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Guerra esistenziale tra Israele e Iran. La dottrina della forza non compensa le debolezze strategiche
Crisi Israele-Iran. Un Occidente con gli USA ai margini e un’Europa attiva a difesa dei principi liberal-democratici (di giustizia, civiltà, dignità dei popoli e delle persone). Si va verso nuovo multilateralismo post globale?
Israele sembra puntare a un regime change in Iran. Ma è realistico?
La politica estera globale sembra “in stallo” secondo alcuni osservatori, secondo altri assume la forma liquida “di una maionese rancida” con una opinione pubblica schiacciata in onde polarizzanti. E quella italiana? Forse surfando tra estremismi (Lega) e pragmatismi (FI) sta nel mezzo. Quel che si può dire è che non si sommano le tante forze ma le diffuse debolezze dei più dagli USA, a Israele, dai paesi arabi all’Iran, non esclusi Russia e Cina. Al crescere delle debolezze politiche nel caos di un trumpismo entropico crescono i cannoni. Con molto spazio per opportunismi (o “doppiogiochismi”) strategici come l’Arabia Saudita di MBS o la Turchia di Erdogan che provano a stare nel mezzo giocando di “rimbalzi ma senza chiarezza sul perché e sulla direzione da prendere. L’ Europa quasi ” senza voce”. Si può forse dire che siamo in presenza di “(dis)equilibri ecosistemici globali in conflitto ma interconnessi”: situazione ottocentesca. Trump “rincorre” Netanyahu che lancia messaggi all’Arabia Saudita (sunnita e nemica dell’Iran sciita) che è pressata dal primo. Mentre l’Iran “isolato e indebolito nei proxy” (Hezbollah/Libano, Hamas/Gaza, Houthi/Yemen) cerca di attrarre appoggi dalla Russia essendone fornitore di droni e petrolio. Risalgono i timori per il terrorismo non più “solo” di “Lupi Solitari” (in sonno) che il duplice sanguinoso e vile attacco a due MP americani (DEM di origini ebraiche’?) ne sono la spia tragica. L’Europa cerca un dialogo a 360 gradi ma senza idee chiare tra diritto alla difesa di Israele e “ingiustificata e sproporzionata” azione (di pulizia etnica) a Gaza, che (in)dispone la riluttanza di Riad ad avanzare negli Accordi di Abramo con Israele ma “apprezza” l’indebolimento nucleare del vicino che ha anche mire “religiose” sulla Mecca.
Le opinioni pubbliche mondiali allora si dividono trasversalmente tra dx e sx e tra pacifisti ad oltranza e ad “interim” (USA, UE), maggioranze rumorose e opposizioni (spesso) silenziose (Iran, Turchia) con una Nuova Siria che si smarca e prova a rientrare in gioco fornendo “spazio aereo” agli alleati occidentali. Ma di quale Occidente con un USA sempre più nelle derive dei suoi bordi con un competitive authoritarianism, come lo definisce Paul Krugman quale virus pandemico che si aggira sempre più in Terre (post)umane e che indica – giustamente – nell’Europa l’unico baluardo? Una UE, che tuttavia deve “ergersi per camminare” e potrà farlo se unita, innanzitutto nella difesa e sicurezza (che è anche economica, demografica, energetica, dei diritti oltre che di deterrenza). Infatti, assistiamo a polarizzazioni e favoreggiamenti di estremismi, ad hora, con il silenziamento del dialogo e del diritto internazionale che soccombono con la crisi strutturale della politica e di una leadership globalista e multilateralista a favore di interessi di parte, corporatistici e personalistici dove “bene comune” e “valore e dignità delle persone” sembrano usciti da radar accecati (resi miopi anche da social velenosi e dalla devianza algoritmica dell’AI) e che vanno rimessi con urgenza al centro.
Fatti reali tra attese e obiettivi di “regime change” irrealistici?
I fatti ci dicono che Israele ha attaccato i gangli del potere sciita e ora le centrali nucleari ma forse non in profondità (essendo questi siti super protetti e affondati sotto centinaia di metri di sabbia desertica e di montagne), decapitato le prime linee di comando militare e scientifiche a capo del programma nucleare (noto e non noto viste le “diagnosi” dell’AIEA). Dunque, con un esercizio di una “Dottrina della Forza” che si proietta ben oltre il 7 ottobre (dove troveremo gli ostaggi deglutiti dai meandri del terrore di Hamas?) in un espansionismo senza confini che vuole innanzitutto negare ogni spazio di dignità civica e umana al Popolo Palestinese (a Gaza e in Cisgiordania) e che punta all’irrealistico “regime change” a Teheran. Perché l’Occidente dovrebbe aver imparato (dall’Iraq, all’ Afghanistan, dal Kosovo alla Libia ) che la “democrazia non si esporta” con i cannoni, ma certo neppure l’autoritarismo, verrebbe da dire. Con la differenza che la democrazia inietta “memoria di diritti” e l’autoritarismo inietta veleni, paura e morte. L’uso della paura come strumento politico si è diffuso come un virus dai regimi autoritari alle democrazie e Israele la sta usando a mani basse rumorosamente anche al proprio interno. Ora sono sotto attacco le riserve petrolifere che possono mettere in ginocchio tutto l’Occidente per spinte in alto dei prezzi petroliferi che favorirebbe la Russia ma non la Cina che il petrolio lo deve acquistare. Improbabile la minaccia di chiusura di Hormuz che rischierebbe di essere un autogol per un regime teocratico che sta mostrando tutte le sue fragilità
Ma l’obiettivo di Netanyahu è il “regime change” a Teheran oltre che abbattere la capacità nucleare dell’Iran? Quanto realistico in uno Stato teocratico compatto attorno ad un potere diffuso, profondo, repressivo e poliziesco? Se questo è l’obiettivo non sembra facile, dato che l’attacco israeliano ha compattato anche quel poco di opposizione carsica al regime, ma i prossimi ore e giorni diranno. Gli stessi impianti nucleari che si sospetta stiano continuando l’arricchimento dell’uranio per scopi non civili sono protetti in profondità sotto il filo di terra e di difficile raggiungimento con razzi standard e sostituibili solo con il consenso USA. Certo aver decapitato sia i comandi militari e i team guida degli scienziati (fisici, matematici e chimici) che sviluppano i progetti nucleari è sicuramente stato un duro colpo per il complesso infrastrutturale-militare-scientifico-industriale iraniano e che rischiano di rallentare il progetto ma (forse) non interromperlo. Anche se la “sostituzione” dei capi militari è stata immediata quella “scientifica” è più dubbia e rischiosa, di non facile se non impossibile soluzione a breve-medio termine. Per questo l’Iran “compra” tempo lasciando filtrare disponibilità a tornare ai negoziati (?) percependo le criticità della propria condizione strategica, anche interna. Emergendo peraltro la formidabile infiltrazione molecolare del Mossad a terra fondamentale per direzionare bombardamenti chirurgici su obiettivi precisi e con uno spazio aereo ormai blindato da Israele. Ora mancano all’appello le riserve petrolifere che potrebbero azzoppare drasticamente l’economia iraniana già segnata dalle sanzioni e che rischia il collasso anche per il rallentamento o blocco della produzione di droni (anche per la Russia). L’Iran prova a rispondere con una pioggia di droni e missili a lungo raggio su Israele confidando che la “densità” penetri lo scudo Iron-Dome anche se (“solo”) 3-4%, peraltro rinforzato da azioni di intelligenze sia USA che di UK e Francia. Si stima – da fonti israeliane – di averne abbattuti infatti il 95-98% ma i pochissimi arrivati a terra hanno fatto danni e anche qualche vittima e pochi feriti, per ora, anche per la efficiente protezione nei rifugi della popolazione israeliana, comunque divisa e impaurita. Protezione inesistente in Iran. Tuttavia la Dottrina della Forza che sembra prevalere non basterà senza l’avvio di un dialogo e di negoziati.
La Dottrina della Forza non basta a compensare debolezze strategiche
Quindi ai duri colpi israeliani l’Iran risponde ma purtroppo dobbiamo credere che non finirà in pochi giorni. Gli Usa hanno presumibilmente “supportato” l’attacco israeliano nella copertura dai colpi iraniani ma dall’altra parte lanciando messaggi per non interrompere il dialogo che ora tuttavia sembra impossibile in una cruna dell’ago sempre più stretta e accusati da Teheran di “inaffidabilita’”. Tra gli europei solo Macron ha parlato con i contendenti e con il Presidente iraniano , con le proteste sia di Putin (verso Trump) e di Xi Jinping contro l’attacco israeliano. Con un Trump che rilancia con una “proposta irricevibile” di mediazione da parte di Putin su Gaza, insistendo sulla sua rilegittimazione. Irricevibile perché Putin rimane un aggressore in campo e dal 2014 con l’annessione della Crimea fino all’invasione dell’Ucraina del 2022 e sulla quale ha già perso ma deve trovare il modo di dirlo ai russi mostrandone il “lato vittorioso” dopo 1 milione di morti. Da qui il “cortocircuito” del G7 in Canada. L’Europa, in questo contesto di incapacità a definire argomenti di dialogo e le priorità (e nonostante le divisioni tra europeisti e anti-europeisti, tra nazionalisti e populisti, tra pacifisti e difensivisti) allora potrebbe svolgere finalmente un ruolo primario di individuazione e ricerca di spazi per un “ceasfire” (ossia fermare – se non interrompere – un conflitto) che può deflagrare tragicamente in una pericolosissima escalation con effetti globali. Dunque, depotenziandolo con l’obiettivo di un suo urgente “contenimento”. Rischio di estensione e ricerca di dialogo che ritroviamo anche nelle accorate e ferme parole di Leone XIV. Unico leader globale ad utilizzare il termine “pace” seppure in un sostanziale “vuoto” di interlocutori credibili, peraltro utilizzato da mosse opportunistiche da una parte e dall’altra per frenare i negoziati. Ma per negoziare cosa? Innanzitutto, la (A) salvaguardia di uno spazio per un perimetro di regole del gioco adatto ad una convivenza tra nemici, compreso e in primo luogo la non proliferazione e uso di armi nucleari, ormai tragicamente definite “tattiche”. (B) Per affermare un “Diritto all’Esistenza” per tutti i popoli e i loro territori e dunque alla loro legittima difesa come il caso dell’Ucraina rivela ad abundanziam e il Diritto del Popolo Palestinese e di quello Israeliano ad un loro territorio inviolabile dove vivere in pace e nel rispetto reciproco. (C) Esplorando senza sosta le Garanzie di Sicurezza per entrambi i contendenti e che fa risorgere in Palestina l’ipotesi di 2 Popoli per 2 Stati che tuttavia Netanyahu (come Hamas) rifiutano pervicacemente, sbagliando strategicamente. L’UE potrebbe ripartire da qui a difesa di un Occidente liberal-democratico e delle sue regole di giustizia e civiltà e di contrasto agli autoritarismi, vecchi e nuovi, sempre “proteggendo” il dialogo senza i “doppiopesismi” di una epoca passata (con tanti errori) e che non può (né deve) essere riesumata. Nella consapevolezza che il conflitto Israelo-Palestinese-Iraniano per “essere contenuto” deve potere essere sospinto “oltre” logiche millenaristiche-messianiche e ideologico-(pan)religiose distruttive per tutti se non verrà fermato il ticchettio dell’orologio dei “tempi ultimi” per provare ad accendere un calendario dei “tempi prossimi”.
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