
Mondo
Respirare il futuro
Fondato nel 1969 da padre Bruno Hussar, il villaggio di Neve Shalom Wahat Al-Salam è già futuro di pace per una terra devastata dall’odio e dalla violenza
E’ in libreria da qualche mese il libro di Giulia Ceccutti, Respirare il futuro, In Dialogo.
Si tratta di un racconto a molte voci di una realtà per molti aspetti straordinaria: il villaggio di Neve Shalom Wahat el Salam (da ora NSWAS) che si trova pressappoco al centro dello stato di Israele a pochi km da Gerusalemme. Conta 75 case e 359 residenti di cui 108 minori.
Eccolo presentato dal suo sindaco all’inizio del libro: «Fondato nel 1969 da padre Bruno Hussar, domenicano, NSWAS è stato concepito come una struttura socioculturale nella quale gli abitanti, appartenenti a comunità diverse, potessero vivere insieme in pace. Questo modello di uguaglianza, rispetto reciproco e parternariato sfida le narrative che perpetuano il conflitto. Famiglie di fede ebraica, musulmana e cristiana crescono i loro figli insieme, rimanendo fedeli alle loro tradizioni nel rispetto e nell’arricchimento della reciproca diversità. Uniti ci impegniamo a promuovere la giustizia, la pace e l’uguaglianza in questa terra piena di conflitti».
Il libro contiene molte testimonianze di questa lunga storia. Davvero significativa in termini temporali. Quante esperienze di comunità di famiglie o villaggi cooperativi in Italia a partire dalle idealità espresse nel ‘68 hanno poi resistito?
Ma c’ è qualcosa di singolare nell’esperienza di NSWAS a partire dal fatto che ha affinato una ricerca che si è via via approfondita e organizzata su come si possa e si debba convivere tra diversità.
Il risultato sicuramente più interessante di tutta questa ricerca si è consolidato negli anni nella pratica educativa di NSWAS.
Nel 1980 vi è stato aperto il primo asilo nido bilingue del paese, seguito nel 1984 da una scuola bilingue primaria e binazionale che arriva fino alla classe sesta. La scuola, la prima di questo tipo in Israele, è diventata un modello per un sistema educativo nel quale il personale è equamente diviso tra ebrei ed arabi ed entrambe le lingue sono usate in ugual misura. Nella scuola il 10 % degli alunni vive nel villaggio, il rimanente viene da 19 città, villaggi e comunità dei dintorni.
Emozionante il racconto di quanto accaduto dopo il 7 ottobre. La scuola è stata chiusa per qualche settimana. Ma lo staff si è preparato al meglio per la ripresa senza sapere cosa sarebbe potuto accadere. «La mattina in cui la scuola ha riaperto, poche settimane dopo il 7 ottobre, c’era molta emozione da parte di tutti. Eravamo molto emozionati nell’accogliere i bambini accompagnati dai genitori, al cancello di ingresso. E loro sono tornati: volevano capire insieme quello che stava accadendo, ma soprattutto volevano stare insieme, ebrei e palestinesi. Nessuno ha lasciato la scuola; abbiamo inoltre avuto il più alto tasso di rientro in classe tra le scuole della zona. Per noi tutto questo è stato un enorme sollievo e, insieme, un innegabile successo. Ci ha dimostrato che, pur con tutte le complessità e i problemi di una scuola binazionale e bilingue nel quadro di una guerra, eravamo riusciti a offrire un ambiente sicuro per genitori e alunni» (Nir Sharon).
In un angolo del villaggio vi è un edificio molto importante, si chiama Dumia-Sakinah (la Casa del silenzio in arabo e ed ebraico). E’ una cupola bianca circolare priva di simboli religiosi, aperta a tutte le fedi e sensibilità.
Io penso possa essere considerata come il luogo promotore dell’idealità inclusiva e pacifica di NSWAS.
La cosa straordinaria di questo libro è il risuonare frequente di parole come “futuro”, “progetti per il domani”, “i prossimi passi”, “guardando avanti”.
E in effetti vi sono altre 12 unità abitative in costruzione.
A testimonianza dell’energia che NSWAS ancora esprime.
Al fondatore del villaggio, padre Bruno Hussar, fu attribuito il titolo di ba’al chazon (signore dei sogni, espressione adottata dalla bibbia per indicare il patriarca genesiaco Giuseppe).
Potremmo attribuire questo titolo a tutti gli abitanti di NSWAS, certi che la loro storia è una luce che illumina il buio dell’odio e della violenza.
Ed è per tutti noi un inestinguibile tesoro di speranza.
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