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Essere ebrei dopo la distruzione di Gaza
Il diritto all’uguaglianza tra ebrei israeliani e palestinesi per godere di una reciproca condizione di pace e di sicurezza. Che la supremazia israeliana non può garantire, se non a patto dell’idolatria di uno stato che non rispetta la vita umana.
«Agire nello spirito della religione significa unire ciò che è diviso, ricordare che l’umanità intera è figlia di Dio. Agire nello spirito della razza significa separare, spaccare, smembrare la carne dell’umanità vivente» (Abraham Joshua Heschel)
Non è proprio unanime e appiattita sulla difesa di Israele la voce della diaspora ebraica in Italia e nel mondo. Così appare perché spesso a prendere la parola sono i suoi portavoce ufficiali. Ma cercando si può trovare anche qualche voce dissonante tanto singolare quanto lucida e importante.
È in libreria in questo giorni “Essere ebrei dopo la distruzione di Gaza”, pubblicato in Italia da Baldini e Castoldi, opera di Peter Beinart, editorialista del New York Times e direttore editoriale di Jewish currents, noto magazine della sinistra progressista ebraica americana. Un libro tanto profondo, accorato e documentato che davvero merita un’attenta lettura. Beinart è figlio di ebrei immigrati dal Sudafrica, mentre sia i suoi nonni paterni che quelli materni erano ebrei. In una critica serrata mette in discussione non solo la direzione della politica dei governi israeliani di ieri e di oggi, ma chiede una rifondazione spirituale e culturale dell’ebraismo.
A un suo interlocutore ebreo anonimo si rivolge all’inizio del libro in maniera diretta: «quando ti sento tuonare parlando degli israeliani che sono stati uccisi e presi in ostaggio il 7 ottobre, vorrei che riservassi parte di quella legittima rabbia ai palestinesi che sono stati massacrati in maniera ancora maggiore. È il motivo per cui ho intitolato questo libro Essere ebrei dopo la distruzione di Gaza, non Essere ebrei dopo il 7 ottobre. Non perché io minimizzi quel giorno. Come te, sono ancora sconvolto da quelle atrocità. Ho scelto il primo titolo perché so che sei inorridito da quel giorno. Mi preoccupa il fatto che tu non sia sufficientemente inorridito dai giorni che sono seguiti e da quelli che l’hanno preceduto».
Beinart non è nuovo a riflessioni critiche (suo è il libro del 2012 The Crisis of Zionism).
Ma in questo nuovo testo interpreta la situazione nuova che si è presentata con l’esplodere dell’ultimo conflitto e che, a suo parere, richiede una nuova narrazione: «Dalla distruzione del Secondo Tempio all’espulsione dalla Spagna e all’Olocausto, gli ebrei hanno raccontato nuove storie per replicare agli orrori che abbiamo sopportato. Ora dobbiamo raccontare una nuova storia per rispondere all’orrore che ha perpetrato un Paese ebraico, con il sostegno di molti ebrei in tutto il mondo…Abbiamo bisogno di una nuova storia, basata sull’uguaglianza piuttosto che sulla supremazia, perché quella attuale non mette in pericolo solo i palestinesi. Mette in pericolo noi».
Beinart, ad un certo punto, ha un’osservazione fulminante sull’esperienza della salvezza nel libro dell’Esodo come conquista di libertà per degli schiavi. Invita a considerare anche l’altro lato: la liberazione del faraone dal suo ruolo di padrone. Fin quando l’umanità non si libererà dalla schiavitù e insieme dalla prepotenza del potere sarà condannata ad un ciclo di ripetizioni.
E non troverà riscontro nella missione affidata da Dio ad Israele: «Proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti» (Lv 25,10).
In Italia un gesto coraggioso che merita di essere conosciuto è il comunicato congiunto fatto dal Cardinal Zuppi arcivescovo di Bologna, e Daniele De Paz, presidente della comunità ebraica di Bologna. I bolognesi che conoscono entrambi non si stupiscono perché la loro amicizia e la loro collaborazione, spesso sfociata in incontri pubblici, data da molto tempo.
Ma quest’ultimo è un comunicato così carico di novità che merita di essere letto per intero (qui).
De Paz ha svelato di aver ricevuto messaggi di contestazione duri «ma le testimonianze di sostegno sono state molte di più di quelle di chi ha cercato di mettermi in cattiva luce, anche nel mondo ebraico».
E’ da parole e condivisioni come queste che può nascere quella narrazione nuova invocata da Beinart che sfoci nella realizzazione di una nuova umanità: «Parlando degli eredi di Abramo nel libro della Genesi, Dio dice: “E tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua progenie, perché tu hai ubbidito alla mia voce”. Forse è questo ciò che significa oggi per il popolo ebraico benedire l’umanità: significa liberarci dal suprematismo e contribuire, insieme ai palestinesi, a liberare il mondo».
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