Mondo
È l’evo del Tecno-oscurantismo globale?
Ci tocca vivere un’epoca che decreta il flop dei grandi umanisti e scienziati del passato. E questo è frustrante., oltre che penoso e sconveniente per la civiltà.
Ci siamo, ormai! I tempi sono tali che non si distingue più tra intelligenti e non, colti e sprovveduti, educati e zotici, ma tra umani e disumani. La spirale di degrado etico e politico innescata da diversi decenni ghermisce la storia stessa delle genti che abitano il mondo. La parte più consapevole, che non provo neanche a quantificare, se ne preoccupa e in qualche modo cerca di reagire. L’altra, persevera nell’esercizio spavaldo e di esaltazione del pensiero interventista, quasi a rinverdire la massima del più nefasto dei futuristi, quel Marinetti che ebbe a dire: “La guerra sola igiene del mondo”. In maniera concitata e confusionaria la realtà, nelle sue varie sfaccettature, si offre come un incubo scoordinato e imprevedibile, dove il ponderabile assume la forma di una scheggia impazzita che esplode ovunque ci sia una riflessione pacifica che resiste, un atteggiamento dignitoso non allineato con il potere dominante, una speranza semplice e decorosa per un avvenire migliore. Il mondo è sprofondato in una sorta di nichilismo indotto e traviato? Può darsi. Certamente, siamo di fronte a qualcosa di così indecente che avrebbe fatto inorridire gli scettici più pregevoli del passato, come Gorgia, Schopenhauer, Leopardi, Nietzsche, Heidegger e il Marchese de Sade. Ma tu guarda, viviamo un ‘epoca che decreta il successo del dadaumpa mediatico e il flop dei grandi umanisti e scienziati del passato! Dividere l’umanità in umani e disumani può essere una contraddizione in termini e per quanto mi riguarda anche illogica, tanto più che nessuno, qui, vuole stabilire nuove differenze e categorie, in virtù delle quali distribuire giudizi positivi e negativi. Credo, tuttavia, che bisogna impegnarsi per l’affermazione di un concetto di umanità che riguardi la dignità di tutti, dalle popolazioni più agiate agli ultimi della Terra, dagli svizzeri ai popoli dell’Africa subsahariana, dai norvegesi ai palestinesi. Nel 1490 Leonardo da Vinci guardava al futuro dell’uomo con spirito umanistico e scientifico, prefigurandone, probabilmente, un’epoca di grande evoluzione morale e tecnologica. E disegnò l’Uomo Vitruviano, uno studio delle proporzioni ideali del corpo umano iscritto sia in un quadrato, rappresentante il nostro pianeta e il mondo materiale, che in un cerchio, inteso come perfezione divina e sfera celeste. Ispirato dall’architetto Marco Vitruvio Pollione, che visse in epoca romana (80-15 a. C.), il maestro rinascimentale volle simboleggiare l’unione tra uomo e cosmo, scienza e arte. Poco meno di seicento anni fa, Leonardo prospettava, dunque, un’umanità che si avvicina a un concetto assoluto di evoluzione, dove l’armonia tra corpo e spirito, conoscenza e azione, avrebbe dovuto sovrintendere alle sorti del mondo. Ma, oggi, quelle premesse, tanto nobili quanto intuitive, non hanno generato tra le governances nessuna relazione tra memoria e coscienza. Le catastrofi umanitarie dei nostri tempi sono la dimostrazione tangibile che la politica internazionale degli Stati egemoni è unicamente concepita come violenta azione di guerra, invasione, accerchiamento, aggressione, devastazione, distruzione e abbattimento del nemico, anche se disarmato, inerme, atterrito.
Appare abbastanza chiaro che viviamo un’epoca dove tra esperienza e conoscenza sia stato eretto un muro di invalicabilità, che permette ai padroni del mondo di agire indisturbati nelle loro angherie, perpetrate sistematicamente a danno degli indifesi e dei più deboli. E a poco serve richiamarsi a una storia che non è più, da decenni, magistra vitae. Se guardiamo alla politica nazionale e proviamo a entrare nel sistema della sua comunicazione, ci accorgeremo, ben al di là delle cantilene prodotte dalle starlette del giornalismo frou-frou, che è del tutto accantonata l’idea di qualsiasi elaborazione volta a facilitare la giustizia, il dialogo politico costruttivo, il risanamento dell’economia. Immaginare una politica al di fuori di questi campi sarebbe stato impossibile prima dell’avvento, a ogni livello, dell’elemento deculturale sopraggiunto negli anni di fine Novecento, che l’ha ridotta a una materia dipendente dalle nevrastenie degli interpreti e non più una disciplina soggetta a ragionamento. Del male inerente alla politica non si parla mai abbastanza e volentieri, quasi fosse un termine eccessivo e non ci riguardasse così da vicino. Vi è una tendenza, a dispetto di tutte le dimostrazioni empiriche del caso, a giudicare il bene e il male come riferimenti totalmente relativi. Certo, il male può risultare qualcosa di abissale e misterioso e non basta la psicanalisi migliore per venirne a capo. Però, tranne quelle forme di disfacimento individuale dell’esistenza, che talvolta appaiono come svincolate dalla coscienza e vanno per questo indagate, il male può essere identificato con qualsiasi cosa di disumano, senza alcuna possibilità di sbagliare. Allora accade che possiamo commetterlo con le nostre perversioni e la stupidità che ci pervade. Possiamo, naturalmente, sostenerlo apertamente, o in maniera subdola, aderendo e collaborando all’interno di un sistema di potere che opprime chi non vi prende parte. La modernità è data da questa modalità strutturale, istituzionalizzata e globale, al punto da mettere a repentaglio la sopravvivenza della nostra specie e finanche la salute del pianeta. Il fenomeno preponderante della guerra nel circuito geopolitico e della corsa al riarmo delle nazioni non è altro che il segnale più inquietante di una logica di potere in netto contrasto con i desideri e le speranze di una larga parte dell’umanità, desiderosa di conversazioni di confronto, pace, serenità. In un frangente dove la recrudescenza dei nazionalismi, generatori di ogni fascismo, sembra inarrestabile, l’umanità ha bisogno di farsi comunità, compattandosi per uscire, con nuove scelte e rinnovato impegno, da quello che probabilmente le future generazioni definiranno una sorta di Tecno-oscurantismo globale.
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