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Trump Putin

Mondo

Il nuovo ordine mondiale “oltre” i dazi di Trump nella più grande Alleanza anti-occidentale SCO-Brics

di Luciano Pilotti

Il nuovo ordine mondiale (da Anchorage a Tianjin) “oltre” i dazi di Trump riunificando SCO e BRICS nella più grande Alleanza anti-occidentale del dopoguerra nella triangolazione Cina, India, Russia

2 Settembre 2025

La strategia trumpiana di “disaccoppiare” due snodi geostrategici globali la Russia dalla Cina e quest’ultima dall’India e sua volta questa dalla prima è fragorosamente fallita e spostato l’equilibrio Transatlantico di ovest verso est e a favore di Cina, India e Russia. Se si voleva “fermare” l’espansionismo cinese e contrastarne il primato tecno-commerciale Trump ha realizzato esattamente il contrario, dopo le moine dei tappeti rossi nel ristretto di Anchorage avendo concesso molto e incassato nulla e lo show vuoto di Washington che non ha certo fermato l’aggressività russa in Ucraina. Infatti, a Tianjin con lo SCO–Shanghai Cooperation Organization (10 paesi membri in una piattaforma di cooperazione politica, economica  e di sicurezza “allargata” ad altri dell’area dalla Turchia all’Iran) si sta realizzando plasticamente questo “miracolo geostrategico” che si voleva post globalista con la lama orizzontale dei dazi, compreso il raddoppio delle sanzioni secondarie alla Russia e alzandoli al 50% per l’India. In questo modo Trump ha di fatto (a) “regalato” l’India alle strategie espansioniste della Cina rinforzando la “Via della Seta” e (b) interconnesso la dipendenza energetica indiana dalla Russia (consolidando il 37% del petrolio importato dalla più grande e popolosa democrazia in Asia) accrescendo  (c) il legame energetico tra questa e la Cina. Un “capolavoro geostrategico” mai realizzato nel dopoguerra con questa forza e rapidità saldando la triangolazione tra Cina, Russia e India in una triplice e rischiosa chiave: anti-occidentale, anti-americana e anti-democratica. I dazi di Trump sono riusciti a sciogliere anche antichi “ghiacci nazionalisti” sui confini estremi delle vette dell’Hindu Kush a favore dell’interesse economico di scambi “equi” per una crescita sostenuta e dunque per attenuare l’impatto depressivo delle nuove barriere tariffarie americane. Saldando in un sol colpo – peraltro – tre potenze nucleari e i loro tre maggiori eserciti planetari dopo quello USA e avviando il disgelo tra Xi e Modi sull’altare dello sviluppo provando ad agganciare a SCO anche i Brics raggruppando oltre il 50% di PIL e 42% della popolazione globale. Eppure, convergendo con questi autocrati nella “manipolazione” dei mercati a favore del potere di uno Stato super-presidenzialista e depotenziando o svuotando le regole di una democrazia matura (attacchi alle authority, alla Fed, alle università e alla scienza, alle politiche Dei, ai giudici, ecc.). Trump riesce così a fratturare la storia moderna del Washington Consensus spaccando l’architrave dell’Alleanza Occidentale che anche dal 1989 ha governato e stabilizzato il mondo degli ultimi decenni nella crescita e nella stabilità con una deterrenza credibile e di sviluppando supporti ai paesi emergenti (ora in discussione come nelle strategie Nato) rimettendo al centro di un Nuovo Ordine Globale proprio la Piattaforma di una Cina rinata che si voleva “isolare” e che cerca la leadership globale entro il 2035. Consentendo in questo modo a Xi di “sostituire il vuoto” scavato dal trumpismo con lo “Spirito di Tianjin” di un nuovo sino-centrismo rilanciando tre fattori di alleanza geostrategica: a – multilateralismo; b – commerci internazionali aperti; c –anti-america-centrismo. Sapendo che la Cina ha già la leadership nell’automotive, nel green tech, nel manufacturing avanzato ma anche nella space industry e che la spinta impressa dall’AI apporterà altri vantaggi sistemici. Ovviamente in chiave anti-Occidente e coalizzando paesi autocratici e/o autoritari che solo in parte esclude l’India di Modi decisamente distante dai territori del Mahatma Gandhi e dei suoi successori. Certo una Cina immersa nella apparente “contraddizione” di sostenere un paese aggressore come la Russia di Putin (e finora “utile”) che a Tianjin ha ancora retrodatato le lancette della storia al presunto sostegno occidentale ai fatti del 2014 di Piazza Maidan e alla fuga di Yanukovich a Mosca. E l’Europa, lasciata sola in Ucraina come a Gaza? Dovrà riorganizzarsi velocemente e integrarsi politicamente nella difesa e sicurezza per non rimanere schiacciata  – tra le miopie e volatilità trumpiste e il “Mondo Nuovo” riaggregato sotto le bandiere di Tianjin –  con una crescita economica e demografica altamente anemiche avendo perso sia il primo treno della rivoluzione digitale e sia il secondo dell’AI visto un investimento inferiore al 5% degli USA e con un mercato dei capitali frammentato (Rapporto Letta) e una competitività tecnologica fragile (Rapporto Draghi). Dunque, una UE con la necessità di investire e con rapidità e flessibilità in competenze e algoritmi oltre che sulle regole etiche per fronteggiare i colossi di USA, Cina e India per guardare al futuro con fiducia, compreso lo sviluppo di “campioni europei” alternativi ad Amazon, Google, Meta-Instagram, SpaceX oltre che Alibaba o Tik Tok dato che Spotify certo non basta. Sapendo che l’investimento tecnologico è fattore geostrategico primario per riannodare potere, influenza, ricchezza e sicurezza e – inoltre – per rilanciare un welfare adatto ad una società ancora globalizzata, dinamica e resiliente che rischia forti polarizzazioni e rotture della coesione sociale e perdite di competitività. Il risveglio europeo (necessario) allora deve ripartire da una logica di Federazione anche se ristretta ai paesi fondatori o ai Volonterosi in una fase inziale e certo superando i vincoli dei voti all’unanimità, lenti e farraginosi e cedendo sovranità perché singoli paesi come l’Italia non hanno più alcun ruolo se non di rinforzo di una Europa protagonista globale.

"politica"
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