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A due anni dal 7 ottobre, la Freedom Flotilla sfida la zona rossa per arrivare a Gaza
La Freedom Flotilla e la missione “Thousand Madleens”, con a bordo medici, sfidano il blocco navale israeliano una settimana dopo il tentativo della “Sumud”. Il segretario dell’Onu Guterres ricorda le vittime dell’attentato di due anni fa, e chiede il cessate il fuoco.
Proprio oggi, a due anni esatti dall’attentato senza precedenti guidato da Hamas il 7 ottobre 2023, una flotta di undici imbarcazioni della Freedom Flotilla Coalition e della missione “Thousand Madleens to Gaza”, con a bordo più di 250 persone tra medici, infermieri, giornalisti e volontari, si avvicina alla “zona rossa” di interdizione israeliana al largo della Striscia di Gaza. Al momento si stanno avvicinando L’obiettivo dichiarato è quello di rompere il blocco navale imposto da Israele, offrendo soccorso e aiuti umanitari a una popolazione ormai sotto assedio da quasi due decenni.
Nella notte tra il 7 e l’8 ottobre, «le otto imbarcazioni della missione Thousand Madleens to Gaza assieme alla nave Conscience della Freedom Flotilla Coalition, dirette verso la Striscia di Gaza, entreranno nella zona rossa». Le imbarcazioni, partite dai porti italiani di Catania e Otranto, trasportano centinaia di attivisti, volontari, operatori sanitari e tonnellate di aiuti umanitari destinati alla popolazione assediata.
La nave ammiraglia Conscience, partita dal porto di Otranto il 30 settembre, è al centro di una minaccia israeliana esplicita: il governo di Tel Aviv ha infatti annunciato di volerla “bombardare nuovamente” – la stessa nave era stata già colpita il 2 maggio scorso in acque internazionali al largo di Malta. La Freedom Flotilla denuncia che si tratta di “una minaccia gravissima contro un’azione civile, pacifica e perfettamente legittima secondo il diritto internazionale”.
Questa iniziativa segue quella della Global Sumud Flotilla, una precedente missione che ha visto l’intercettazione da parte delle forze israeliane di 42 imbarcazioni cariche di aiuti umanitari e la cattura di oltre 450 attivisti. Molti di questi sono stati deportati in vari Paesi, tra cui Giordania, Italia e Turchia. Il Ministero degli Esteri giordano ha confermato di aver ricevuto e assistito 130 attivisti provenienti da diversi Paesi.
In vista di questo momento cruciale, la coalizione ha lanciato un appello alla “mobilitazione generale” per l’8 ottobre, con presidi di solidarietà, cortei, scioperi e azioni pubbliche in tutta Italia e nel mondo. La missione si propone di “tutelare i nostri concittadini e tutti gli attivisti internazionali a bordo della Conscience, che trasporta soprattutto medici, infermieri e medicinali, e delle barche della Thousand Madleens to Gaza, cariche di aiuti e solidarietà per la popolazione assediata”.
Una missione di pace in mare aperto
Gli organizzatori della Freedom Flotilla sottolineano che “tutte le imbarcazioni hanno diritto di accedere a Gaza”: la missione esercita “il diritto internazionale di soccorso e la libertà di navigazione per proteggere un popolo sotto attacco e aprire un corridoio umanitario permanente verso la Striscia”. Un corridoio che non è solo logistico, ma anche “morale e politico, necessario per far cadere l’assedio illegittimo e disumano imposto da Israele da oltre diciotto anni”.
A bordo non ci sono armi, ma “vite, coscienze, medici che rispondono alla chiamata disperata dei loro colleghi di Gaza, stremati da mesi di guerra, fame e distruzione”. Difendere la missione in corso significa quindi “difendere la vita a Gaza”.
L’8 ottobre si preannuncia una giornata di alta tensione e di mobilitazione globale, con la Freedom Flotilla pronta a sfidare la “zona rossa” e un mondo chiamato a prendere posizione a sostegno di una causa umanitaria che ha anche un forte valore politico e morale.
Gaza tra distruzione e crisi umanitaria
Mentre la Freedom Flotilla si avvicina, la città di Gaza continua a subire devastazioni senza precedenti. Alcuni quartieri sono stati praticamente annientati. Nella sola zona di Zeitoun, a Gaza City, più di 1.500 abitazioni e strutture sono state distrutte dall’inizio di agosto, lasciando intere porzioni del distretto senza più edifici in piedi. Questa distruzione massiccia aggrava ulteriormente la già grave crisi umanitaria, aumentando la disperazione della popolazione civile che lotta per sopravvivere tra le macerie. Come riportato dal giornalista di Al Jazeera Tareq Abu Azzoum, «Israele sta demolendo i grattacieli di Gaza City, rase al suolo interi isolati che un tempo ospitavano migliaia di persone». Le autorità locali hanno dichiarato che nelle ultime settimane sono stati distrutti almeno 50 edifici a più piani, mentre l’assalto israeliano alla città si intensifica, causando una nuova ondata di sfollamenti forzati.
Il Medio Oriente a due anni dal 7 ottobre 2023
Nel giorno del secondo anniversario dell’attacco di Hamas che ha segnato un punto di svolta nel conflitto israelo-palestinese, l’organizzazione ha diffuso un comunicato in cui denuncia la “brutale guerra” di Israele contro il popolo palestinese, definendo “massacri contro civili indifesi” commessi con “la complicità internazionale e un fallimento senza precedenti del mondo arabo”. Hamas rivendica la “resistenza popolare” e la “fermezza” del proprio popolo, che resta “radicato nella propria terra” e determinato a difendere “diritti legittimi” contro “piani di liquidazione e spostamento forzato”.
In questo clima di tensione, il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha ribadito la necessità che il mondo agisca “con ancora maggiore urgenza” per porre fine alle ostilità. “Due anni fa oggi, Hamas e altri gruppi armati palestinesi hanno lanciato un attacco terroristico di larga scala e aberrante contro Israele”, ha ricordato Guterres, sottolineando come “in questo giorno, ricordiamo tutte le persone uccise e che hanno subito violenze orribili”. Il capo dell’ONU ha inoltre denunciato le condizioni “deplorevoli” in cui si trovano i prigionieri a Gaza e ha rinnovato il suo appello a “rilasciarli incondizionatamente e immediatamente”.
Guterres ha invitato a cogliere la proposta di cessate il fuoco avanzata dall’ex presidente Trump, definendola un’opportunità da “afferrarsi” per porre fine al conflitto. Ha quindi chiesto un “cessate il fuoco permanente e un processo politico credibile” come unica strada per arrivare a una pace duratura e giusta, in cui “israeliani, palestinesi e tutti i popoli della regione vivano fianco a fianco nella sicurezza, dignità e rispetto reciproco”.
Le trattative in corso
Ieri sono iniziate in Egitto trattative indirette per porre fine alla guerra in corso tra Israele e Gaza, sulla base del piano Trump, ma finora sono emersi pochi dettagli. Dal giorno in cui il presidente Usa ha chiesto a Israele di sospendere la campagna di bombardamenti, almeno 104 persone a Gaza sono state uccise dalle forze israeliane. Si sta discutendo anzitutto sullo scambio dei prigionieri (i 20 ostaggi israeliani in mano ad Hamas contro 250 prigionieri palestinesi con ergastolo più 1700 gazawi detenuti dopo il 7 ottobre 2023), prima di passari ai punti più complessi del piano.
Il bilancio delle vittime dall’inizio della guerra, due anni fa, è tragico: almeno 67.160 palestinesi sono stati uccisi e 169.679 feriti, mentre in Israele sono morte 1.139 persone e circa 200 sono state prese come ostaggi durante gli attacchi del 7 ottobre 2023.
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