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Gaza: una finta pace per continuare la guerra verso arcaico e paleozoico di una modernità sbriciolata

Una finta pace per continuare la guerra verso un non-dove coloniale e imperiale decomponendo democrazie e stati costituzionali

1 Ottobre 2025

Tutti vogliamo sperare che il Piano USA per Gaza sia almeno un avvio di pace un lume di speranza, o una prova di cessate il fuoco dopo il massacro a cielo aperto che si è realizzato con ormai quasi 70mila morti, prevalentemente civili, bambini , donne  e molti morti di stenti, fame, sete , assenza di medicinali con centinaia di migliaia di feriti. Di fatto, già nel metodo, sembra però più una “finta pace” per consentire a Netanyahu di “finire il lavoro” , con il rischio di lasciare esposti e sospesi sia Palestinesi che Hamas con la responsabilità di aver rifiutato “Il Piano di Pace “ proposto da Trump. Ciò che vediamo è due ex democrazie nel transito da una tecnocrazia che serve a svuotare le democrazie spingendole verso (finte) teocrazie da dare in pasto a popoli impauriti  e confusi sia per USA che per Israele allineandosi in questo modo a tutti i paesi che hanno sempre voluto combattere da almeno 80 anni dopo la fine della II Guerra Mondiale.

Vediamo indizi chiari che Trump e Netanyahu “fingono” allora, il primo di proporre una pace di 21 punti  e il secondo di accettarla (con riserva)  e Hamas che non può rifiutare  ma che di fatto serve a giustificare un proseguimento della guerra di fronte ad un eventuale rifiuto di quest’ultimi e dunque poi “finire il lavoro” essendo ormai implosa, anche la politica, e con essa la Diplomazia e il diritto internazionale con ogni aspirazione alla convivenza. Infatti, molti paesi Europei e Arabi già lo definiscono (derubricandolo) come un semplice “avvio di negoziato” (forse), mentre viene venduto come un Accordo di Pace. Dimostrato dal fatto evidente che esclude in primo luogo il Popolo Palestinese da questa presunta pace. Inoltre – in secondo luogo – non si dice nulla sul destino della Cisgiordania. Ossia potremmo domandarci se si chiede a Netanyahu di fermarsi su Gaza con una Governance israelo-americana, ma per realizzare di fatto i vari programmi (già sbandierati da mesi) di colonizzazione da Riviera Mediterranea come si dipinge da tempo nelle piattaforme di Trump e nelle conversazioni pubbliche per esempio di Smotrich (il più estremista dei Ministri Israeliani) che parla di “piano immobiliare da dividere con Washingthon”. Offrendo forse in cambio di questa “finta pace” l’annessione della Cisgiordania che legittimerà uno stato di apartheid ormai consolidato da anni se non decenni cancellando ogni speranza di uno Stato Palestinese in Palestina?

Uno Stato che paradossalmente non vogliono né Netanyahu né Hamas. In sostanza si propone di far nascere un protettorato americano su Gaza  guidato da Trump stesso in coppia con Blair per governare con i paesi arabi e la carta degli Accordi di Abramo come mappa (che potrà forse includere un giorno anche l’Iran?) per la ricostruzione senza un cenno sul futuro del Popolo Palestinese. Allora il tema ora è dunque cosa accadrà? Paradossalmente nemmeno la catastrofica tragedia di una deportazione sarà possibile perché nessuno Stato vuole 2-3 milioni di Palestinesi. Quindi cosa si vuole? Uno Stato bi-nazionale ma dominato da Israele con un feroce apartheid che si scontrerà con una demografia che vedrà crescere di più i Palestinesi rispetto agli israeliani, dunque con un potenziale conflitto interno nel medio-lungo termine in uno Stato duplice etnico-culturale che accenderà fuochi inevitabili di terrorismo diffuso, purtroppo, e per decenni dopo la devastazione genocidaria e di pulizia etnica che si sta consumando. Ecco perché l’ipotesi “salvifica” 2S2P2T (due Stati per due Popoli per due Territori) rimane l’unica opzione credibile per la sicurezza di entrambi e per l’equilibrio dell’intera area anche rispetto all’esterno e che offrirebbe un futuro e una speranza possibili ma solo dentro questo perimetro di soluzione stabile e credibile. I 21 punti della presunta pace allora sarebbe un viatico di “Pace Eterna” – come dice Trump – rischiando di esserlo effettivamente de facto, ma tragicamente, “esfiltrando” i poveri Palestinesi verso un “non dove” tutto da identificare e “al buio” di fragili alleanze internazionali. Ecco perché questo piano è stato correttamente derubricato dalla Diplomazia internazionale ad un Accordo come “semilavorato” (nella lucida definizione di Lucio Caracciolo di Limes) tutto da verificare e realizzare a partire dalla Governance transitoria per avviare la ricostruzione che vorrebbe escludere non solo i terroristi di Hamas ma anche i Palestinesi e l’ANP.

C’è allora da chiedersi se le due neo-autocrazie teocratiche emergenti concatenate in Occidente (USA e Israele) si stanno “allenando” ad un governo armato del nuovo (dis)ordine Mondiale … delegando il braccio armato ad Israele per il perimetro medio-orientale con il pugno di ferro  e fuoco dentro una narrazione mistico-religiosa (dove si confonde Dio, Terra, famiglia, religione senza nessuna etica della responsabilità  e in un vuoto morale), “liberando gli USA sul Pacifico come front men della Cina, seppure in mezzo a nazioni bastonate dai dazi (amiche e nemiche). E così in USA Trump cerca il conflitto interno militarizzando le città e spaccandole, dividendo il paese in amici e nemici (cioè fedeli e infedeli) per rimanere Presidente in eterno alla ricerca di fuochi di nuova guerra civile? Piano denunciato pubblicamente da Newsom. Fortunatamente ci sono segnali di risveglio dei popoli e di una opinione pubblica civica di fronte al tragico vuoto politico che si è aperto e che ritroviamo anche nell’ azione simbolica e politica di Global Sumud Flotilla come atto civico (e politico) umanitario di consegna di aiuti materiali alla popolazione di Gaza che muore. Dimostrando che se la politica si fosse mossa prima si sarebbero potute evitare molte vittime civili riducendo la devastazione materiale e umana che abbiamo davanti agli occhi. Dove i Popoli si affacciano direttamente sul palcoscenico della politica in prima persona e senza intermediari opponendosi ad una politica di sola potenza della forza nella catastrofica commutazione conflittuale tra democrazie e autocrazie travestite da teocrazie mistiche sia in USA che in Israele,  ma che mette a rischio  entrambe  come le avevamo conosciute minandone l’unità primigenia. Infatti, qui un pugno di autocrati medioevali stanno spingendo il mondo indietro al paleozoico, accontentandosi di arricchimenti personali, di presunti Premi Nobel e/o di evitare condanne penali internazionali per crimini contro l’umanità. Dove certo includiamo anche il Putin aggressore criminale dell’Ucraina  e che sta sfruttando le debolezze e incertezze Europee e la volatilità di Trump avvelenando i pozzi del consenso con guerre ibride a 360 gradi, dimostrate anche dalle ultime elezioni in Moldova fortunatamente vinte dagli europeisti.

Allora 21 punti di un (presunto) Accordo di Pace che ha certamente un grande vulnus e cioè la mancanza del riconoscimento dello Stato di Palestina, se non come prospettiva fumosa e senza tempi, senza il quale non potrà esserci nessuna pace stabile e giusta, nonostante i 152 su 190 che questo riconoscimento lo hanno formalizzato all’ONU e in maggior parte da anni. Dobbiamo riconoscere allora che la modernità si fa arcaica e il progresso che pensavamo infinito è smentito e regredisce con la politica sciolta nel (o in ostaggio del) consenso ibrido e volubile di social usati come clava per randellare nemici e infedeli nell’irresponsabilità delle Big Tech. Politica e politici che quel consenso sono solo capaci di rincorrerlo per soli obiettivi di pura conservazione del potere ben rappresentato da populismi e nazional-sovranismi diffusi all’unico prezzo che sanno incassare mobilitando appunto guerre in mondi frammentati e iper polarizzati anche da quei social che soffiano proprio su violenze e conflitti come motori di traffico con la favola bella e falsa del “free speech” perché è a una sola via e senza ritorno. L’Italia è solo l’ultima vittima di questo quadro  di una landa umana desolante e desolata che avrebbe bisogno di una Europa forte e attiva ma che oscilla tra i tanti (troppi) suoi oppositori interni ed esterni. Mentre è solo in Europa che la fiammella della speranza può mantenersi accesa se sapremo superare decisioni all’unanimità ripartendo dai Volenterosi, da una difesa e sicurezza comuni (integrata alla Nato) e nel sostegno dei popoli che la scelgono come destino.

 

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