “le bastonate” sui bilanci alle università di punta come Harvard), né in alleanze strategiche (“premiare” Putin non ha “allontanato” Xi), né in minore debito (non basta la soia contro i chip). Non all’esterno visti gli sconquassi di guerra che non trovano pace. Cioè, potremmo dire tutto il contrario e i primi a pagarne il prezzo saranno proprio coloro che pensavano di essere protetti dall’ombrello MAGA dell’Uomo della Provvidenza finito “per caso” nello Studio Ovale, mentre i suoi tradizionali “nemici” avanzano nonostante i dazi e mentre gli investimenti verso gli USA richiedono tempi non brevi. Un Presidente che deve forse ancora capire che “la forza del potere” non sempre coincide con “il potere della forza” perché nel mezzo c’è la democrazia, le sue regole e i suoi diritti, i mercati e la competitività con le loro istituzioni di checks & balances nell’interdipendenza globale e relativi (e necessari) multilateralismi e che un “Uomo Solo al Comando” non può mai sostituire completamente. Dall’Alaska spingono allora venti freddi dai quali proteggersi e serve una Europa pronta in campo guardando alle dinamiche sulla frontiera tecnologica tra chip, nuove energie e mobilità, accelerando su difesa autonoma e sovranità continentale, anti-nazionalista e anti-sovranista (anche al fianco dell’Ucraina) in un campo largo (larghissimo) dell’Occidente 2, oltre quello che uscì da Yalta in Crimea e ora annessa de facto dalla Russia sfruttando le debolezze dell’Occidente 1 di oltre Atlantico.
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