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Secondo Giuliano Da Empoli è giunta “L’ora dei predatori”
Nel suo ultimo saggio l’autore de “Il mago del Cremlino” analizza le dinamiche del potere contemporaneo su scala internazionale, con leader populisti spietati come Cesare Borgia e oligarchi del web che si comportano come i “conquistadores” delle nostre Democrazie
Tra i tanti modi per definire l’epoca in cui viviamo il saggista e scrittore Giuliano Da Empoli ha trovato una formula efficace che dà il titolo al suo ultimo libro, “L’ora dei predatori” (Einaudi, 128 pag., 14€).
Dopo il successo del romanzo “Il mago del Cremlino”, ispirato alla vita e al pensiero del più importante propagandista di Vladimir Putin, Da Empoli torna in libreria con un saggio che continua la sua attenta analisi delle dinamiche del potere, questa volta su una scala internazionale.
Utilizzando una forma che unisce alla riflessione teorica il racconto di esperienze personali da lui vissute in luoghi istituzionali come la sede dell’Onu e altri centri decisionali, l’autore individua alcuni momenti storici o di attualità da cui ricava analisi molto efficaci per interpretare un’epoca turbolenta quanto complessa da definire.
Il titolo del saggio nasce dall’osservazione di come, tramontata l’era di relativa stabilità ed equilibrio internazionale che ha caratterizzato il secondo dopoguerra, oggi il teatro della politica sia sempre più occupato da protagonisti che non esitano a mostrare una natura predatoria, per la cui interpretazione bisogna superare le categorie novecentesche e ricorrere piuttosto ad autori classici come Machiavelli.
Non a caso Da Empoli definisce come “Borgiani” leader del calibro di Donald Trump, Vladimir Putin, Nayib Bukele e Mohammad bin Salman, richiamandosi a quel Duca Valentino (Cesare Borgia, appunto) che il Segretario fiorentino aveva studiato come archetipo del Principe astuto e spietato, in grado di mantenere il potere in un’epoca di caos.
E’ proprio nel caos contemporaneo che i Borgiani di oggi prosperano, usandolo come uno strumento per forzare le regole istituzionali e per imporre la propria volontà, spesso in nome del popolo contro le famigerate élites.
Secondo Da Empoli alla base della fortuna dei nuovi leader populisti globali non si trova tanto l’ideologia quanto una mera questione tecnica, determinata dalla loro alleanza con i padroni delle piattaforme digitali: figure altrettanto spregiudicate e nemiche dell’ordine stabilito, interessate a rompere le regole e a espandere la propria influenza e i propri affari, non dissimili in questo dai “conquistadores” che distrussero gli imperi precolombiani.
Come nell’Italia di Leonardo Da Vinci fu l’introduzione dell’artiglieria a rivoluzionare la tecnologia bellica e a garantire la fortuna dei principi che la seppero utilizzare, oggi sono i Social network lo strumento alla base del successo dell’alleanza tra Borgiani e oligarchi del web: già Curzio Malaparte aveva notato, in un saggio del 1931 divenuto subito famoso, come la riuscita di un colpo di Stato non fosse altro che il risultato dell’applicazione di una tecnica efficace.
Introdotte da Obama nella campagna elettorale per la sua rielezione nel 2012, le piattaforme digitali e l’utilizzo dei loro dati per la profilazione degli elettori sono diventati uno strumento centrale per la costruzione e la conservazione del consenso, alimentando pregiudizi, complottismi e divisione sociale.
La risposta democratica è arrivata in ritardo, nella modalità di un appello generico alla difesa della Democrazia ma senza incidere veramente nelle regole del gioco; in più, si è pensato di rilanciare con ulteriori riflessi identitari (la cosidetta cultura “woke”), non ottenendo altro che ulteriore frammentazione.
A tutto ciò Da Empoli aggiunge la sfida dell’Intelligenza artificiale e dei suoi sviluppi, non ancora del tutto chiari, in un mondo in cui la politica dovrà affrontare sempre più spesso il dilemma di quanto delle nostre vite debba essere lasciato al lavoro umano e quanto alla gestione da parte dell’IA.
Il rischio è di trovarsi a vivere in una rappresentazione del Castello del romanzo di Kafka, in cui i processi decisionali risultano lontani e oscuri: il contrario di quanto dovrebbe avvenire in una sana Democrazia.
Non è tardi per reagire, ma la politica che ha a cuore le libertà civili deve dare battaglia, imponendo regole in grado di contenere le mire espansionistiche dei nuovi “conquistadores” politici e digitali. Con il suo saggio, Da Empoli ci illustra la necessità di farlo il prima possibile.
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