Mondo
Per un nuovo internazionalismo
L’esempio della Global Flotilla, consapevoli del suo significato in gran parte solo politico e simbolico, può e deve essere esteso altrove dall’Ucraina ai conflitti dimenticati. La denuncia della violenza e la sacralità dell’umano sono universali
Nella nostra società civile, nelle nostre opinioni pubbliche, qual è il metro di giudizio del dolore, dell’empatia, dell’intensità dell’indignazione contro le guerre e le tragedie della storia? Siamo alla gerarchia del male? Un’entità collettiva ha emanato criteri in base ai quali popoli e nazioni possano essere riconosciuti da tutti come vittime e oppressi? E quali sarebbero i criteri? Il numero dei morti? La durata dei conflitti? La visione in diretta dei massacri? La cultura, l’appartenenza etno-nazionale delle vittime? Le responsabilità, le colpe degli stati, dei governi e degli apparati, riconosciute e denunciate sempre e solo quando sono occidentali, europee o americane? Anche questo è un doppio standard. Irricevibile.
In questa era di guerre totali, di fronte al fallimento e all’impotenza politica delle Nazioni Unite, alla mancanza di un soggetto in grado di garantire il rispetto del diritto internazionale e umanitario, di concordare tregue e prospettive di pacificazione, dove la forza e la volontà di potenza degli stati appaiono incontenibili, l’esempio della Global Flotilla, consapevoli del suo significato in gran parte solo politico e simbolico, può e deve essere esteso altrove: abbiamo bisogno di un nuovo internazionalismo.
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